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Colloqui con te stesso
Ep. 7
di Federico Guida
Roma, Mercoledì 24 Febbraio 2021, ore 21:44
Fuori al portone becco la signora Sandra con Gilda, Se sta a fa vecchia come a me, Già, Un saluto a casa, Non si preoccupi, Arrivederci. Fuori dal Ritrovo una linea di persone che non si accorgono del freddo, chi lo combatte con multistrati, chi spendendo i punti fedeltà accumulati sulla carta. Una settimana. Manca una settimana. Roma è in attesa. La pioggia li ha resi tutti un po’ più avventurieri, mai visti così tanti Olimpionici in giro, mai tanta gente m’ha chiesto de andà a magnà gli arrosticini su a Campo Imperatore. Mi dispiace pure ricordaje che ‘na braciolata a Febbraio sul Gran Sasso non me pare l’ideale, ma tutti sono così entusiasti, e insistono, organizzano, chiamano quelli delle superiori, e allora me tocca dì che sono diventato vegetariano, Eh sì, ‘sta pioggia m’ha proprio cambiato. Ma poi non me va di andare, perchè dovrei? In fin dei conti questo è quello che conta: non me va, non ce vado. Quando il piacer, di moda tornerà. Il Guelfo c’ha belle uscite, l’avevo troppo sottovalutato. Tutto pronto. La risposta delle persone c’è stata, mancano solo sette giorni.
Saluto con la testa due Spritzaroli, loro contraccambiano alzando i bicchieri. Gli altri sono dentro, al solito tavolo illuminato dalle lampadine in immersione.
Chi si rivede, dice Zanna. Addirittura si alza in piedi e accenna un inchino.
Monsignor, quanto tempo, Eminenza, Vossignoria, Eccellenza, Commenda.
Continuano tutti e tre a forza de stronzate e inchini, Come mai ci grazia della sua presenza?, Ha trovato posto per la carrozza, sire?
Io mi siedo senza filarmeli troppo. Mi siedo e li guardo, spostando lo sguardo da uno all’altro in attesa che finiscano, e mesà che non l’hanno ancora capito che se non la smettono qua col cazzo che comincio a parlà, ce devono sempre mette dai due agli otto anni in più per capirle le cose, non ce se crede. , Alla fine, dopo un po’ de silenzio, si mettono a sedere anche loro. Gli sgabelli di Ribe e Cima sono spostati verso Zanna, più del solito sembrerebbe, e tutti e tre mi fissano con le braccia sul tavolo manco fosse l’esame de terza media — io l’interrogato che non si fa tanti problemi a fare scena muta. Aspetto la domanda ma un’idea già me la sono fatta. La commissione qua presente tarda con la formulazione, quindi li precedo.
Ma se può sapé che succede?
Cima: Spiegazione in ordine cronologico? O alfabetico? Quale preferisci?
Zanna: Sal ma te rendi conto che non te vedemo da settimane?
E ci credo, con tutto ‘sto casino. Un sacco di impegni poi. Esorbitanti a dir poco, dico io e aspetto, ho buttato l’amo, vediamo che succede.
Ribe: Allora spiegaci… come mai noi tre abbiamo continuato a vedesse, pure solo pe’ na biretta qua al Ritrovo, mentre te col cazzo che te sei fatto vivo?
Magari avete meno impegni di me. Vivete alla leggera. A proposito, università, lavoro, qualsiasi cosa stiate facendo come va? Novità? Progressi?
Che pezzo de merda che so’, penso, ma allo stesso tempo sono un po’ divertito. La commissione è sorpresa, o quantomeno spiazzata. Tutti e tre bevono, all’unisono, e penso sia questa la risposta.
A noi va bene così, dice Zanna, Ricordi?
Certo che ricordo.
Cima: No perché a noi sembra che te lo sia dimenticato.
Nono, vi pare, a ricordarmelo me lo ricordo. È solo che non me ne frega più un cazzo.
Nella mia testa la scena sarebbe dovuta andare diversamente. Ci sarebbero stati dei primi minuti di domande, a cui avrei risposto senza entrare troppo nel dettaglio. Ao, come stai?, ma perchè non ci siamo visti?, Ma n’è che per caso te sei trovato ‘a donna? Bros before hoes, stronzate del genere, domande per tastare le acque, insomma. Poi gliel’avrei detto piano piano, aspettando che la discussione prendesse quella piega, che si arrivasse alla domanda giusta. Gliel’avrei detto che stavo per fondare un Clan, che davo una svolta alla mia vita, che non mi andava più bene così ma che loro erano benvenuti ad unirsi, e che altrimenti tanti saluti, Ho poco tempo per non essere produttivo, regà, capitemi. Qualcosa del genere. Loro lo avrebbero capito. Magari scazzati, avremmo bevuto un’ultima birra al Ritrovo, detto du’ stronzate, insultato Marco Aurelio un’ultima volta. Ma ve pare che faccio la fine de quello?
Saremmo usciti mentre le luci si spegnevano, dopo il campanaccio, salutato Enrichetto per un’ultima volta.
Invece. Invece je sò entrato a gamba tesa. Non me ne frega più un cazzo, gliel’ho detto. Semplice e pulito. In faccia. Forse ho ceduto abbastanza velocemente. Non è che abbiano stuzzicato più di tanto. Volevo dirglielo e basta, metterlo nero su bianco. Ed è rimasto impresso, tipo ‘na cinquina.
Notizia straordinaria sull’Eco dei Clan, Sal, membro fondatore e capo dei Bighelloni, si ritira dal C.d.A. Per la città, tra gli angoli delle strade e i lampioni, riecheggia solo uno Sti Cazzi. Lo sentite? Siamo arrivati all’azzi. Tra poco cesserà anche l’eco, e allora che rimarrà di questa notizia?
L’avevamo capito, dice Zanna, È dalla sera della festa de Marco Aurelio che sei strano. All’inizio abbiamo fatto finta di niente, poi sei sparito. Non ci ha dato manco modo de chiedete che c’avevi.
Non avete avuto modo, o non vi siete mossi?, chiedo io mentre li osservo, Cima che si gratta l’occhio, quell’altro che dà un colpo de tosse, Zanna che non capisce.
Vado a prende una birra va’, e mi alzo.
Ciao Enrì me dai ‘na Roman Pale Ale per piacere?
Ma non te facevano schifo?
Ah sì, c’hai ragione. Allora ‘na lager qualsiasi.
C’ho questa che scende che è ‘na meraviglia.
Sì sì, damme quello che te pare.
Lo osservo mentre si allunga a prendere il bicchiere sulla credenza che ha alle spalle, infilare la solita mano sotto le lucette de Natale, assicurarsi di aver preso il bicchiere giusto — che non si dica che al Ritrovo te danno il bicchiere sbagliato — e infine eseguire il famoso passamano.
Trascina il bicchiere sotto al tap e lo avvicina al tubo metallico da dove esce la birra. Nel piccolo ovale sopra al rubinetto è rappresentato uno skyline su sfondo fucsia, una linea discontinua di palazzi verde acqua con tre edifici un po’ più alti. In basso a destra una sigla in arancione, TTL, e una piccola rappresentazione del Colosseo in quello che me pare uno sforzo eccessivo de ostentà la propria provenienza.
Tiè beccate ‘sta Tor Tre Lager, la fanno du’ amici mia qua vicino, dice Enrichetto.
Do il primo sorso, è bona, je dico grazie, lui me dice ar cazzo — e me lo sarei dovuto aspettà—, io rido, lui già stava a ride, semo bene o male tutti contenti e me ne torno al posto.
Mi siedo, li guardo in faccia e bevo un altro po’. Sorridono a bocca stretta, un ghigno amaro come la loro condizione di vittime, ve? Poracci, sono i buoni loro, la parte lesa che pensa di aver però trovato un angolo di attacco, di aver fatto breccia nei sensi di colpa della difesa. Perché l’espressione è quella, quella accondiscendente e rassegnata di chi è fin troppo consapevole dell’umana condizione, di chi si sente depositario dei segreti della vita. Data la loro sconfinata magnanimità sono disposti a perdonare tutto, ovviamente, previo il rispetto della clausola di auto-annientamento dell’imputato, giusto? Sono convinti di aver colpito ed affondato, ma la loro coscienza da super-uomini gli rovina la festa, e li obbliga a non gioirne apertamente, a mostrarsi amareggiati per la situazione di merda in cui — purtroppo, porca paletta, che sfiga, mannaggia la miseria, quanto ci piacerebbe che tu non avessi rovinato tutto e che non toccasse a noi supereroi sistemare la faccenda — ci troviamo.
A4, acqua.
non avete affondato.
me dispiace.
Quando riposo il bicchiere la schiuma è per qualche motivo già nella parte stretta del bicchiere.
Sto a fondà un altro clan, dico, Voi siete invitati ovviamente, ma capisco se non ve va.
Cima: In che senso scusa?
Nel senso che ho fondato un altro clan, questione di giorni e sarà ufficiale.
Zanna: E ce lo dici così? De punto in bianco?
La prossima volta ve mando un fax.
Zanna: Fax, cellulare, mail, messaggero a cavallo, quello che cazzo te pare. Penso di parlare per tutti quando dico che bastava che ce lo dicessi.
Li vedo esausti. Come se la stanchezza li avesse svuotati e lasciati come tre cojoni a bere qualche tipo di birra artigianale dall’etichetta fluorescente, senza scheletro, squagliati sul legno delle sedie ed incapaci de reagì. Non si stanno incazzando, e non lo capisco. Stanchi di che? Non capisco il perché non abbiano ancora tentato de fa a cazzotti. A loro va bene così, chiaro, ma fino a che punto? Ribe non ha ancora parlato, tra l’altro, e di solito è il primo. Come quella volta a Marino, alla Sagra, tutti mezzi ‘mbriachi, che m’è scappato un Ma a voi va veramente bene vivere così, e prima del livido sullo zigomo, prima ancora delle nocche de Ribe sulla mia faccia, sì, insomma, qualcosa m’aveva detto, qualcosa tipo Ma te stai zitto che sei solo ‘mbriaco peggio de noi, e io allora gliel’ho detto, Ma guarda che so serio, ve rendete conto che non stamo a fa un cazzo, che me state a trattene’ dal diventà qualcuno de importante, e allora lui me risponde che A testa de cazzo qua nessuno te trattiene, sei solo più ‘mbriaco de noi, e questo a volte è un bene, — diceva e sbiascicava, o sbiascicava e diceva, — ma se poi devi dì ‘ste stronzate è mejo che te bevi ‘a coca cola, o la pepsi al massimo; Che battutone, gli ho risposto, te ce sei proprio impegnato, ma lo vedete — e qua me ricordo che me so’ alzato in piedi a braccia aperte, ubriaco marcio, rivolgendomi alla platea, un manipolo de liceali con la testa che girava, buttati come sacchi de patate, arrivati come bestiame da Termini, lectio magistralis sul chicco d’uva — Lo vedete, ho detto, A noi Bighelloni va bene così, va bene anche fasse prende per il cul-, e poi niente, me ricordo il cazzotto, io per terra, il cielo, molto bello il cielo, senza una nuvola, e c’era il caldo d’Ottobre, quello che te meraviglia ogni anno, ed era domenica, e se stava bene da ubriachi, KO, la testa che girava un po’ pe’ l’uva e un po’ per il cazzotto, KO dopo aver parlato al mondo, KO sull’erbetta vicino allo sbrattino de Zanna, che un po’ puzzava ma tanto stavo ubriaco, quindi andava davvero bene così.
Quel giorno me l’aveva dato un cazzotto, e c’aveva pure ragione. Stasera sta zitto, e per qualche motivo me sta più sul cazzo ora.
È strano che non l’abbiate scoperto da soli, gli dico, Eppure mi ci sono impegnato tanto a far sì che lo vedessero tutti. Manifesti, aerostati, striscioni..
Non rispondono, si limitano a bere. Si fissano tra di loro e poi mi guardano, si mettono a ridere.
Non ci posso credere, dice Zanna alzandosi in piedi. Porta una mano dietro ai pantaloni e tira fuori il portafogli, Cima fa lo stesso. Entrambi prendono una banconota da dieci euro e la passano a Ribe, che se la ride dietro il bicchiere de birra. Poi si gira di nuovo verso di me, Niente, è che avevamo fatto una scommessina. Io mi ero giocato che t’eri rincojonito per davvero, e che dietro a quelle puttanate ce stavi te. Loro non ce credevano, dicevano impossibile, mica è così stupido. M’hai fatto guadagnà venti euro, grazie.
Senti, dice Cima, passi che m’hai fatto perde dieci euro, passi che ci potevi avvertire e non l’hai fatto, passi pure che te sei comportato male. Va bene tutto guarda, ma c’è una cosa che volevo chiederti.
Dimme tutto.
Stai fondando un clan, okay. Non ti fai sentire per settimane, poi a ‘na certa, te presenti al bar, e lo dici a noi pori stronzi, i tuoi migliori amici tra le altre cose. Nessuna premessa, nessuna spiegazione. Manco il nome del Clan ci hai detto, ma ti assicuro che almeno a me non interessa. Insomma, ci dici che stai fondando un clan e poi ti sei fermato. Ora io mi chiedo, cosa ti aspettavi? Che reazione stavi cercando che non hai trovato? Perché ti vedo che non sei soddisfatto, che fremi. Che ti aspettavi, che saremmo stati noi a mandarti affanculo? No perché, dimme se sbaglio, mi sembra come se tu stia implicando qualcosa. Tipo come se questa tua rivelazione dovesse in qualche modo farci intendere dell’altro. Che è, dirci che hai fondato un Clan, è un modo per sfanculacce, il tuo modo de dì bella, se semo visti, mo’ ognuno per cazzi sua?
Io vi ho solo detto che sto fondando un Clan, siete voi che —
Mi interrompo e aspetto, poi mi guardo intorno. Bevo le ultime due dita di birra e riposo il bicchiere. Negli anni mi sono allenato a lasciare i cerchi di schiuma all’interno del boccale, credendo che solo a coloro in grado di farli si sarebbero aperte le porte del Gotha della birra artigianale. Ad oggi, guardando il bicchiere che ho davanti ancora non ne sono degno, ma con l’avvento delle nuove birre forse tanto male non mi è andata. È tutta colpa della moda, come nei Clan, quasi mai vincono le ideologie e le loro attualizzazioni, vince il trend. E Roma è neoclassica al momento, il trend è quello, è innegabile e tocca cavalcarlo. È lì che Guelfo torna utile, nelle stupidaggini.
Siete voi che?, dice Ribe
Me stavo a scordà, le frasi tocca finirle, ed è pure giusto che glielo dica.
Niente, dico, Siete voi che dovete trarre le conclusioni.
Ok. Va bene così, dice Zanna e poi si alza. Anche gli altri due lo imitano e si avviano verso il bancone.
Bone ‘ste birre Enrì, Mettile sul conto de Sal, dice Ribe.
Cima si gira verso di me, Facciamo come se avessimo brindato al nuovo Clan. Ce devi almeno offrì da beve, no?
Detto questo, si dirigono alla porta ed escono senza salutarmi.
Fatta, tolto il cerotto. Mi madre, come penso tutte le madri de ‘sto mondo, me lo diceva sempre de toglierlo di botto, che fa meno male. Io je dicevo de sì, ma poi lo tenevo troppo più del necessario e finivo col farmelo togliere da lei. Qua si può dire che sia successa la stessa cosa. L’hanno tolto loro, ma a mi va bene. È bastato sollevare la parte finale e loro l’hanno strappato. Ovviamente mi dispiace, non è che non me ne freghi niente, ma non posso più perdere tempo. Se continuassi a uscire con loro mi dovrei sorbire il Ritrovo, e il cornetto de notte che non m’è mai andato, e Zanna che rompe i cojoni con Giuggia, e le uscite del liceo, quelle delle medie, delle elementari, e io sinceramente non posso, devo organizzare una Marcia, mancano sette giorni, la gente aspetta, io aspetto, Marco Aurelio pure aspetterà, ti pare che non glielo abbiano riferito, nascosto lassù — e da dopo la Marcia le cose cambieranno, il tempo sarà poco, e quel poco tempo non lo perdo certo con loro. Io comunque li inviterò, poi starà a loro decidere.
A regazzì ma che è successo, tutto apposto co’ l’artri?, chiede Enrichetto che nel frattempo si era avvicinato.
Sìsì, ‘na bomba.
No perché li ho visti andar via così, senza salutà. Poi non vorrei sembra ‘no spione, ma qualcosina l’ho sentita, e me sembravano belli scazzati.
Tutto ok, Enrì, promesso.
Daje, posso toglierli?, dice indicando i tre bicchieri che avevano lasciato sul tavolo.
Sìsì, togli.
Enrichetto infila tre dita all’interno stile falco e li mette sul vassoio. Sui bordi ci sono tanti cerchi di schiuma bianchi, abbastanza regolari, lungo tutta la lunghezza dei bicchieri. Magari loro nel Gotha della birra ci rientrano.