Per accessibilità si intende la capacità di fornire informazioni fruibili a tutti, inclusi coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari. Abbattere le barriere alla fruizione dei contenuti è il primo passo per permettere a più persone di partecipare e contribuire al cambiamento.
Per questo noi di Scomodo stiamo cercando di inserire strumenti che favoriscano la lettura e la navigazione del nostro sito a quanti più utenti possibile.
Cosa stiamo facendo? Stiamo cercando di migliorare sempre di più l’accessibilità delle informazioni e delle interazioni anche per chi ha necessità particolari: come ad esempio chi può navigare solo con la tastiera, oppure chi ha difetti della vista o disturbi del neurosviluppo che riguardano la capacità di leggere.
Un menu laterale, sempre visibile, ti permette di modificare la visualizzazione della pagina in modo da facilitare la navigazione a seconda delle tue esigenze:
Hai trovato difficoltà? Puoi scrivere a tancredi@leggiscomodo.com.
Il tuo aiuto ci fornirà ulteriori spunti per migliorare l’accessibilità del nostro sito.
Chiudi


Colloqui con te stesso
Ep.9
di Federico Guida
Roma, Mercoledì 3 Marzo 2021, ore 20:30
Il volantino diceva che era organizzata dagli Edonisti e che l’evento si chiamava La Marcia dell’Edonismo Voluttuoso Ma Pur Sempre Moderato, che si sarebbe tenuta il 3 Marzo a Via delle Sedi Laiche. C’era scritto tutto questo sul volantino, distribuito sottobanco nell’underground romano, e stampato ovviamente fronte retro, a 2 centesimi alla copia grazie ai buoni rapporti del Guelfo con Simone vicino la Sapienza. I colori dovevano risaltare all’occhio, e quindi la scritta era in turchese e arancione, e i disegnini intorno in giallo elettrico e verde smeraldo. Il punto era quello di rendere il volantino difficile sia da mancare che da leggere — una combo spiazzante ma magnetica, si pensava. C’era anche una E, il nostro simbolo, ma quella era di un colore diverso per ogni volantino. In tutto ne avevamo scelti quindici, non tra i colori ordinari, ma tra quelli di cui nessuno sa il nome e che risiedono nella periferia dello spettro. C’era il nembo, l’eliotropo, il solidago , tutte ‘ste stronzate qua che io non conoscevo. C’aveva pensato Lucri, la nostra risolvi problemi, che serviva, tra le tante mansioni, quella di curatrice dell’immagine e di aggancio al tessuto suburbano dei Clan regolarmente registrati nell’Almanacco, quelli di cui io non sapevo nulla e Guelfo sapeva fin troppo, a detta sua, per agire a mente lucida. Chi si fosse presentato all’evento sfoggiando tutte e quindici le varianti cromatiche dei volantini avrebbe avuto qualche tipo di benefit una volta unitosi al Clan. Eravamo stati abbastanza vaghi, ma avevamo lasciato intuire che questi benefit sarebbero stati comunque sia legati all’Edonismo, ai suoi dettami e precetti, su per giù, perché a dir la verità abbiamo avuto parecchio da fare dopo la distribuzione dei volantini e ancora non siamo riusciti, io Guelfo e Lucri, a riunirci per discuterne.
Lucri me l’ha presentata proprio il Guelfo qualche settimana fa, tra i cartoni della pizza e faldoni di documenti, tra la polvere dello scantinato sotto il Ritrovo insomma, dove da tempo cercavamo di sormontare o aggirare i problemi logistici che rendono l’organizzazione di un qualsiasi evento pubblico più divertente. Era notte fonda, fuori pioveva da giorni, e dovevamo capire il modo di concretizzare quest’idea che il Guelfo aveva rubato ad una rivista — Pubblicità Avanguardistica —, quella storia dell’aerostato e dello striscione. Questione approvvigionamento materiali a parte, era proprio la parte ingegneristica, l’assemblaggio e la messa in pratica, che sfuggiva alle nostre assonometrie a mano libera e ai calcoli in colonna al lato del foglio. Serviva una figura tecnica, così lui pensò a Lucri, che lo aveva aiutato già in precedenza e che, come ho capito nei giorni seguenti, era sia la mente che il braccio dietro il Guelfo, lasciandogli solo l’incombenza di essere la figura pubblica in alcuni casi, e in altri la nomea di marionettista dietro qualche frontman locale. Diciamo se molti capo-clan erano le marionette gestite da Guelfo, Lucri era il falegname che le costruiva. Funziona così in ogni loro collaborazione, m’hanno detto. Tranne in questa, gli ho risposto, In questa comando io.
Comunque sia, il Guelfo m’aveva detto Chiamiamo lei, che tanto sa fare tutto, e lei aveva subito accettato la nostra proposta, come aveva fatto in precedenza con tutte le altre che le erano arrivate, perché tutto fa curriculum.
Lei è al secondo anno della Magistrale in qualche tipo de ingegneria, non mi ricordo quale precisamente, e quindi una volta illustrata la questione lei ci aveva detto Vabbè, uscite da qua e fateme pensà da sola per un po’, e noi l’avevamo ascoltata. Stavamo fumando sui gradini fuori, al freddo sotto la pioggia, quando lei poi è risalita a chiamarci dicendo che aveva trovato il problema. Il problema era che, da quello che aveva visto, noi non saremmo stati in grado de progettà ‘na cazzo de molletta, figuramose un aerostato, che era tutto sbagliato, e che in futuro non ce dovevamo manco azzardà a fare una cosa del genere. Per la soluzione al problema, Che è esso stesso un altro problema, c’aveva detto lei, Me ce vuole un altro po’, voi continuate pure a fumà. Così lei è scesa di nuovo mentre noi abbiamo aspettato un buon paio d’ore in macchina, domandandoci perché non ci avessimo pensato anche prima a chiamarla e lì, non appena esauriti gli angoli di conversazione da cui attaccare il nostro unico argomento — l’organizzazione de ‘sta Marcia — il Guelfo si è messo a parlà de Eugenia, dei libri che lei aveva scritto e consigliato, de quanto fosse stato divertente all’inizio, e utile, soprattutto, per le connessioni che lei aveva con i Sotterranei e anche per altro, m’ha detto, È n’esperienza da provà, fidate, ma che comunque adesso s’era n’attimo rotto, che non sapeva se voleva rivederla o no. Mi pare di avergli detto un rassicurante e sempreverde Fa come te senti, continuando a lanciare occhiate oltre il muretto sperando di vedere il k-way verde acqua di Lucri sbucare il prima possibile dalla porticina. Che poi è quello che è successo subito dopo. C’è venuta incontro e da fuori il finestrino c’ha fatto segno de seguirla, così noi siamo scesi e una volta nello scantinato c’ha detto de non sgocciolà sul tavolo e di togliersi i giacchetti, poi ci ha fatto vedere il progetto, e il foglio non aveva neanche un segno di cancellatura, le linee pulite e nere su sfondo giallo. Noi eravamo senza parole, e io le ho chiesto Ma sei sicura che funzioni?, e lei m’ha risposto, Te credo che funziona, non ho mica scelto il primo che ho trovato, e allora il Guelfo le fa In che senso?, e a quanto pare quello srotolato sul tavolo era il progetto di un canadese su YouTube che aveva costruito una cosa simile e aveva allegato poi le istruzioni nei commenti, Io l’ho solo copiato, c’ha detto infine Lucri, Manco alla Nasa progettano una cosa simile in due ore. E in effetti tutti i torti lei non li aveva, ma non so perché quest’idea non m’aveva sfiorato.
Da quel giorno con noi c’è sempre stata anche lei, e le cose andavano benissimo. Anzi, è stato come se ci fosse sempre stata. Dopo il successo dell’aerostato, è stata proprio di Lucri l’idea di riesumare lo Zio Sam dalle macerie della prima guerra mondiale e dalle fatiche delle pubblicità scadenti. Diamogli un po’ di lustro, no?, magari per il nostro target è meglio se gli diamo un’aria un po’ più antica, ha detto lei, Neoclassica intendevi?, le ho chiesto, Sì, bravo, proprio quello intendevo, ho un’amica che disegna ‘ste cose, posso chiedere a lei, e io ero imbambolato e non avevo motivo di dirle di no.
Mentre accettavo ogni giorno di più il mio ruolo di Leader, il Guelfo continuava a intrattenere rapporti con gli esponenti di quei Clan che avevano visto tempi migliori— quelli in preda a cambi di governo, disordini, ribellioni, ammutinamenti, crisi di valori, cose così—, per reclutare sempre più gente nei nostri ranghi, era Lucri ad occuparsi della propaganda vera a propria, all’università, a San Lollo, al Forte, negli ambienti che aveva frequentato dopo il liceo e che le avevano conferito il patentino di risolviproblemi. Tutti la conoscevano e tutti la rispettavano.
Poi c’è stato il volantino, ideato e distribuito grazie a lei, e i numeri, i numeri che hanno continuato a crescere giorno dopo giorno, e questo non ha fatto altro che aumentare l’entusiasmo nello scantinato vicino al Ritrovo. All’ultimo conteggio, che risale ad una settimana fa all’incirca, millecentoventidue persone avevano confermato che sarebbero venute oggi, qui a Via delle Sedi Laiche, a riportare il piacere di moda.
Il numero dei partecipanti me l’ha detto Lucri quella sera, mentre Guelfo stava a trattà de ‘na cosa con gli Apolidi — Solo io so come trattarci, aveva detto — e poi se n’era uscito. Lucri aveva appena finito di contare. Aveva i capelli più corti ed era ancora più bella. Milleecentoventidue, m’ha detto appena m’ha visto, scandendo lettera per lettera, o numero per numero dipende da come la si vuole vedere. Ti sei tagliata i capelli?, le avevo risposto io. Con una domanda le avevo risposto, che cojone, con quella che riflettendoci è la più stupida domanda che si possa fare. Lei però m’ha risposto, Ah, sono felice che almeno tu te ne sia accorto, e io la non ci stavo capendo niente. Aveva un maglione a girocollo di lana, marrone, e i capelli le cadevano appena prima delle spalle, e mi sembrava un dipinto di Modigliani. Senti, ti posso chiedere una cosa?, ha continuato, Ma come mai l’Edonismo? In quel momento ho riflettuto, ma non ho risposto. Ho realizzato che era la prima volta che me lo chiedeva, che si interessava all’ideologia e non solamente alla logistica. Cioè mi spiego meglio, ha ripreso, Te non mi sembri tanto il classico Edonista, o sbaglio? Non ho saputo dare una risposta neanche a questa domanda e sono stato in silenzio per un po’, Ma perché, com’è fatto un classico Edonista?, le ho chiesto poi, Ah bella domanda, e si è messa ridere. Che ne so, giacca di pelle e stivali?, le ho fatto, Sneakers e tutone? Tutone e stivali pe’ fa un po’ er matto?, dimmi te, e lei ha continuato a ridere, al momento pensavo perché ero divertente, ma ripensandoci può anche essere che stesse ridendo solo per educazione. Ma quindi, non mi sai dire perché l’Edonismo, o perché sei Edonista?, mi ha chiesto. Io le ho detto che sapevo quello che non ero più, cioè un Bighellone, al che lei ha corrucciato gli occhi come a dì Un che?. Un Bighellone, le ho ridetto, Quello che sono stato fino a poco tempo fa. E in che consiste?, mi ha chiesto. Eravamo seduti vicino quando me l’ha chiesto, non più di mezzo metro di distanza. Beh niente, il credo Bighellone è il Va bene così. Devi sapere che al Bighellone importa una sega dei problemi del mondo. Se proprio vogliamo dare un’etichetta allora direi una sorta di via di mezzo tra il Nichilismo di Strada e il Menefreghismo del Secolo Scorso, l’anello di congiunzione tra il Paraculo e il Pigro. E il motto è, come t’ho detto, Va bene così. Che a quanto ho capito, e m’ha chiesto di correggiarla se sbagliava, è n’altro modo de dì Hakuna Matata?, e io ho riso perché era geniale e perché non c’avevo mai fatto caso prima, Sì, le ho detto, Se può dì che Timon e Pumba siano i Bighelloni originali, e lei ha riso, e ‘sta volta sono sicuro non l’ha fatto per educazione. Sai, ha continuato, Penso di essere stata una Bighellona anche io per un po’, una Bighellona non ufficiale, visto che non ero membro del Clan. Sì, beh, ho fatto io, Non era un vero e proprio Clan, non eravamo registrati e tutto…comunque dicevi? Niente, dicevo che anche io lo sono stata, almeno per tutto il liceo. E poi?, le ho chiesto io, E poi boh, ha detto lei, Poi sono stata risucchiata in un mare de cose da fa, che erano talmente tante che non avevo più modo e tempo per esse Bighellona, e quindi non per scelta personale ho smesso pian piano e ho preso per mano la mia vita. È successo e basta. Diciamo che è successo lo stesso anche per me, le ho detto evitando di scendere nei particolari di cui in verità non ero e non sono ancora tanto sicuro. Ho letto un libro che m’ha molto ispirato, e ho capito che l’Edonismo poteva essere la svolta. Il piacere è, dopo tutto, il motivo della felicità, no?, ma questo non gliel’ho detto perché non ero sicuro fosse vero. Un libro tipo Marco Aurelio?, ha chiesto lei, Non proprio, le ho detto, Diciamo il contrario, e lei ha sorriso, E quindi da lì è nata l’idea della Marcia dell’Edonismo Voluttuoso Ma Pur Sempre Moderato. Nome opinabile, che ovviamente avete scelto senza di me. E tra l’altro, ha poi ripreso, Un nome così lungo non se lo ricorderà mai nessuno, te lo posso dire?, e certo che me lo potevi dire, avresti potuto dire tutto. Io invece non me la sentivo di dirti che l’aveva scelto a casissimo il Guelfo la sera che avevamo cominciato a progettà st’evento, che io gli avevo detto Va bene così, e che così gli avrei risposto a qualsiasi nome avesse copiato da chissà quale rivista di Nomi Sperimentali, che forse in questo Clan non ancora creato già ribollivano tensioni sovversive, si vociferava di infiltrati e doppiogiochisti tra i piani più alti della gerarchia, L’Ala Separatista Bighellona con l’appoggio del Leader pronta a prendere il comando.
Milleecentoventidue.
Ma te rendi conto, milleecentoventidue persone hanno confermato!, ha continuato lei riportandomi con la sua voce dentro quello scantinato. Eh già, si vede che st’Edonismo tira parecchio, le ho risposto e lei ha sorriso di nuovo.
Mentre parlavamo ci eravamo avvicinati e io potevo sentire il profumo del suo maglione marrone, dell’ammorbidente, che mai ne avevo sentiti di così buoni, di ammorbidenti intendo, ed ero pronto a tutto, e per di più ero sicuro che anche lei lo fosse, ma dalle scale è arrivato prima il rumore della porta, e appresso quello di passi, pesanti e veloci, e quel testa de cazzo de Guelfo, che ha urlato qualcosa, sembrava felice, e poi con un salto s’è palesato nello scantinato, Una nave Apolide con ben cinquantasette passeggeri è pronta ad approdare tra una settimana nel porto di Via delle Sedi Laiche, ha annunciato con voce solenne, da capitano, arrotolando un fascicolo che aveva in mano e avvicinandolo alla bocca, Ripeto cinquantasette passeggeri— Avemo capito, gli ha risposto Lucri sistemandosi sulla sedia mentre io la guardavo e mi sentivo su quella barca con gli Apolidi. Allora, aggiungiamo ‘sti cinquantasette Apolidi ai miei millecentoventidue, ha continuato lei portando gli occhi in alto per contare, MILLEECENTOSETTANTANOVE, signori miei. L’aveva detto nella stessa maniera di prima, scandendo lettera per lettera. N’ho capito scusa?, ha poi detto Guelfo con la mano all’orecchio, Mesà che l’hai capito invecee, j’ho risposto io, Sò millecentosettantanove persone che ce danno retta, e poi giù con la cagnara, avemo stappato una due tre quattro cinque mille bottiglie de birra e semo stati in piedi tutta la notte a beve e brindà ed esse felici e tutto quello che succedeva fuori rimaneva fuori, e sti cazzi della pioggia, de Zanna, Cima e Ribe, de Roma e de Marco Aurelio perché sotto in quello scantinato tutto era perfetto, così perfetto che alla fine, verso le quattro di mattina, con il Guelfo sbracato sul tavolo a dormì e Lucri che m’abbracciava da dietro, mi sono sentito di dirlo e l’ho detto, Mi sento realizzato, millecentosettantanove persone che credono in me, e poi l’ho ripetuto altre infinite volte con Lucri che m’abbracciava, millecentosettantanove. Millecentosettantanove.
1179.
Ecco.
Millecentosettantanove persone, sì, pronte ad approdà, bello eh, bella la voce da capitano, le birre, gli abbracci, bello tutto, ma ‘ndo cazzo stanno? No perché il volantino diceva ore 19, su questo sono sicuro, ma qua sotto ce sto solo io, sotto al lampione a prende freddo. Pure Maurizio Carlino s’è dato, l’unico che s’era presentato. È arrivato e dopo cinque minuti ha detto che doveva andà a prende la madre che usciva dal San Camillo. Mentre Lucri è bloccata nel traffico da due ore e il Guelfo non risponde, e anzi mo’ lo chiamo, famme fà il numero, ecco sì squilla, Pronto, Ao ma ‘ndo cazzo stai, Ah, Sal, sì ecco, c’ho avuto un contrattempo, scusa tanto, cerco de fa il prima possibile ma Corin s’è mangiata i croccantini sbagliati, cioè non è che li ha mangiati lei per sbaglio, gliel’ho dati io, e l’ho dovuta portà dal veterinario, sai com’è, non potevo lasciarla con il mal di pancia, eh sì questo dove vado io è aperto anche di sera tardi, spero de fà in tempo, ma non lo so, che peccato sarebbe perdersi la marcia, ma gli altri sono arrivati no?, ah, no non lo sapevo, cioè Luciano degli Apolidi m’aveva detto che avevano preso cittadinanza ad Anzio in una comune de Coloni, che se scusava tanto e che alla prossima Marcia sarebbero venuti, e stessa cosa per Gianmarco e quei duetrecento amici che si portava, che con ‘sto freddo non se la sentono tanto, tocca capirli.
Ma forse non t’è tanto chiaro che qua non ce sta proprio nessuno.
Ah, beh, arriveranno no? Che dici? Io dico che arrivano. Ma sì, arrivano arrivano. Guarda scusa ci sta Corin che — sì eccomi arrivo, ao ciao Sal devo andà.
Appena mette giù mi guardo intorno. Mi sfilo lo zaino e il giacchetto, poi mi tolgo anche la maglietta, quella con tutti e quindici i colori, quella che avevamo stampato a tiratura limitata solo per noi tre. La arrotolo e la butto per terra. Dallo zaino prendo la maglietta di riserva. Tolgo pure la bandiera dall’asta e l’appoggio all’albero. Mi giro una sigaretta, solo come un cojone.
Roma, Giovedì 4 Marzo 2021, ore 00:56
Ultimamente riuscivo a limitare l’introspezione ai semafori. Erano settimane che la gestivo da luce rossa a luce rossa. Oggi mentre tornavo a casa c’ho provato, ma ad essere più onesti non è vero. Non c’ho neanche provato.
Verso le dieci me ne sono andato, che rimanevo a fa. In effetti avrei potuto attuare lo stesso ragionamento già un’ora prima, dopo che quel cojone de Guelfo è andato a pulì il culo al cane.
Non si è presentato nessuno. La cosa mi ha fatto ridere. All’inizio no, e se ci penso non mi fa ridere neanche ora. Ma quando stavo lì, seduto per terra sotto al lampione, un po’ da ride m’è venuto.
Avevo scelto un punto di partenza simbolico per la marcia, vicino alla Sede Stoica, alla fine di Via delle Sedi Laiche. La più nuova e quella più chiacchierata, bianca, solenne, ‘na pizza in faccia de marmo de Carrara, che non c’azzecca niente con le altre Sedi, incuneate come sono nel cemento de sto ex-viadotto trenta metri sotto il livello del Tevere. La mia sede avrebbe preso il posto vicino a quella di Marco Aurelio, quello che una volta era dei Botanici. I lavori di ristrutturazione sarebbero cominciati a breve, e togliere tutto quel legno sarebbe costato parecchio alle casse del Clan, Lucri me l’aveva detto.
Lucri che con il suo motorino è rimasta imbottigliata nel traffico per tre ore, a quanto sembra. Verso le nove mi ha inviato un messaggio, Non riesco a venire, mi dispiace. Manco lei è riuscita, pure a lei dispiaceva, e io stavo da solo là sotto.
E pensare che una settimana fa sembrava tutto diverso. Il conteggio, le birre, il suo ammorbidente. Devono aver disdetto tutti in una settimana. O devono avermi tutti detto un sacco di stronzate.
Alle dieci mi sono alzato e me ne sono andato. Ho lasciato cartelli e preparativi ammucchiati sotto ai lampioni. Il resto del materiale è rimasto in Sede, tra le travi di legno e i secchi sporchi di cemento.
Mi fa strano perché non sono riuscito ad arrabbiarmi. Avrei dovuto odiare tutti, attaccarmi al citofono del Guelfo, chiamare Lucri, insultare Marco Aurelio. Mi fa strano perché non riesco a biasimare quelli che non sono venuti. Se non mi fossi trovato a essere l’organizzatore, probabilmente io non sarei mai andato a una Marcia Edonista. All’invito avrei detto, Sì, vediamo, poi ti dico, contami come partecipante ma non sono sicuro. E poi non sarei andato.
Il motorino l’avevo legato al palo di una fermata dell’autobus. Ad aspettarlo c’erano quattro persone, nascoste da sciarpe e giacconi pesanti. Due signore sulla cinquantina con delle buste in mano, e altri due tipi che parlavano di vacanze estive. Per un attimo ho pensato di salire anche io con loro. Poi ho visto i fari dell’autobus in lontananza e ho tolto il cavalletto al motorino.
In motorino faceva freddo. Avrei preso la macchina ma pensavo di non dover tornare a casa la sera. Pensavo di fermarmi a bere qualcosa con Lucri.
Faceva freddo ed era buio e Via Prenestina era vuota. I lampioni erano sempre colorati ma non bastavano.
Non avrei partecipato ad una Marcia Edonista per nessuna ragione al mondo se non fossi stato il Leader. Il volantino era colorato, niente da dire. La propaganda c’era stata e sembrava pure efficace. Ma non ci sarei mai andato e non mi sarei manco posto il problema. Zanna Ribe e Cima non avrebbero neanche raccolto il volantino per terra.
Al semaforo di Porta Maggiore sono stato fermo per tre cicli. Verde, giallo, rosso, per tre volte. Qualcuno m’ha suonato, se semo scambiati qualche vaffanculo ma poi sono rimasto là.
Lucri aveva ragione quando m’ha detto che non sembravo il classico Edonista — Non lo sembravo neanche a me, avrei dovuto dirle. Forse non è venuta perché aveva capito che ero ‘na frode. Forse non le è mai fregato un cazzo.
Se mi chiedessero perché l’ho fatto chiederei qualche minuto per rifletterci, ma poi non risponderei, penso.
Prima di tornare a casa sono passato davanti al Ritrovo. Ho buttato le chiavi dello Scantinato giù per le grate. Dentro al bar loro tre erano seduti e bevevano, Enrichetto eseguiva un passa mano mentre chiacchierava con una signora distinta e tutta imbellettata seduta al bancone. Le luci all’interno erano sempre in immersione e illuminavano il locale con questo nuova luce più calda. Penso che in fondo sia stata una scelta azzeccata. Adesso assomiglia a una strada del centro, azzurra e arancione.
Vorrei parlare con Marco Aurelio quando torna da Cambridge, chiedergli se almeno lui l’ha capito veramente o se sta fingendo tutto anche lui, se sta improvvisando. Vorrei che parlasse onestamente senza arcaismi del cazzo e massime alla Osho. Vorrei anche sapere cosa c’era scritto nel suo libro. Io avrei difficoltà a riassumergli il mio.
Visto che ci stavo ho buttato le chiavi dello scantinato giù per le grate. Una volta mi erano scivolate lì sopra ma si erano impigliate ai ferri. ‘Sta volta ho cercato di essere più preciso.
Fa ride che alla fine non ho né cambiato vita né iniziato una nuova. Fa ride che per quanto mi sforzi mi va bene così.
Articolo di Federico Guida