Classi sociali

05/10/2020

 

“La dinamica delle classi sociali segue quella dell’economia e come tale si svolge su scala globale, ben al di là dei confini statali”.

Sono diverse le ragioni che ci spingono a dedicare un’intera sezione di Presente al tema delle classi sociali. Alcuni potrebbero pensare che sia un anacronismo, una velleità da nostalgici marxisti. Dopotutto, nel dibattito pubblico e politico è un argomento toccato molto raramente: sembra non suscitare più interesse, con l’eccezione forse di qualche ambiente accademico, e sicuramente non scalda gli animi. 

Eppure si tratta di un tema che fa da sfondo all’intera realtà politica ed è rintracciabile anche nella stessa composizione e comunicazione dei partiti. Ne è un esempio lampante la tendenza – ormai pienamente affermata in Occidente – alla formazione di partiti personalistici, fondati su un rapporto (in realtà fittizio) uno a uno tra l’uomo-partito e l’elettore, o con i partiti che auspicano in maniera a volte giustificata (a volte meno) la creazione di democrazie dirette a tutti i costi. In entrambi i casi, si tratta di fenomeni che trovano le proprie fondamenta nella scomparsa di organi di intermediazione che per tutto il ‘900 nella gran parte dei Paesi sviluppati hanno raggruppato e coeso determinate classi sociali (la chiesa, i sindacati, i circoli). Non è assolutamente nostra intenzione riproporre il classico discorso romantico che guarda con malinconia i bei tempi andati, quando i sindacati avevano un senso, quando si era convinti veramente di poter cambiare le cose eccetera eccetera. Si tratta piuttosto di prendere atto di ciò che sta succedendo oggi e ciò che, forse, succederà nel futuro. 

L’argomento delle classi sociali insomma si può scovare, nascosto e sbiadito, in molti discorsi e provvedimenti politici senza mai essere affrontato apertamente, che si tratti di tassazione proporzionale o progressiva, reddito di cittadinanza, salario minimo, riforme delle pensioni. C’è una ragione precisa per cui il tema non si trova in cima all’agenda dei partiti di tutti gli schieramenti: perché è qualcosa che va oltre gli interessi del modo contemporaneo di fare politica. La politica ragiona per lo più nei limiti della propria nazione – per chi non crede a quanto appena detto, basta osservare le dichiarazioni e i resoconti dell’Eurogruppo e di altri organi europei per rendersene conto. La dinamica delle classi sociali invece segue quella dell’economia e come tale si svolge su scala globale, ben al di là dei confini statali. In particolare si possono rintracciare due tendenze opposte, riguardanti due settori distinti di popolazione. 

Il primo caso consiste in una sempre maggiore “internazionalizzazione” delle classi più agiate. E’ un fenomeno piuttosto evidente – oltre che provato da diversi studi e indagini sul tema – se si pensa ai miliardari i cui investimenti possono dirigersi su tutto il mondo per poi ritornare su conti detenuti in Paesi con regimi fiscali particolarmente permissivi. Ma riguarda anche le classi più benestanti, anche se non in possesso di patrimoni stratosferici: sono molti infatti i mezzi sia materiali sia immateriali di cui può disporre una famiglia agiata molto facilmente. Ad esempio, se si hanno le risorse economiche necessarie, ci si può permettere di studiare lingue straniere in scuole costose, si può viaggiare di più, si può studiare all’estero, ci si può inserire senza troppe difficoltà in un circuito di conoscenze internazionale. 

La seconda tendenza si può invece considerare come il rovescio della medaglia del quadro appena presentato. Si tratta di una sempre maggiore frammentazione delle classi povere e medie (anche se, ovviamente, in maniera molto maggiore nelle prime che nelle seconde). Una frammentazione che trova le sue ragioni nella stessa disparità di accesso ai mezzi visti in precedenza che permettono una maggiore coesione e internazionalizzazione delle classi elitarie, oltre che, come è stato già detto, nella scomparsa degli organi di intermediazione che connettevano le masse allo Stato. Non serve molta immaginazione infatti a comprendere quanto sia più semplice, per un dirigente d’azienda inglese, incontrare e comunicare con un suo omologo francese rispetto a un badante, anche lui inglese, che voglia fare la stessa cosa – un discorso che diventa ancor più estremizzabile nel momento in cui si allarga l’orizzonte ai Paesi in via di sviluppo. Si tratta di un  fenomeno di forte frammentazione delle fasce medio-basse della società che è stato messo in evidenza da un sondaggio condotto dalla BBC con oltre 100.000 partecipanti, i cui dati sono stati poi oggetto di studio da parte dell’ambiente accademico inglese. Una delle principali conclusioni è stata la divisione della società anglosassone in ben sette differenti classi sociali, ognuna con un proprio capitale economico, culturale e sociale.

 

La sezione “Classi Sociali” di Presente si propone quindi di illustrare visivamente tali concetti e le loro implicazioni più profonde, passando inevitabilmente per i classici temi della filosofia politica come l’idea di merito, la mobilità sociale (il suo carattere più chimerico che reale), l’uguaglianza di opportunità e l’uguaglianza di risultati, nel tentativo di offrire una chiave di interpretazione valida del mondo che ci circonda per comprenderne le possibili evoluzioni.

Articolo di Francesco Paolo Savatteri

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