Colloqui con te stesso
Ep.5

di Federico Guida

03/09/2020

 

Lunedì 5-10-2020, ore 21:02

Le IPA fanno schifo.

Li trovo seduti al solito tavolo, Ribe sulla sedia vicino la finestra e Zanna di fronte. Cima arriverà, si presume.

Sentimo che ne pensa Sal, dice Zanna voltandosi.

È ‘na birra, dico, e penso di non essermi sbagliato. Mi siedo al posto mio con la schiena rivolta all’entrata.

Hanno cambiato la luce del lumino?, chiedo, Questa mi sembra più arancione.

Ora che me lo fai notà, dice Zanna toccando la lanterna che pende dalle travi fino a mezzo metro dal tavolo, La lampadina sembra nuova.

Il locale è in effetti illuminato da una luce diversa, più calda, forse per ricordare l’estate. Magari mettendo una luce così ti scordi di aver freddo. Enrichetto ha cambiato tutte le lampadine delle lanterne, quelle a muro, quelle sospese a mezz’aria, e anche quelle in immersione speleologica, calate fino a quasi toccare le teste dei clienti. Una volta gli chiesi, ad Enrichetto, quanto ci impiegasse a spolverarle e lui mi disse che se spolveravano da sole. Chissà se sono così diligenti anche nel cambiare lampadina quand’è il momento. Ora se ne sta dietro il bancone che parla con due stranieri ritrovatisi per caso a Centocelle, Lost in Centocelle, nei cinema, Owen Wilson e Emily Ratajkowski nel film dell’anno, Oscar, Cannes, Venezia, Berlino, palme e animali, orsi e leoni alati, mastrolindi d’oro che pregano, st’anno so’ tutti i loro. Dal tavolo purtroppo sento poco o niente, ma un paio di I donno mi arrivano, e anche un iu go that way and den iu turn right and that’s the metro, Metro C, remember, Gardenie, repit wit me, and den you pray for it to arrive, if it dont arraiv you just wait and wait e te fai vecchio, capito bello de casa, ma che cazzo ce sei venuto a fa qua?, poi vedo sopracciglia che se alzano in attesa di altre sopracciglia alzate in risposta e qualche testa ciondolante, un gergo de grugniti e capocce che annuiscono e ogni tanto ‘na parolina — poi un sacco de gesti, ma tanti, mani e braccia e spalle, e in qualche modo anche pancia, e poi sorrisoni e i turisti che salutano con la mano prima di uscire per perdersi in Lost in Via Prenestina, sequel campione d’incassi dopo il meritato successo del primo.

Ora che è libero di tornare a non fare niente ci saluta, sbuffando perché che ce voi fa?, Che pazienza che ce vole co’ ‘sta gente. Dietro di lui ci sono delle lucine colorate mezzo natalizie sospese su una parete sovraccaricata dai vetri dei bicchieri e delle bottiglie di super alcolici. Quando si allunga a prenderne una fa passare il braccio sotto la cordicina delle lucette e, afferrato l’obiettivo, esegue un cambio mano spavaldo Alla Magic Johnson, dice lui. Ogni volta a noi spettatori sembra che estragga l’incastro necessario a mantenere bottiglie e bicchieri sull’attenti e non frantumati in microcristalli per terra —  la stanza trattiene il respiro in attesa del gran finale. Una volta lì c’era la sciarpa della Lazio, ma da quando la figlia frequenta i Designerz devo dire che il locale è cambiato, qualcuno direbbe in meglio, a me andava bene anche prima ma sicuro non mi lamento. Se a lui piace non conta nient’altro. Vuole sapè se siamo pronti ad ordinare, ma gli faccio no con la testa e con la mano faccio segno di aspettare.

Peroni?, chiede Ribe.

Peroni.

Fai due Enriche’, dice Zanna, Peroni IPA.

Con grande sorpresa di tutti, di Enrichetto in particolare, la Peroni IPA esisteva veramente. Non ce l’aveva alla spina ma in bottiglia, ma per Zanna non era un problema.

Sempre detto che la birra in bottiglia è più buona, dice una volta tornati al tavolo.

Mo’ pure la Peroni s’è messa a fa’ le IPA, dice Ribe, Sarà che so’ nostalgico ma la Peroni per me è questa, e beve un sorso.

La nostalgia è sopravvalutata, dico.

Pure mezza da fascio, dice Zanna.

Vabbè, come ve pare.

Dalla porta di dietro sento un vociferare trattenuto che si incanala dalla porta, e il suono si apre a ventaglio all’interno, ma con moderazione, senza pretendere il bisogno di voltarsi a guardare, ma io lo faccio lo stesso perché sì, e uniti in un ammasso nero di giacche e cravatte, mi trovo davanti quelli che per numero e per facce non possono non essere quelli che il pezzettino di carta appicciato al tavolo del piano di sopra, quello vicino al cesso, chiama Guelfox16

Una volta radunati all’interno si fanno vicini perché il gregge fa la forza, e anche perchè sono infiniti e di spazio non ce n’è poi così tanto. Uno che già solo da come cammina capiresti che non c’entra niente con loro sbuca fuori da dietro il gruppone e si dirige verso di noi lanciando qualche occhiata all’ostacolo appena superato.

‘Sti cazzo de Elitari almeno una volta facevano le riunioni al centro, dice Cima sedendosi al posto suo, Ora pure qua vengono a pascolà.

Ce ‘sta pure er Guelfo, dice Ribe.

Ovviamente, dico io, mentre lo osservo richiamare con un fischio i suoi compagni e dirigerli verso le scale. Quando si muovono si sente uno scampanare delicato, un tintinnio, ma forse è solo Enrichetto che imita Magic Johnson.

Per accedere al piano di sopra devono per forza passarci accanto.

Da bravo conoscente qual è il Guelfo Grigio non può esimersi dal fermarsi quando ci vede. Fa segno agli altri di andare avanti e si ferma vicino al nostro tavolo. Porta i soliti occhialoni scuri e nonostante il completo nero, un fiorellino hawaiano da qualche parte deve pur piazzarlo, in questo caso sulla cravatta: grigia con qualche petalo rosso.

Morto qualcuno?, dice Cima, Se sì condoglianze.

Più dell’ardor potè il silenzio, dice il Guelfo, ma nessuno capisce cosa voglia dì, e soprattutto cosa c’entri ‘sta cit che me pare pure sbagliata. Poi riprende, Della divisa me ne sbatto i cojoni, ma avevo pisciato la riunione la scorsa settimana e quindi oggi devo essere impeccabile. Ho pure prenotato.

Ma qualche dettaglio sul punto della riunione ce lo puoi dì?

Mi dispiace Dottor Zanna, se le interessa può far una richiesta di iscrizione. Per il tipo di richiesta accettata, un manoscritto sarebbe ravvisabile, ma anche un dattiloscritto è soddisfacente, previo consenso scritto, a mano o a macchina, per la spedizione della suddetta richiesta al nostro indirizzo di posta elettronica. Poi, data la nostra conoscenza de lunga data, se vòi basta che me lo dici e faccio tutto io nun te preoccupà. La burocrazia elitaria mica è quella Stoica, dice e mi dà una pacca sulla spalla, Nun te preoccupà.

Si toglie gli occhiali e li pulisce con la cravatta, poi torna a infilarseli e me rimette ‘sta mano sulle spalle.

Signori, dice, Il dovere chiama.

Batte i tacchi e si avvia, poi si rigira, Ah Sal, me stavo a dimenticà. Eugenia Wallace chiede come va con la lettura. Quando vede la mia faccia accenna un sorrisetto, e poi ricomincia, Vabbè dai ne parlamo dopo, e sale per le scale.

Gli altri tre aspettano un paio di secondi prima di cominciare,

Ao, e chi è sta ciaciona?

Hai capito er Sal.

Non me dì che è Stoica.

Classica situazione dell’uno vs tre dove l’unico modo per uscirne è uscire dalla stanza, quindi vado al cesso. Sulla strada passo vicino al meeting e rivedo il Guelfo seduto a capotavola che mi fa un segno con la testa.

Quando torno l’argomento è cambiato. Ora si associano tipologie di birre a emozioni e sentimenti, e la faccenda potrebbe risultare già strana di per sé, ma quando Zanna tira fuori dal cilindro l’equazione Sour = Amore la presa per il culo verte per forza sul famoso Sei ‘n regazzino pronunciato da Giuggia al tempo — mai dimenticato e sempre nei nostri cuori. Zanna comincia a metterla sul personale, a insultà, a chiede a noi quando fosse l’ultima volta che avemo scopato, manco fosse lo zio simpatico, a millantà conquiste de cui nessuno sapeva l’esistenza, nomi a casissimo, Ma come no quella bionda amica de Camilla, ma Camilla chi, ma non esiste, non ne conosciamo nessuna, ma perché inventi storie.

Loro continuano a parlare, io fisso il muro davanti.

Cambiare vita è più difficile che costruirne una nuova.

È di legno come il resto del locale, il muro.

Eugenia Wallace e il Guelfo Grigio. Ma lui non l’ha letto, non ha letto né questo mio né quello de Marco Aurelio.

Lungo l’asse verticale c’è una venatura più scura che lo taglia a metà, sempre il muro.

Non l’ha letto ma lo conosce. Sarà stato in casa sua, nella sua libreria, appoggiato senza essere sfogliato. No, non aveva spazio, per questo l’ha riportato. Ma Eugenia non ce crede.

Sul legno c’è una macchia che assomiglia ad un cavallo che è ben illuminata sotto l’arancione della lumiera.

Può sapere benissimo il contenuto del libro senza averlo letto. Eugenia e le sigarette canterine.

La lampadina ronza per un secondo.

Impossibile, non si comporterebbe così. Forse non ha capito. Forse conosce il contenuto solo a grandi linee, Eugenia non gli avrà potuto riassumere un libro con una sola sigaretta. Con tante sigarette forse sì però. Nel caso abbia anche una minima conoscenza di quello che c’è scritto, perché si comporta così? Quasi disinteressato. O distaccato. Magari Eugenia avrà sbagliato valutazione con lui, un errore di target. Magari non è quello che pensava.

Cambiare vita è più difficile di costruirne una nuova.

Forse lui non cambia mai, inizia da capo ogni volta.

Ora la luce è coperta dal capoccione di Ribe, che mi guarda e muove la mano.

Martedì 6-10-2020, ore 00:35

 

È la campanella a facce uscì dal Ritrovo, come a scuola. Enrichetto la colpisce ogni sera più forte perché la pensione è una suonata più vicina . Quando smonterà baracca m’aspetto de vedello crepato quel campanaccio. Per fortuna le indagini scandalistiche degli altri tre si sono interrotte alla presa per il culo e la loro attenzione è migrata verso lidi più stagnanti che gli appartengono meglio. Si è parlato ancora di birra, e nel parlarne se ne è anche bevuta un po’, per accompagnare la teoria alla pratica. IPA e femmine i macroargomenti della serata di cui nessuno sa abbastanza da intavolare una discussione, figuriamoci un monologo, ma Zanna si sentiva ispirato. Il punto della discussione poteva essere Le birre sono meglio delle donne, come anche Alcune birre sono meglio delle donne, o Quanto vorremmo avere una ragazza per non stare qua stasera —  se me lo chiedessero andrei per l’ultima, ma per esclusione, non per altro. Discussioni dall’argomento poco chiaro e dallo scarso grado di preparazione generale, un classico Bighellone, il collante che ci tiene insieme. Tipo ‘na toppa sui jeans da regazzino. Come clan esistiamo e basta. E manco quello sappiamo fare bene, ché segnarci all’Almanacco è stata sempre troppa fatica, aprire la sede ‘no spreco de soldi.

Fuori dal Ritrovo ci salutiamo, io mi metto a fumare appoggiato al muro. La mandria incravattata esce dal locale trascinando le gambe e accalcandosi sulla porta, facce stanche de chi non vede l’ora de andà a casa dopo una lunga sessione di ruminanza de pensieri già masticati e digeriti.

Er Guelfo esce per ultimo. Si dispongono tutti in linea sul marciapiede e si prendono sottobraccio, poi lui conta al tre e sbatte il piede, Oligarchia!, dicono tutti quanti all’unisono, e la linea si scioglie e ognuno va per la propria strada.

Spiegami un po’, gli dico mentre mi viene incontro.

Come conosco Eugenia intendi? Vecchia amica.

Ma te solo vecchie te trovi?

Esagerato. Eugenia avrebbe tanto da impararti.

Vedo che con te  non è riuscita con l’italiano.

Lui prende atto dell’errore senza correggersi. Anzi, accenna anche una risata, il che è strano.  La flagranza di minchiata di solito richiede un’immediata redenzione, ma a lui va bene così.

Sai, riprende dopo poco, Dovresti farla finita di condannà tanto l’errore. Se succede succede. E se non succede allora lì c’è qualche problema. Chi è che prima voleva conoscere l’argomento del meeting?

Zanna mi pare.

Ah sì. Beh abbiamo parlato proprio di errori. Se mi invia la richiesta scritta procederò ad inoltrargli il rescononto della riunione. A te l’ho detta visto che siamo in tema. Insomma, per quel che ne possiamo sapere, che in linea generale  è molto, o comunque sia ampiamente sopra la media, o se non ampiamente comunque quantomeno verso la media, oddio anche se con alcuni non sono sicuro — comunque, ci sono errori ed errori, non tutti sono uguali. C’abbiamo messo un paio d’orette a formalizzare questo dogma. Ora che è formalizzato è inconfutabile. È scritto sul librone dei Dogmi, sta là. Non so se hai visto Norberto con quel peso poraccio. Vabbè,  vicino alla trinità, poco sotto lo Spirito Santo, ci sta la Gerarchia Errata, che non è sbagliata, è fattuale, ma con il nomignolo abbiamo avuto qualche problema. Anyways, entiendes?

Certo, avete impiegato tre ore e un tavolo pe’ ventipersone per scrivere a mano su un librone che pesa mille chili che fate portà a un poro cristo — che scommetto essere il nuovo iscritto—  una trovata illuministica innalzata a dogma quando nessuno proverebbe neanche a pensare mai il contrario perché  in fin dei conti è tipo scrivere l’acqua bolle a cento gradi. Correcto?

En parte. Il librone serve ad elencare gli errori. A dividerli in quelli per cui vale la pena disperarsi, e quelli per cui se può dormì tranquilli, o non stare fermi al semaforo quando è verde, dice e mi lancia un’occhiata.

Poi riprende, La riunione era prevista per martedì scorso e l’argomento era tutt’altro. Ma poi abbiamo dovuto rimandare perchè c’era la festa de Marco. E così ho chiesto di farla oggi. Ma la festa, insieme ad una chiacchierata al lume de sigaretta che mi sono fatto con Eugenia, m’avevano dato altri stimoli. E così ho fatto cambiare l’argomento di discussione.

Anche lui è appoggiato al muro e parla tenendo le braccia conserte senza abbassare mai lo sguardo. La cosa fa un po’ strano perché è famoso nel giro per essere un  grande gesticolatore. Parlare solo con bocca e lingua è limitativo, io ci aggiungo anche braccia e piedi per esprimermi meglio, una delle sue cit più quotate. In tutto questo io non dico una parola, non perché non voglia, ma al momento sembro non conoscerne manco una.

La stilatura degli errori è stato un processo poco lineare, specialmente verso la fine, dove la classificazione è diventata abbastanza tortuosa. C’era da decidere se l’errore era vs se stessi o vs world, mettere in relazione quale fosse peggiore di altri, quale a malapena un errore. Io ho lanciato il sasso proponendo l’argomento ma ho lasciato gli altri a stilare il listone.

Ora si stacca dal muro e cammina verso il ciglio della strada, poi si rigira.

Solo un errore ho nominato. Il primo. Quello ritenuto come più grave. Sotto la categoria Versus Se Stessi, ma è abbastanza universale da trascendere categorie e sottogruppi, imho, poi, cioè, mo che te lo dico lo capisci, è verso se stessi ma de riflesso fa male anche al world. Diciamo che questi due eventi che mi sono successi in questa settimana hanno influenzato parecchio, e in questo senso anche te.

Invece de sparà cazzate, me vuoi dì del libro? L’hai letto pure te, Eugenia t’ha detto qualcosa?

Ehh quanto corri, una cosa alla volta. Vabbé che le due cose sono collegate, quindi potrei anche dirtelo. Sì, insomma, il libro non l’ho mai letto. Manco aperto se po’ dì. Ce l’ho avuto, l’ho tenuto a casa per due giorni me pare.

Sì, questo Eugenia me l’aveva detto.

T’avrà anche detto che non perdo tempo a legge i libri che scrive e che bastano un par de sigarette e già so tutto quello che me serve, ve’?

Quindi sai che ci sta scritto.

Conosco quello che conta. Non tanto e manco poco, forse più de te, sicuramente più di Eugenia. E qui si ricollega la Lode all’Errore. O la condanna anche. Forse in questo caso meglio condanna, sì. Qual è l’errore più grave?

Ammazzà qualcuno? Che ne so, rubà? Ascoltarti?

Due su tre rientrano nel penale, che semo Parrucchebianche? No, la nostra concezione è diversa. Meno ancorata al pragmatismo occidentale.

Pronuncia parole inventate senza incespicare, segno che le dice con frequenza, magari facendo credere che esistano per davvero.

Segue un po’ di silenzio, poi lo richiede, Qual è l’errore più grave, il primo del listone?

Non lo so.

Secondo me lo sai, quantomeno l’hai letto.

Il piacere. Non vivere la propria vita con l’obiettivo di essere felici, non impegnarsi affinchè ci siano le condizioni perché questo si possa realizzare, pagina 34.

Allora vedi che le cose le sai.

Dal Ritrovo esce Enrichetto. Chiude la porta e tira giù la saracinesca che scendendo gratta, e per la strada si sente un rumore sgradevole, di ruggine contro ruggine, l’eco di mesi e mesi di Il grasso lo passo domani. Indossa un giacchetto incerato con il colletto alto e prima di andare verso la macchina mi fa segno con la mano e mi dice, Salutame gli altri tre che non ce sò riuscito, se vedemo domani. Gira i tacchi e sparisce nella notte, oltre i lampioni.

Ti piace essere in cima alla lista?

Meglio il primo in Gallia che l’ultimo a Roma.

Sì, ma te a Roma ce abiti.

E come devo fà?

Dovresti saperlo, l’hai letto. L’hai letto e hai tanti esempi davanti a te, Marco Aurelio su tutti. E te l’ha anche detto. Alla festa sua, mentre nessuno l’obbligava. Secondo me ha deragliato un pochino con l’analisi, ma a grandi linee penso abbia colpito nel segno, no?

Ma te che cazzo ne sai?

E che è questo l’importante? L’importante è che lui t’abbia aperto gli occhi, in qualche modo. Pure per lui c’è voluto un po’, non te crede, ma poi ce l’ha fatta. Certo, m’è diventato Stoico eh, ma vabbè non se pò ave’ tutto dalla vita.

Troppe informazioni tutte insieme. Sento caldo.

Quindi te dici di fare come lui. Fondare un Clan e comincià la scalata?

È l’unico modo in questa città. La vita deve essere un piacere, e in cima alla piramide si vive meglio, no?

Annuisco. La città è silenziosa e neanche il vento fa rumore. Se mi impegno sento però ancora il rumore della saracinesca da qualche parte, che si disperde e diventa silenzio. I lampioni illuminano la strada per nessuno, la strada è vuota, e insegne luminose cominciano a spegnersi.

Facciamo che ci vediamo in settimana, che così si comincia? Io devo ricontrollare l’agenda, ma un buchetto da qualche parte te lo trovo. Te chiamo io. Restiamo così?

Sì dai, va bene così.

Articolo di Federico Guida