“Eu sou Messias mas não faço milagre”

Cosa succede nel Paese del carnevale tra l’emergenza sanitaria e le follie del suo Presidente 

Il gigante verdeoro, come viene affettuosamente chiamato, è il primo stato del Sud America e il secondo al mondo per numero di contagi da Coronavirus. In un paese con una superficie molto ampia, un sistema sanitario poco efficiente e una povertà diffusa (si pensi solo alle periferie delle grandi città che ospitano le favelas, zone spesso sovraffollate in cui la qualità di vita e igiene sono basse) esiste un motivo politico dietro ai grandi numeri: il negazionismo del presidente brasiliano Jair Messias Bolsonaro. 

Quando, a fine aprile, il Brasile ha superato la Cina per numero di morti per il COVID-19, il Presidente, ad una domanda di un giornalista che chiedeva le sue intenzioni in merito alla pandemia, ha ridotto la questione ad un “Cosa vuoi che faccia? Sono Messias ma non faccio miracoli”. Fin dai primissimi contagi, il Presidente ha ritenuto che la pandemia fosse uma gripezinha, un piccolo raffreddore innocuo per i brasiliani. Come ci racconta Isabela che abita a San Paolo, “Bolsonaro dall’inizio ha sminuito la gravità della situazione, e lo ha fatto non solo con le parole, nei suoi discorsi, ma anche nelle sue azioni. Quando ci sono delle manifestazioni davanti al palazzo dell’Alvorada (ndr. Residenza ufficiale del Presidente), lui esce senza mascherina e saluta le persone. Quindi, chi lo vede pensa che non ci siano problemi ad uscire, fare festa come prima”.

Dopo l’ennesimo tentativo oscurantista del Presidente che per qualche giorno ha impedito la pubblicazione dei dati complessivi del contagio, fino a quando il giudice della Corte suprema brasiliana Alexandre de Moraes non ha impugnato e l’ha fermato, abbiamo la prova che Bolsonaro sta cercando di mantenere salda la poltrona e accrescere i propri poteri mettendo in pericolo la vita dei suoi cittadini.

 

Il pretesto del COVID in Brasile

L’emergenza sanitaria è però solo un pretesto che sta mostrando la vera natura del Presidente, responsabile non solo di non aver adottato misure di contenimento (ad oggi non è stata mai presentata una strategia nazionale ma ogni governatore di stato, in modo autonomo, ha provveduto con linee guida e chiusure) ma anche di aver sfaldato, in pochi mesi, il Ministero più importante in questa crisi. 

“Sembra che per Bolsonaro avere ragione sia più importante delle vite dei brasiliani” sostiene Alexia di San José dos Campos, nello stato di San Paolo, il più colpito dalla pandemia.

A sostegno di questa tesi, negli ultimi mesi ben due Ministri della Salute (Luiz Henrique Mandetta il 16 aprile e Nelson Teich il 15 maggio) sono stati licenziati perché contrari all’utilizzo dell’idrossiclorochina, la sostanza che secondo il presidente sarebbe in grado di curare il Coronavirus. “Da 25 giorni siamo senza un Ministro della Salute, questo perché è evidente che Bolsonaro vuole qualcuno che sia d’accordo con le sue idee, cioè contro le misure di stanziamento sociale e a favore dell’uso di idrossiclorochina. E tutti nell’area della salute sanno che questi non sono i mezzi migliori per affrontare la pandemia.” ci conferma Isabela.

Attualmente in veste di Ministro ad interim c’è Eduardo Pazuello, ex generale dell’Esercito che finora si è occupato solo di questioni di difesa e che quindi risulta tecnicamente incompetente ma in grado di assecondare le follie del presidente. Il fatto che a capo del ministero ci sia un militare però rivela una strategia tipica di Bolsonaro che conserva lo zoccolo duro del suo consenso proprio tra i militari, avendone fatto parte: infatti su 22 ministri dell’esecutivo, 10 vengono dall’esercito.

 

Potere ad ogni costo

In questo momento di incertezza, Bolsonaro sta cercando di costruirsi attorno un fortino per mantenersi al potere, come ha promesso, almeno fino al 2027. 

Eppure, dietro l’eco dei suoi sostenitori più accaniti, che non credono alla pandemia e operano con violenza, sostenuti dal tacito consenso di Bolsonaro, la percentuale di consenso pubblico cala: secondo i dati pubblicati l’11 giugno dalla piattaforma DataPoder360, il tasso di disapprovazione dell’operato di Bolsonaro, in aumento già da ottobre 2019, è passato dal 33% di aprile al 47%o di giugno.  

La maggior parte dei cittadini che non approvano l’attuale presidente rientra nella fascia d’età tra i 16 e i 44 anni, hanno concluso almeno un percorso di studi e si trovano nelle zone più ad est del Paese, proprio come Alexia che ci spiega: “Ogni giorno i contagi aumentano, mentre il nostro Presidente vive nel lusso grazie ai soldi pubblici e questo, ovviamente, infastidisce chi prende la pandemia sul serio. In molti stanno protestando- in strada e sui social- contro Bolsonaro chiedendo l’impeachment”

Il procedimento di impeachment troverebbe il 45% della popolazione favorevole, secondo i dati dell’istituto DataFolha, e una percentuale analoga di cittadini che vogliono le sue dimissioni. Il vero punto di rottura, secondo molti, è stato il 24 aprile quando il Ministro della Giustizia Sergio Moro si è dimesso, “[…] uno dei ministri più popolari ed influenti” come conferma Sayuri residente a San Paolo.

Le dimissioni dell’ex ministro, una delle personalità più importanti nel mondo della giustizia brasiliana che ha scoperto lo scandalo della Petrobras (la compagnia petrolifera nazionale) e che ha contribuito al processo ai danni dell’ex presidente Lula, hanno però una solida motivazione.

Come in una matrioska di scandali e corruzione, ovunque c’è la presenza di Bolsonaro che aveva voluto e ottenuto il licenziamento del capo della polizia federale Mauricio Valeixo, scatenando l’indignazione di Moro dimessosi in segno di protesta a questa ingerenza e sfinito dalle richieste di informazioni sulle pendenze giudiziarie dei figli del Presidente.

Il licenziamento di Valeixo fa parte di una strategia di Bolsonaro per difendere i propri interessi, come confermato dal video della riunione di governo del 22 aprile, pubblicato sul sito della Corte Suprema brasiliana un mese dopo, in cui esplicitamente dichiara di aver cercato in passato di cambiare i vertici della Polizia Federale e che non si fermerà, non permettendo che i suoi amici e familiari indagati vadano nei guai anche a costo di cambiare il Ministro della Difesa.

 

Tale padre, tale figlio

Le inchieste a carico dei figli sono la possibile causa dell’insistenza del Presidente per cambiare i membri della Polizia Federale.

Infatti, Carlos Bolsonaro, membro del Consiglio comunale di Rio de Janeiro, è accusato di aver creato e diretto una macchina d’odio che, attraverso l’utilizzo di bot sui social, ha diffuso fake news diffamanti sugli avversari politici del padre durante la sua campagna elettorale.

Il fratello Flávio, imprenditore e politico, ex deputato regionale a Rio de Janeiro, è accusato di aver utilizzato fondi pubblici per pagare due ex ufficiali della polizia entrati nei gruppi paramilitari – organizzazioni criminali diffuse nelle favelas – e amministratori di alcune società che hanno illegalmente acquistato e rivenduto dei terreni edificati, in una grande macchina di riciclaggio di denaro che confluisce nelle tasche del primogenito Bolsonaro. A peggiorare la situazione, i due ex agenti sono i responsabili dell’omicidio nel 2018 di Marielle Franco, consigliera comunale e attivista sociale.

Infine, Eduardo, politico e ufficiale della Polizia Federale, è un grande amico del direttore dell’intelligence brasiliana Alexandre Ramagem, l’uomo che ha sostituito Valeixo come Capo della Polizia federale, destando il sospetto, da parte di testate e personalità del dibattito pubblico, di possibili favoritismi.

 

Fora Bolsonaro! E poi?

I brasiliani, di fronte a corruzione e scandali, non sono ciechi e o Capitan Coronavirus, come viene chiamato in questi giorni il Presidente, è sempre meno gradito e i suoi seguaci si riducono a militari e frange religiose reazionarie. 

Il tutto però non fa pensare ad un cambio di governo immediato, come ci spiega Isabela “È una situazione complessa, in Brasile abbiamo una polarizzazione molto grande ed è come se avessero solo due schieramenti: quello di Bolsonaro e i “comunisti”. Una divisione alimentata dal Presidente, infatti si dice che il governo Bolsonaro è un grande tinder: tutto quello che non gli piace, lo mette alla Sinistra. Quindi, anche se alcune persone non si identificano con il suo governo, non si schierano con l’opposizione. Dunque, c’è insoddisfazione, ma non c’è un’altra figura forte che le persone voterebbero.”

“Il dissenso nei confronti di Bolsonaro è cresciuto ovunque. […] La sua politica, relativa alla gestione della pandemia o meno, si basa su una mancanza di informazioni accessibili e fatti addirittura inventati. Viviamo in un’era di fake news fornite dal suo governo! [Bolsonaro] evita ad ogni costo di discutere quello che succede sotto il suo operato e continua ad attaccare giornalisti, le persone appartenenti al BIPOC (Black and Indigenous People of Colour), la comunità LGBTQ+, le donne e chiunque combatta o discuta il suo fascismo e i suoi modi autoritari”, ci racconta Rafaela spiegando che le proteste in Brasile, a suon di “Fora Bolsonaro!” (Via Bolsonaro!) chiedono principalmente al governo trasparenza e informazione. 

 

Bolsonaro virus

Nonostante i quasi 40mila decessi, Bolsonaro ha recentemente dichiarato: “Tanto prima o poi tutti devono morire”. Con una popolazione di 210 milioni di persone, la pandemia sta facendo emergere e rischia di inasprire le disuguaglianze sociali: “La quarantena è per ricchi, quindi per i bianchi. La gente ha bisogno di lavorare per pagarsi l’affitto e vivere e con gli esercizi chiusi e piccoli contributi, non può smettere di lavorare” sostiene Rafaela. 

Uno dei principali argomenti contro la quarantena utilizzati da Bolsonaro è appunto la necessità di lavorare per sopravvivere, incoraggiando le persone a rischiare piuttosto che chiedere che sia lo Stato a provvedere per loro. È stato stanziato un bonus di 600 reais (circa 110 euro) mensili per i meno abbienti che diventano 1200 per le madri single ma in molti, come ci racconta Alexia, credono sia un contributo troppo debole, erogato con lunghi tempi di attesa.

L’epidemia rischia di diventare “classista” secondo Rafaela, a causa delle alte percentuali di contagio nelle tribù indigene e nelle favelas, colpendo le fasce più deboli e facendo emergere “[…] problemi pre-esistenti, che non sono mai stati considerati seriamente in questo ultimo anno e mezzo dal governo Bolsonaro e che peggioreranno a causa della pandemia e dell’inadeguatezza nel combatterla.”

Al momento per i brasiliani però, le preoccupazioni principali riguardano il lavoro e il Bolsonaro virus, come lo ha definito João Dória, governatore dello Stato di San Paolo: “Bolsonaro è stato presidente per un anno e mezzo, ha ancora a disposizione due anni e mezzo di mandato. Può ricandidarsi e, dipende da chi concorrerà contro di lui, potrebbe avere delle possibilità di vittoria. So che suona terribile, sono tremendamente dispiaciuta e ho a cuore tutte le vittime ma la pandemia potrebbe finire entro l’anno, il resto del mondo sembra darci questo messaggio. Bolsonaro potrebbe durare altri sei anni e mezzo.” conclude Rafaela in un intervento che è simbolo della preoccupazione di giovani ragazzi come lei.

 

Non si può rimanere a guardare

Il presidente Jair Bolsonaro, tramite gesti sconsiderati e la sottovalutazione del virus, sta cercando di mantenere e accrescere il suo potere e le sue aree di influenza. Intanto a farne le spese sono i cittadini che si ritrovano a non essere protetti in un contesto di pandemia particolarmente diffusa e che non sono nemmeno nelle condizioni per potersi opporre dovendosi preoccupare del sostentamento e del lavoro.

Il pericolo però non è solo limitato alle vite dei brasiliani: si rischia di assistere ad un collasso vero e proprio a livello sociale, economico e democratico, alimentato dalla irresponsabilità dei gesti dell’esecutivo che non si limitano al paese sudamericano ma che riguardano anche organi sovranazionali. Il prosieguo della pandemia senza lockdown coordinati, test e misure di contenimento accelererà il collasso del settore sanitario, mentre la mancanza di impiego farà il resto a livello sociale ed economico, spianando la strada alle intenzioni di intervento militare del Presidente che ne trarrebbe immediato vantaggio. La pandemia sta determinando uno dei momenti più delicati per la più grande democrazia sudamericana. 

 

Articolo di Sofia Bettari