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La risorsa dell’elettrico passa al Car Sharing
Nonostante l'aumento della domanda di auto elettriche, i piani infrastrutturali sul territorio nazionale non sono ancora adeguati, rendendo il car sharing una valida alternativa
Quando si parla di ambiente e di sostenibilità una domanda frequente è “che cosa possiamo fare noi, nel nostro piccolo, per rendere l’azione dell’uomo il meno impattante possibile?”. Se evitare di consumare plastica monouso, diminuire il consumo di carne e comprare vintage sono ormai entrate nel “manuale del buon ecologista”, la scelta di passare dall’auto a combustione a quella elettrica riserba ancora i suoi dubbi.
L’elettrico è davvero una scelta green? Nonostante le istituzioni governative di moltissimi Paesi incentivino la conversione all’elettrico o all’ibrido (Italia compresa, con lo stanziamento di 776 milioni di euro per l’acquisto di veicoli a basse emissioni con la misura “ecobonus”) non sono pochi i dubbi sulla loro reale sostenibilità.
Il vantaggio dell’auto elettrica
I veicoli elettrici sono ovviamente una tecnologia importante per ridurre l’inquinamento atmosferico nelle aree densamente popolate: zero emissioni dallo scarico e grande potenziale di riduzione delle emissioni di gas serra, se abbinato a un settore elettrico a basse emissioni di carbonio. Ma le auto elettriche, come tutte le auto, nascono molto prima del loro utilizzo e i loro “corpi” smettono di impattare sull’ambiente molto dopo la loro rottamazione. È per questo che l’analisi completa viene definita well-to-wheel (letteralmente “dal pozzo alla ruota”), che si concentra non solo sulle emissioni di CO2 durante l’uso, ma anche quelle che vengono disperse durante il processo di generazione dell’energia elettrica per ricaricare le batterie o quelle che derivano dall’estrazione, produzione e trasporto dei combustibili fossili necessari alla produzione. Centrale è il discorso che riguarda le batterie, contenenti alcuni elementi come litio, piombo o nichel, fortemente impattanti se non smaltiti responsabilmente. Chiaramente il vantaggio ambientale dell’auto elettrica aumenta all’aumentare della quota di fonti rinnovabili nella sua costruzione e smaltimento, che se avvenisse nel rispetto dell’ambiente renderebbe l’impatto del veicolo “alla spina” quasi nullo.
Nonostante le valide preoccupazioni, da uno studio pubblicato alla fine del 2018 dall’Agenzia Europea Ambientale, emerge che l’utilizzo di auto elettriche permette una riduzione media di emissioni dannose per l’ambiente fino al 30%.
Divario infrastrutturale
Se in Italia, a confronto con altri Paesi europei come la Norvegia dove nel 2020 le auto elettriche immatricolate hanno superato quelle di auto a benzina, diesel e ibride, la “conversione green” fatica a decollare le ragioni non sono solo i dubbi ambientali. Nel Paese costa ancora troppo, in termini economici e logistici, acquistare un’auto elettrica. Nella maggior parte dei modelli la differenza a carico della versione elettrica ammonta a più di 5.000 euro: un delta iniziale che non tutti possono permettersi, nonostante la gestione successiva costi meno. Un altro elemento che blocca gli acquirenti è la debole disponibilità di stazioni di ricarica, soprattutto al Centro e Sud Italia: si rileva in media che delle 10531 delle cosiddette “colonnine”, il 21% si trovi in spazi privati e solo il restante è fruibile sul suolo pubblico. Questa carenza giustifica infatti la scelta degli italiani orientata verso le ibride senza spina, mentre in Francia e in UK le elettriche pure sono ben oltre il 6% del mercato e in Germania arrivano a superare il 9%.
Sembra quindi evidente che, nonostante gli incentivi statali, pesi maggiormente la scarsa gestione del sistema che ruota intorno alle auto elettriche rispetto alla possibilità di spendere meno rottamando un auto Euro 1 o Euro 2 per acquistarne una nuova elettrica o ibrida. Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto, chiarisce che «gli incentivi sono indispensabili non solo per mettere sul mercato auto meno inquinanti, ma soprattutto per togliere dalla circolazione quelle molto inquinanti». Eppure l’acquisto di un’auto elettrica, nel mercato automobilistico italiano, sembra rimanere un sogno inespresso.
Che piaccia o meno, il resto del mondo ci sta dicendo che le auto elettriche sono il futuro: quella che ieri sembrava rappresentare un’alternativa, oggi sembra essere sempre più una scelta obbligata per stare al passo con il processo di decarbonizzazione del sistema dei trasporti promosso dall’UE. A dettarla è un senso di responsabilità nei confronti dello stesso ambiente che abbiamo maltrattato (e di fatto continuiamo a maltrattare), in un’ottica di consapevolezza sempre maggiore, fatta in primis da piccoli gesti.
Come si è visto, il commercio dei veicoli full electric è molto complicato e presenta molteplici criticità, eppure la soluzione sembra già essere sotto i nostri occhi. Ora come ora, il car sharing rappresenta la più importante opportunità per il mercato dell’elettrico, nonché una risorsa ecologica reale e ad alto impatto contro le emissioni. Investire sulla mobilità condivisa verde costituirebbe un piano strategico interessante e degno di nota tanto dal punto di vista ambientale, quanto da quello economico.
Innanzitutto promuovere questo tipo di attività, creando circuiti di noleggio a flusso libero, creerebbe da subito nuovi posti lavoro, relativi sia a mansioni poco specializzate come quelle dedite allo spostamento dei veicoli dalle aree urbane ai punti di ricarica, sia pure a livello manageriale. Inoltre, l’utilizzo delle auto è possibile solo attraverso delle app, le quali prevedono esclusivamente il pagamento tramite carta di credito, facendo sì che le transazioni siano sempre sicure e tracciabili (cosa che, in tempi di Cashback di Stato, non fa mai male). Soprattutto, un investimento del genere, potrebbe formare un progetto assolutamente realistico per i 59,3 miliardi del Piano Nazione di Ripresa e Resilienza destinati allo sviluppo sostenibile. Basta questa cifra infatti per comprendere l’importanza che Unione Europea e Italia stanno, in teoria, rivolgendo alla ormai celebre “transizione ecologica”, anche se purtroppo, nella pratica, le risorse sono state ridotte considerevolmente dal progetto iniziale di 68,9 miliardi e pare che i fondi del Next Generation EU siano stati sì attribuiti comunque alla “green economy”, ma in modo piuttosto frettoloso e approssimativo, indicando obiettivi generalissimi tra i quali l’implementazione delle energie rinnovabili, il potenziamento dell’economia circolare e la gestione dei rifiuti. All’interno della seconda missione del PNRR è inserito anche un progetto di sviluppo delle infrastrutture locali, il quale prevede un budget di 8,5 miliardi indirizzati prevalentemente al trasporto pubblico di massa ed al rinnovo delle flotte per treni, navi e bus cosiddetti “verdi”, nel documento ufficiale però non vi è menzione di cosa “verdi” significhi. Nello specifico il Piano aspira a realizzare 21.355 punti di ricarica elettrica, secondo ECCO Climate equivalenti soltanto allo 0,6% delle “colonnine” di ricarica previste entro il 2030, e accenna infine alla graduale sostituzione degli autobus con veicoli elettrici. Anche un budget importante se indirizzato in progetti poco definiti risulta pressoché inutile ed acquisterà reale importanza solo nel momento in cui verrà ad esistenza una strategia sostenibile concreta per la mobilità urbana.
I vantaggi locali del car sharing 100% elettrico sarebbero evidenti: in particolar modo in Italia, dove il rapporto tra città sempre più moderne e centri storici da preservare è pressoché inscindibile, sono ben noti a chiunque i problemi con le zone a traffico limitato e la circolazione dei veicoli diesel o benzina. Tutti problemi che, tramite incentivi a questo settore, verrebbero meno sia per la questione ztl che per l’utilizzo di corsie preferenziali.
L’opzione del Car Sharing
Numerose sono le aziende che negli anni hanno tentato di promuovere l’eco-mobilità anche in condivisione, ma tanti sono stati i fallimenti. Il più noto tra questi è Share’n’go: lanciata nel 2016 in quattro città italiane, tra cui Milano e Roma, è in stop da più di un anno. L’azienda delle “macchinine gialle”, di proprietà cinese con riferimento in Italia alla CS Group di Livorno, ha dichiarato di aver sospeso il servizio a causa dell’eccessivo numero di mezzi vandalizzati. Nonostante questa sia certamente una verità, altri motivi dietro l’interruzione dell’attività riguardano una grande quantità di debiti e bilanci in rosso della stessa azienda. Esiste però un riuscitissimo caso di car sharing full electric sul suolo italiano che ha ottenuto ottimi risultati: Corrente, del gruppo TPER (Trasporto Passeggeri Emilia Romagna), in collaborazione con due partner privati. In 30 mesi, da ottobre 2018, ha messo in circolazione 335 Renault Zoe elettriche distribuite fra Bologna e Ferrara, con più di 30.000 clienti attivi e per un totale di 3,7 milioni di chilometri percorsi. Con una media superiore ai 500 noleggi al giorno, Corrente si conferma un servizio apprezzato sia durante l’orario lavorativo (molte sono le realtà che lo utilizzano anche come mezzo aziendale), sia nella fascia serale e notturna. Piuttosto omogenea è anche la suddivisione per fasce d’età, dai neopatentati ai settantenni: dal 29,99% degli under 27 al 12,55% degli over 53. «Quando abbiamo fatto uno studio di fattibilità abbiamo considerato tutto ciò che stava succedendo sul mercato, ma abbiamo valutato che la nostra idea fosse ad una fase diversa – spiega Giuseppina Gualtieri, Presidente e AD di TPER – Bologna, con le sue dimensioni, è il perno e i numeri dimostrano che non solo vi sia una possibilità di sviluppo della mobilità sostenibile, ma lavorando per aree di sistema abbiamo anche scovato una potenzialità di crescita sul territorio per collegarci con le altre città emiliane e romagnole».
Comunque, Corrente non è certo l’unico caso: la sharing mobility a zero emissioni si sta sviluppando molto rapidamente anche in grandi città europee come Madrid e Parigi, dove il 20% degli adulti sceglie questo servizio; ciò comporterà un ulteriore sforzo anche da parte delle case automobilistiche per le quali sarà sempre più fondamentale sviluppare il prodotto in modo da renderlo competitivo per l’utente, ma allo stesso tempo interessante a livello finanziario per le aziende che gestiscono l’attività.
Nonostante sia da riconoscere un ampio spettro di opportunità di questo settore, non si può chiudere gli occhi di fronte a ciò che, purtroppo, non è poi così vantaggioso. I costi rappresentano tuttora un ostacolo notevole se considerati alla stregua di quelli di un’auto privata, che saranno sicuramente più elevati, ma meglio ammortizzati nel tempo. A fronte di ciò, l’e-car sharing risulta la scelta ideale per coloro che non hanno interesse a possedere una macchina personale, ma che ogni tanto necessitano del mezzo. Ad oggi, sfruttare i servizi di car-sharing con costanza è effettivamente troppo oneroso per tante persone; investire su questo servizio senza incentivare una calmierazione dei prezzi significherebbe dare manforte a un “privilegio dei ricchi”, restringendo a una piccola fetta di popolazione la possibilità di fare scelte più consapevoli sul piano etico-ambientale.
Anziché relegare la mobilità condivisa sempre e solo a un utilizzo saltuario, si potrebbe iniziare a investire su di essa, tramite incentivi statali o fondi pubblici, per rendere la sua fruizione quotidiana o quantomeno più costante. Importante sarebbe quindi destinare gli investimenti a chi non può permettersi i costi che siamo abituati a spendere oggi, intravedendo quindi la possibilità di un futuro più verde e, perché no, più inclusivo.
Articolo di Caterina Cammilleri e Cecilia Pellizzari