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Come ogni essere umano può evitare di distruggere la Terra
La guida tascabile di Seth Wynes basata su articoli scientifici illustra i comportamenti per ridurre il nostro impatto ambientale
L’attuale cambiamento climatico ha un’origine antropogenica, cioè è stato creato dall’essere umano.
Poiché l’uomo ha iniziato a interferire con processi geologici, alterando le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche dell’ambiente terrestre, la comunità scientifica ha dichiarato che stiamo vivendo nell’era dell’Antropocene. Ciascuno di noi concorre quindi anche alla produzione e potenziale riduzione dei gas climalteranti e – proprio su tale aspetto – si muovono le riflessioni del libro SOS: Cosa puoi fare tu contro il riscaldamento globale del ricercatore alla Concordia University di Montreal Seth Wynes, tradotto da Alberto Pruneti per Laterza.
Un piccolo consiglio di lettura che vi possiamo dare è di leggerlo con calma. Sfogliando il libro, sembra una lettura veloce ma invece necessita del suo tempo; perchè queste informazioni non scappano via, sono suggerimenti per la vita di tutti i giorni e non solo per oggi.
Seth Wynes sceglie di partire con alcune best practices – un’insieme di azioni considerate le più efficaci per ridurre il nostro impatto sull’ambiente (come chiudere il rubinetto dell’acqua o spegnere gli interruttori della luce ad esempio) – le quali però, non bastano da sole a mitigare i cambiamenti climatici. L’autore si addentra così in trasformazioni del comportamento del singolo più “radicali”, ma non di impossibile realizzazione, come ad esempio viaggiare senza aerei (poiché sono il mezzo di trasporto più inquinante, specialmente nelle brevi distanze), cercare di muoversi il più possibile senza la macchina e avere un’alimentazione a base vegetale.
Pratiche condivise anche dallo scrittore statunitense Jonathan Safran Foer, che nel libro Possiamo salvare il mondo prima di cena, spiega proprio come “Nessuno se non noi distruggerà la Terra e nessuno se non noi la salverà… Noi siamo il diluvio, noi siamo l’arca”. La sua esperienza di vita, raccontata nei suoi scritti, ha permesso ai lettori in tutto il mondo di capire le conseguenze drammatiche legate agli stili di alimentazione poco attenti all’ecosistema di cui l’essere umano fa parte.
L’emergenza climatica non è una bella storia da raccontare, né è piacevole allarmare continuamente le persone con notizie drammatiche, ed è proprio per questo motivo che l’intento di questo libro non è quello di spaventare o di criticare o di additare colpe bensì di cambiare prospettiva: da una narrazione di privazione, del “non dovere” a una narrazione del possibile, del mutamento, del diverso, della scoperta.
Il cambiamento necessario è sistemico e richiede una forza propulsiva, ma questo non comporta necessariamente una vita fatta di mancanze. L’attuale situazione di crisi si presenta anche come un’opportunità: per conoscere, riflettere e rivalutare le nostre priorità e il cosa ci dia davvero benessere.
L’autore suggerisce quindi dei comportamenti alternativi, nel segno di un cambio di prospettiva.Tali azioni vengono divise per macro-aree all’interno delle nostre attività maggiormente inquinanti.
Mobilità
Secondo numerosi studi scientifici citati da Seth Wynes servono cambiamenti necessari al modo in cui ci muoviamo e viaggiamo. Se non siete convinti dell’efficacia di una mobilità alternativa, è stato dimostrato che le persone sono inclini a volare di meno, se conoscono qualcuno che ha fatto questa scelta per ragioni climatiche.
Il settore dei trasporti conquista una significativa fetta di impatto ambientale (si stima che sia responsabile tra il 16 e il 18% dei gas a effetto serra). Per questo nel libro, oltre all’utilizzo della bicicletta, viene incoraggiato il turismo locale. Muoversi più lentamente, apprezzare il vero e proprio viaggio e non la destinazione. In un Paese come l’Italia, dove sono presenti numerosi patrimoni naturali, paesaggi culturali(creazioni congiunte dell’uomo e della natura, come ad esempio la costiera amalfitana,Portovenere e le Cinque Terre) e siti archeologici, questa pratica trova un terreno fertile dove poter essere “coltivata”; anche percorrere lunghe distanze diventa un vero e proprio viaggio se si cominciano a macinare i chilometri che si separano dal punto di arrivo e non si sorvolano.
Questo tipo di turismo si racchiude nel termine turismo sostenibile, dove non diventa importa solo la meta di destinazione ma anche il viaggio in sé. In questo la pandemia sta giocando un ruolo: seppur nella tragicità della situazione, ci ha costretti a rallentare.
Alimentazione
Un secondo aspetto cruciale dei cambiamenti climatici è legato alle nostre abitudini alimentari.
L’industrializzazione del settore di produzione del cibo ha portato dei paradossi globali: un’eccessiva produzione e spreco di cibo destinata ai Paesi del cosiddetto nord globale, e carestie e malnutrizione in molti Paesi del sud globale.
Ma il comparto alimentare maggiormente responsabile dei cambiamenti climatici, che conquista quasi la medaglia d’oro per emissioni globali di gas a effetto serra, è la produzione animale. L’eccessivo consumo di carne, pesce, derivati e la diffusione degli allevamenti intensivi è responsabile non solo l’uccisione violenta di trilioni di animali ogni anno, ma anche della deforestazione, dell’impoverimento dei suoli, dell’inquinamento dei mari, dell’emissione di gas climalteranti (gas prodotti dall’attività umana che rimangono in atmosfera,provocando alterazioni climatiche), del land grabbing (l’acquisizione di terre da parte delle multinazionali da utilizzare per coltivazione intensiva di prodotti), della perdità di biodiversità, della diffusione di zoonosi (malattia infettiva degli animali, trasmissibile all’uomo come l’aviaria, la mucca pazza e anche il Covid 19).
Data la gravità della situazione molte sono le iniziative in questo campo: per esempio Slow Food ha lanciato una campagna “Meat the Change”, che con un simpatico quiz sensibilizza e spiega l’impatto del consumo di carne e degli allevamenti intensivi sulla crisi climatica; Esseri Animali fa inchieste sugli allevamenti e consiglia di cambiare il mondo iniziando dalla tavola; Terra! Onlus divulga le problematiche legate all’agricoltura tra agromafie e impatti sul clima.
Scegliere cosa mangiare è, di fatto, un’azione politica, un voto che molto di noi esprimono tre volte al giorno: colazione, pranzo e cena. Tre occasioni ogni giorno per poter fare la differenza.
Bisogno tener conto che le scelte sono influenzate anche dalla disponibilità di cibo nella propria area, dai personali limiti di budget, dalla possibilità di poter acquistare cibo prodotto eticamente, dalla possibilità di autoprodurlo, dalla fertilità dei suoli o da eventi climatici estremi.
Considerando anche questi fattori, i maggiori responsabili dei cambiamenti climatici sono gli stessi che hanno anche la possibilità di invertirà la rotta: i paesi con un alto livello di industrializzazione.
I cittadini di paesi democratici, come dice Seth Wynes nel libro, hanno l’obbligo di assumersi le responsabilità delle proprie scelte di consumi alimentari.
Questa responsabilità è sia verso il Pianeta sia verso tutti quei paesi che invece subiscono l’effetto indiretto delle nostre scelte di consumo e non hanno minimamente contribuito al riscaldamento globale (la maggior parte dei paesi africani per esempio).
Nel libro viene riportata l’esito di una ricerca del 2017 che si è interrogata su cosa accadrebbe se solo negli Stati Uniti tutti smettessero di consumare carne e la sostituissero con i fagioli: questa variazione libererebbe il 42% dei terreni agricoli statunitensi, con una riduzione di gas serra di circa il 20%. La liberazione di terreni agricoli sarà prodotta dall’interruzione di allevamenti intensivi di animali, che occupano la maggior parte dei terreni agricoli come anche la coltivazione dei loro mangimi.
Ipotizzando di eliminare o ridurre drasticamente tali consumi in Europa, si potrebbe parlare di una vera e propria rivoluzione alimentare nello stile di vita dei cittadini europei, che porterebbe una drastica riduzione di gas climalteranti.
Dati alla mano Seth Wynes consiglia di optare per un’alimentazione vegana o vegetariana e di scegliere carni bianche e verdure al posto della carne rossa. Inoltre, suggerisce di eliminare gli sprechi alimentari e scegliere cibo stagionale e locale.
L’importanza della dimensione collettiva
L’ambito che maggiormente esplora l’autore è quello dell’attivismo, dell’azione collettiva, del voto, del dialogo tra i cittadini e i politici. Infatti riporta diversi studi che dimostrano come nei Paesi democratici l’attivismo contribuisca a proteggere l’ambiente. Nelle città dove vengono svolte delle proteste o ci sono movimento dediti alla pressione dal basso sulla classe dirigente, sono luoghi dove spesso vi è un abbattimento di C02.
Vi è un altro elemento da tenere presente per capire l’importanza di questo tipo di azioni: gli esseri umani sono biologicamente predisposti all’aggregazione, all’appartenenza a una comunità. Questo perché la dimensione collettiva è necessaria alla sopravvivenza stessa della specie umana.
Un’analisi pubblicata nel 2019 ha dimostrato come le proteste di disobbedienza civile, volte a far cadere un governo o liberare un territorio, a partire dal 1900, avessero un rate di successo estremamente alto. Questo risultato è dovuto alla cosiddetta “Regola del 3,5%”: è stato empiricamente dimostrato che una protesta mossa dal 3,5% della popolazione di quel territorio porta al successo ed è capace di sovvertire il governo. Il 3,5% degli italiani sono circa 2 milioni e cento mila persone. Non sono poche, però non è una percentuale impossibile, per cambiare il nostro destino climatico.
Tutto ciò ci fa capire che non solo essere politicamente attivi (inteso in senso ampio, in riferimento a questioni di carattere sociale, culturale, economico e ambientale) crea un senso di appartenenza, ma permette anche di raggiungere gli obiettivi prefissati.
L’antropologa statunitense Margaret Mead infatti scriveva:“Non dubitate che un piccolo gruppo di cittadini coscienti e risoluti possa cambiare il mondo. In realtà è l’unico modo in cui è sempre successo.”
A proposito di obiettivi da seguire, l’autore cita uno studio del 2018 dell’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), secondo cui le decisioni che prenderemo come cittadini nel prossimo decennio saranno determinanti per il futuro del Pianeta in cui viviamo.
Seth Wynes nella parte finale del suo libro inoltre fa una riflessione su come le nostre scelte vengono influenzate dal cosiddetto principio dell’ “autorizzazione morale”. Secondo tale teoria, un individuo dopo aver compiuto un’azione ritenuta moralmente giusta, ne compie un’altra di senso opposto. Ad esempio, se una persona si impegna a ridurre notevolmente l’utilizzo di acqua in casa, tende magari però ad aumentare l’uso di energia elettrica. Questo perchè quando facciamo un’azione che percepiamo come giusta tendiamo a premiarci subito dopo. Onde superare tale meccanismo psicologico è necessario sviluppare dei valori collettivi che non siano immaginati come contrastanti o autoescludenti. In altre parole, un’azione che percepiamo come “da premiare”, supera tale categorizzazione e viene contestualizzata in un panorama di azioni e cambiamenti da auspicare che corrispondono a un ventaglio di valori quali ad esempio l’antirazzismo, l’antispecismo, l’antifascismo. Saranno proprio quest’ultimi a guidarci nel cambiamento, nell’acquisizione di abitudini non imposte o mosse da un ideale di perfezione ma sentite e condivise dalla collettività.
Quando un nuovo albero viene piantato, all’inizio ha bisogno di un sostegno che lo aiuti a crescere. questo sostegno sarà necessario fino a che l’albero sarà germogliato e avrà un tronco solido, robusto e potrà resistere da solo alle intemperie. Allo stesso modo, una giovane coscienza più attenta va sostenuta e curata, perché può risultare difficile resistere alle nostre abitudini e ai bias cognitivi però poco dopo le nostre radici si svilupperanno e il tronco sarà più robusto, così saremo resistenti e riflessivi sulle nostre scelte di vita. Dobbiamo Ricordarci che esiste un’alternativa ad un modello economico estrattivista e imperialista, generatore di una crisi climatica e di disuguaglianze sociali. Questa è l’opportunità della nostra generazione per costruire un modello socio-economico politico in armonia con i limiti planetari, per il raggiungimento del vero benessere dei suoi abitanti presenti e futuri.
Articolo di Beatrice Lio e Francesco Temperini