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Le aste al ribasso continuano a devastare l’agricoltura
Gli abusi della Grande Distribuzione Organizzata devono essere fermati ma nessuno se ne assume la responsabilità
Vi è mai capitato di tenere in mano un volantino del supermercato? Una di quelle riviste di una ventina di pagine piene di prodotti alimentari e non. Ogni anno ne vengono stampati centinaia di milioni e sicuramente, che facciate o meno la spesa, almeno una copia è passata sotto i vostri occhi. Che siano del grande supermercato o del discount, quei libretti hanno una cosa in comune: vogliono indurvi all’acquisto con offerte dall’aria rassicurante. Compri tre paghi due! Metà prezzo! Ne prendi uno e l’altro lo offriamo noi! A queste condizioni, perché non approfittare? C’è giusto quel prodotto indispensabile che scarseggia in dispensa. E allora ecco che la Grande Distribuzione Organizzata (il termine per indicare l’insieme di supermercati, ipermercati, discount, ecc…) è riuscita in un primo pezzo della sua strategia per portarvi in un punto vendita da cui poi uscirete – con molta probabilità – con più roba del previsto. Attraverso i cosiddetti “prodotti civetta” (prodotti il cui prezzo viene artificialmente ridotto per attirare i consumatori), il supermercato è riuscito a farvi entrare, farvi girare per gli scaffali e vi ha portato ad acquistare altri prodotti di cui non avevate bisogno. È una strategia di marketing usata da anni che, sorprendentemente, funziona ancora.
Nei negozi della GDO le offerte sono onnipresenti e nel 91% dei casi rappresentano il motivo per cui ci rechiamo in un punto vendita piuttosto che in un altro (Rapporto Coop 2020). Altre volte, scegliamo una catena per un legame affettivo con quel marchio oppure perché sappiamo che troveremo prezzi stracciati rispetto alla concorrenza. È il caso dei discount che, nomen omen, fanno dei prezzi bassi il loro punto di forza.
Da questo punto di vista la strategia sembra vincente per tutte e tutti: noi compriamo a un prezzo conveniente, i discount guadagnano un cliente, chi ha prodotto il bene ha venduto. Ma a quale prezzo avviene tutto questo?
I costi nascosti delle offerte
Un sottocosto o un prezzo spaventosamente basso sembrano, a chi acquista, una grande occasione. Tuttavia, il mantenimento del prezzo di un prodotto (alimentare e non) ben al di sotto di una certa soglia nasconde necessariamente qualcosa. Nel caso del cibo che consumiamo giornalmente, il più delle volte questo artificio scarica i cosiddetti costi nascosti sugli attori più deboli delle filiere alimentari.
Per spiegare le modalità con cui gigantesche catene di discount garantiscono prezzi più che competitivi sui prodotti alimentari, è necessario districarsi nel sistema di rapporti che legano chi produce, chi trasforma, chi rivende e chi consuma. L’ultima ad averlo fatto in ordine cronologico è Giulia Bosetti che lo scorso 12 ottobre, in una puntata di PresaDiretta, ha ricostruito le complessità e le distorsioni delle catene di approvvigionamento. La sua non è l’unica operazione in questo senso degli ultimi anni. Infatti, sono numerosi i giornalisti e le giornaliste che si sono impegnati per fare luce sulle storture che affliggono l’agricoltura italiana e alterano l’equilibrio tra gli attori delle filiere. E’ il caso dell’inchiesta “Le catene della distribuzione”, di Maria Panariello, Leonardo Filippi e Maurizio Franco, che nel 2016 ha indagato in modo approfondito questi squilibri, evidenziando lo strapotere della GDO. Lo stesso obiettivo è stato perseguito da Fabio Ciconte e Stefano Liberti, che nel 2019 hanno pubblicato Il Grande Carrello (Laterza, 2019), un libro che fa seguito alle numerose inchieste pubblicate su Internazionale con cui i due giornalisti hanno denunciato le pratiche commerciali che strozzano i produttori. Su tutte, le aste al doppio ribasso che rappresentano uno strumento che rasenta l’illegalità. Ciconte e Liberti le definiscono come: «una gara elettronica con cui il discount mette contemporaneamente in competizione vari fornitori, per acquistare il prodotto finale al prezzo più basso possibile». Il meccanismo vede da una parte la GDO, che deve acquistare la merce, e dall’altra le aziende fornitrici che propongono l’offerta. Tuttavia, rispetto a un’asta così come la intendiamo normalmente, vince il prezzo più basso. Questo significa che il discount chiede ai fornitori di avanzare al buio, su una piattaforma online, un’offerta per la vendita di uno stock di prodotto. Raccolte le proposte, viene lanciata una seconda asta, nuovamente al ribasso, partendo dal prezzo inferiore raggiunto durante la prima. Questa pratica, al limite del vessatorio, ha delle ripercussioni dirette in termini di distribuzione del valore lungo le filiere e, conseguentemente, sui rapporti di lavoro in agricoltura.
Un sistema che da anni è denunciato dall’associazione Terra! e dalla FLAI-CGIL, che nel 2017 con il rapporto #ASTEnetevi hanno posto in evidenza come le aste al doppio ribasso possano favorire lo sfruttamento in agricoltura.
Ad esempio, prendendo come caso specifico la passata di pomodoro, le aste si tengono prima che l’industria di trasformazione e gli operatori agricoli abbiano stabilito il prezzo di vendita della materia prima. L’industriale vende alla GDO un prodotto che non sa ancora quanto pagherà e, di conseguenza, proverà a chiudere il contratto con i produttori al prezzo stabilito in anticipo con le aste, senza tenere conto della reale situazione sui campi. È proprio lì, dove la materia prima verrà prodotta, che la questione si fa ancora più seria. Infatti i produttori, costretti a dover contenere i costi per rientrare nel prezzo richiesto da GDO e Industria, potrebbero ricorrere – nella peggiore delle ipotesi – a sistemi illeciti di reclutamento della manodopera. Il caporalato che affligge l’agricoltura italiana ed europea trova in questa situazione un ambiente ideale nel quale svilupparsi, riempiendo vuoti istituzionali e soddisfacendo le necessità di imprenditori omertosi.
È evidente che che un prezzo troppo basso di un prodotto sugli scaffali nasconde abusi nei confronti di chi, quel prodotto, lo ha trasformato o di chi ha coltivato e raccolto la materia prima. Allora perché continuare ad acquistare nelle catene della GDO? Cosa ci porta a sostenere modelli economici viziosi?
Il potere in mano a pochi strozza gli attori più deboli delle filiere
Alla base della nostra silenziosa accettazione c’è uno squilibrio informativo di cui gode la Grande Distribuzione. È semplice: il supermercato ci conosce molto meglio di quanto noi potremo mai conoscere lui. Attraverso tessere fedeltà, targettizzazioni e newsletter, le grandi insegne riescono a studiare le nostre preferenze e a ottenere la nostra attenzione. In questo sistema, è evidente che è nell’interesse del discount nascondere i modi in cui riesce a vendere una bottiglia di passata di pomodoro a 0,39 centesimi o una busta di insalata a meno di 0,99 centesimi. Finché continueremo a non sapere, i prodotti alimentari potranno essere venduti a qualsiasi prezzo.
Questa tendenza ha anche delle ricadute sulla percezione che chi consuma ha del concetto di produzione alimentare e del valore stesso del cibo. Pagare 1 centesimo per delle angurie dell’Eurospin o per degli ananas dell’Iper ci porterà, nel lungo periodo, a non domandarci più se 39 centesimi siano il prezzo giusto per della passata di pomodoro. In una visione di sistema, tutta l’economia risente dei prezzi artificialmente bassi. Ancora, ne Il Grande Carrello Ciconte e Liberti ci mettono in guardia sulle ricadute che questo fenomeno può avere sulla qualità dei prodotti che consumiamo: «perché l’industriale che vende al ribasso alla GDO si rifarà sull’agricoltore e sul fornitore di materia prima. E quest’ultimo cercherà in tutti i modi di aumentare le rese, incrementando l’uso di prodotti chimici e riducendo al massimo le spese accessorie. Produrrà quindi sempre più una merce, prodotto indistinguibile per qualità e il cui valore si misura solo in quantità, perché il costo a cui la vende sarà sempre più legato unicamente a quest’ultima variabile. è ancora una volta la “trappola della commodity”.»
La concentrazione della distribuzione nelle mani di poche centrali di acquisto crea un collo di bottiglia dal quale i produttori sono costretti a passare per avere uno sbocco sul mercato. Inoltre, per le mutate abitudini di consumo e per le esigenze che guidano le nostre scelte, la GDO è divenuta il punto di riferimento per gli acquisti alimentari che nella maggior parte dei casi vengono effettuati in un punto vendita delle grandi insegne. Queste condizioni sono note alle imprese della distribuzione, che sanno di rappresentare l’unico canale di vendita per moltissimi produttori e industriali che, spesso, devono sottostare a contratti capestro per non perdere il loro posto sugli scaffali.
Da quasi due anni si aspetta una legge che tuteli produttori e braccianti
Va posto un limite a questo strapotere. È necessario dare delle garanzie agli attori più deboli delle filiere, per tutelare le lavoratrici e i lavoratori e salvaguardare la qualità delle produzioni agricole.
È per questo che nel 2019 l’Unione Europea ha approvato una Direttiva che riconosce gli squilibri presenti nelle filiere agroalimentari e vieta le pratiche commerciali sleali messe in pratica dai colossi della distribuzione. Questa Direttiva, ad oggi, non è ancora stata recepita dal nostro Paese.
La stessa direzione è indicata dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020 – 2022. Nello specifico, il Piano individua la distribuzione del valore lungo la filiera produttiva agroalimentare e lo sviluppo di Reti del lavoro agricolo di qualità come condizioni per contrastare l’intermediazione illecita e lo sfruttamento lavorativo. Il Piano, inoltre, pone in evidenza la necessità di recepire la Direttiva dell’Unione Europea, prevedendo il divieto delle aste elettroniche al doppio ribasso e il rafforzamento delle misure previste dalla normativa vigente in materia di divieto di vendita di prodotti palesemente al di sotto dei costi di produzione.
È anche per questo che, nel giugno del 2019, la deputata Susanna Cenni ha presentato una proposta di legge che vuole vietare le pratiche vessatorie attuate dalla Grande Distribuzione Organizzata. Una proposta approvata alla Camera da quasi tutte le forze politiche ma che giace da allora in attesa del passaggio in Senato. Se promulgata, questa legge segnerebbe un importante passo avanti nella direzione giusta, vietando definitivamente le aste al doppio ribasso. La crisi che stiamo vivendo e l’incertezza che grava sul futuro Governo non fanno ben sperare e la votazione al Senato potrebbe slittare ulteriormente o, peggio, la proposta potrebbe finire in qualche cassetto a prendere polvere.
È necessario agire ora. Da quasi due anni, la richiesta che viene mossa dai cittadini, dalle organizzazioni e dalla società civile è quella di portare a compimento l’approvazione della proposta di legge, per ridare dignità alle lavoratrici e ai lavoratori dell’agricoltura.
Articolo di Valentino Affinita