Case d’Asta Uploading

il secondary market nell’era della digitalizzazione e della cryptoart

“L’arte è un dialogo continuo fra produttore e consumatore, dialogo che favorisce la formazione del gusto.”  Questa frase, estrapolata dal libro “In Praise of Commercial Culture” di Tyler Cowen, esprime il fondamentale ruolo del mercato all’interno del mondo artistico. Infatti oggi è proprio attraverso i  grandi player come le case d’asta e la loro risonanza mediatica e culturale, che consumatori, e di conseguenza anche artisti, orientano il proprio gusto e diffondono un determinato tipo di cultura. L’origine dell’asta, come forma pubblica di vendita di opere d’arte, risale all’antica Roma. Dopo secoli di modifiche, variazioni, alti e bassi, le case d’asta raggiungono le loro caratteristiche attuali solo nel 1970, fino ad acquisire negli anni 2000 altissimi livelli professionali. Proprio in questi anni le due principali case d’asta inglesi, Sotheby’s e Christie’s hanno dato vita al cosiddetto duopolio, sull’asse del mercato New York – Londra, attraverso cui annualmente riescono a fatturare dai 2 ai 4 miliardi di dollari. In Italia la casa d’asta più importante è la milanese Finearte nata nel 1959, che grazie alla sua strategia di focalizzarsi su aste specialistiche, ha fin dai primi anni acquisito una posizione dominante all’interno del settore artistico italiano. Inoltre,  va detto che gran parte dei guadagni delle case d’asta provengono principalmente da piccole vendite, dai 5.000 ai 15.000 dollari, e solo una parte molto minoritaria, invece, dalla vendita di opere come l’ormai famosissimo “Salvator Mundi” di Leonardo Da Vinci, venduto a circa 450 milioni di dollari.

Questo non è l’unica falsa percezione sul mondo delle aste, che segue poche e precise regole: in primo luogo esse sono sempre pubbliche e dunque l’ingresso è libero. In Italia poi si adotta il procedimento detto “all’inglese” che consiste nell’ associare all’oggetto un determinato valore: un prezzo di partenza determinato da una molto poco romantica formula matematica, basata essenzialmente su un coefficiente attribuito all’opera frutto della valutazione di fattori come il curriculum dell’artista, il periodo, le dimensioni etc. Quando l’asta avrà inizio si procederà all’aumento delle offerte guidate da un banditore, il prezzo dell’opera aumenterà fin quando vi saranno offerenti. Il banditore cercherà di portare le offerte almeno fino al  “prezzo di riserva”, che consiste nel prezzo minimo di vendita stabilito dal venditore prima dell’inizio dell’asta. Il banditore accetterà offerte sempre più alte, fin quando il migliore offerente otterrà l’opera al prezzo di aggiudicazione; ad esso vanno aggiunti sempre i diritti d’asta, ossia il prezzo per l’attività di intermediazione, che resta a discrezione della casa d’asta. 

 

Gli ultimi tempi

Anche per il mondo dell’arte gli ultimi decenni sono stati ricchi di sconvolgimenti.

Il mercato è stato messo a dura prova dalla crisi economica e finanziaria, ha dovuto adattarsi alla rivoluzione tecnologica che ha radicalmente cambiato gli attori e le stesse modalità di funzionamento di vendita e acquisto. Si è poi assistito all’ingresso e all’ascesa prepotente dell’Asia con i suoi investitori, che hanno determinato, secondo Forbes, tra gli altri, lo spostamento a oriente dell’asse del mercato. In fine, la pandemia.

Instagram e i social come mezzi di fruizione di opere d’arte visive e non solo, si sono affermati mettendo a disposizione di esperti e non una grossa mole di informazioni, e dando agli artisti un mezzo di diffusione di opere senza precedenti.
Un evento che può essere preso a esempio, per collocare nel tempo questo passaggio, è l’esposizione dell’installazione “Infinity Mirror Room” di Yayoi Kusama, postata su Instagram prima di essere esposta e poi visitata in galleria da 2500 persone già il primo giorno della mostra.
L’uso dei social abbassa anche l’età media degli acquirenti di opere d’arte. Attraverso i social, infatti, le opere riescono facilmente a raggiungere alcuni dei  giovani miliardari e a colpirne la sensibilità. In particolare sono di età inferiore al consueto i compratori provenienti dai “nuovi” mercati asiatici. in realtà i più giovani sembrano interessati in particolare all’arte contemporanea, mentre fra i più maturi sembra popolare soprattutto l’arte cinese e antica.
Nel 2010, ancora secondo Artprice, la Cina diventa primo mercato mondiale per le vendite all’asta nel settore delle belle arti, scalzando Stati Uniti, Regno Unito e Francia.
Lo spostamento dell’asse geopolitico mondiale verso oriente si riflette quindi anche in questo settore, come simboleggiato dall’istituzione ad Hong Kong di Art Basel. La più famosa fiera d’arte del mondo infatti, nata a Basilea, si era espansa a Miami nel 2002 per intercettare i collezionisti sudamericani e l’istituzione della versione Hong Kong nel 2013 è quindi da intendersi ancora una volta come una lungimirante intuizione.

Sempre secondo il report 2010-11 prodotto da Artprice, uno dei più grandi database mondiali per quanto riguarda il mercato dell’arte, però, “a parte alcuni rari appassionati, ciò che più interessa i compratori cinesi sono i fenomeni speculativi e il prestigio sociale associati all’acquisto di un’opera”.

Questa tuttavia non va considerata come una linea di comportamento “asiatica”,  poiché è prevalente anche negli investitori occidentali e inoltre si pensa possa essere uno dei fattori che hanno concorso alla resistenza del mercato d’arte ai periodi di crisi, come quelli seguiti agli anni 2008-10. Secondo alcuni, cioè, opere d’arte dal valore particolarmente stabile possono essere considerate “beni rifugio” alla stregua dell’oro, ovvero delle buone forme di investimento in periodi in cui i prezzi sono generalmente molto volatili, o addirittura, si discute se le opere d’arte possano considerarsi più in generale delle buone opzioni per diversificare un portafoglio azionario. 

In fine, anche questo settore ha dovuto adattarsi alla pandemia.

Il Coronavirus, poi, ha portato con sé una forte e forse irreversibile accelerazione del processo di digitalizzazione del mercato d’arte.

Per Guillaume Cerutti, amministratore delegato di Christie’s, l’ipotesi di aste svolte integralmente online era da tutti considerata indesiderabile o comunque da evitare poiché avrebbe significato svuotare le sale e intaccare quell’immagine suggestiva che il mercato dell’arte tradizionalmente rimandava a chi ne era estraneo, fatta di palette, martelli ed eleganti battitori d’asta. Ma in realtà il trasferimento all’online si stava già realizzando.
Da tempo infatti era già possibile e abbastanza comune partecipare a un’asta facendo offerte online o al telefono, il momento della vendita vera e propria, però, rimaneva in presenza fino a prima della pandemia.

La transizione però, incalzata dal lockdown, è avvenuta in grande velocità.
Secondo Forbes, Sotheby’s avrebbe realizzato, solo nel periodo Marzo-Ottobre 2020 circa il quadruplo delle vendite a distanza tenute nello stesso periodo dell’anno precedente e circa l’88% di tutti i bidders alle aste Sotheby’s avrebbe partecipato online già nel primo semestre dell’anno. Secondo l’Hiscox Online Trade Report 2020, invece, lo scorso anno il 67% degli acquirenti d’arte ha dichiarato di aver comprato opere online, laddove il dato relativo al 2019 era del 44%. I beni più acquistati attraverso internet sembrano essere stati i dipinti, seguiti da foto e sculture.

Aste in modalità ibrida, parzialmente tenute in sala e parzialmente facendo uso di dirette streaming, sono state implementate durante la pandemia. 

Christie’s ha lanciato una nuova app a download riservato a pochi scelti, attraverso la quale partecipare ad aste live virtuali tenute dal celebre battitore Loic Gouzer. Sembrano insomma essere state vincenti quelle modalità di vendita a distanza che più da vicino ricalcavano le dinamiche delle aste in sala, alle quali la clientela non è sembrata pronta a rinunciare, soprattutto dopo essersi già privata ad esempio degli eventi promozionali privati per i cosiddetti vip dell’arte, che di solito fanno da contorno alle aste e favoriscono  il contatto tra domanda e offerta. 

Altre strategie di sopravvivenza, oltre al trasferimento online, sono state trovate nell’alleanza tra istituzioni diverse: è il caso della Sotheby’s Gallery Netwok, esperienza di collaborazione della casa d’asta con diverse gallerie newyorkesi. Nello specifico, Sotheby’s ha messo a disposizione una piattaforma online, nonché la propria reputazione, in cambio di percentuali sulle vendite realizzate dalle gallerie. Attraverso la piattaforma le gallerie potevano comunicare direttamente con la clientela e organizzare viewings

 

La svolta della Cryptoart

Un’ulteriore rivoluzione nel mondo delle case d’asta si è avuta grazie alla Cryptoart. Secondo Andrea Concas si inizia a parlare di Cryptoart  solo nel 2010, quando essa era considerata solo una nicchia del mondo artistico, destinata unicamente agli appassionati del web. Il vero e proprio trend esplode però nel 2013 con l’evoluzione del blockchain e degli NFT. Essa in effetti non è altro che una pratica artistica recentissima in cui le opere d’arte sono create o riportate digitalmente sotto forma di immagini fisse o animate, non solo attraverso l’utilizzo di un computer, ma anche con scanner o una semplice polaroid per poi modificare le creazioni e trasformarle in formato digitale. Lo scambio e l’unicità di queste opere viene assicurato grazie alla creazione degli NFT, acronimo di Non Fungible Token, certificati digitali che consentono a chi acquista l’opera di divenirne l’unico proprietario e ne assicurano l’autenticità attestandone il creatore. Tutto ciò è possibile grazie all’inserimento degli NFT su blockchain, ossia una struttura di dati immutabili, che si può considerare una sorta di registro informatico le cui voci sono raggruppate in ordine cronologico sotto forma di “blocchi”. Il suo contenuto una volta trascritto non si può né modificare né cancellare. Blockchain rappresenta un sistema di tracciabilità trasparente e condiviso dotato di multifunzionalità. Il mercato di Cryptoart è più ampio di quanto si pensi, al momento vi sono valori che partono da poche decine di dollari fino a opere che hanno raggiunto anche la soglia dei 100 milioni. Le piattaforme dove si possono vendere e acquistare le opere sono molteplici, la più famosa è sicuramente MakersPlace, la cui “missione” consiste nel sostenere la creatività digitale e nell’assicurare l’originalità delle opere.  A conferma di questo boom che sta caratterizzando negli ultimi anni il mercato della Cryptoart, vi è sicuramente il caso record della prima asta di un’opera non fisica tenuta dalla Christie’s. La creazione in questione si chiama “The Last 5000 Days”: un file jpg contenente un collage di 5000 immagini rappresentanti politici come Donald Trump affiancati da personaggi dei cartoni come Topolino o i Pokemon, che vuole rappresentare paure e ossessioni della società dal 2007 ad oggi. L’opera dell’illustratore americano Beeple, partito come programmatore di videogiochi, ma che ha raggiunto il massimo della sua fama proprio grazie agli NFT, è stata messa all’asta con un prezzo di partenza di 100 dollari e ha raggiunto l’inaspettata cifra di aggiudicazione di 63,3 milioni di dollari. Ma non solo, dopo il successo ottenuto dalla Christie’s nel mercato della Cryptoart, anche Sotheby’s ha deciso di sbarcare in questo mondo, organizzando un’asta in collaborazione con Pak, Crypto artist senza volto che ha ottenuto grande successo grazie alle sue straordinarie opere d’arte digitali, e con la piattaforma Nifty Gateway. Dunque, a differenza della vendita di Christie’s, che è avvenuta sul sito della casa d’asta, questa è stata organizzata per la prima volta direttamente sulla piattaforma digitale, facendo guadagnare a Sotheby’s circa 16 milioni di dollari, grazie alle vendite ottenute. Nonostante in questo caso non siano state raggiunte cifre record, la grande affluenza dell’asta e le ingenti somme di denaro che comunque l’hanno caratterizzata, simboleggiano l’influenza e lo sviluppo che sta avendo questa nuova corrente nell’ambito del mercato artistico internazionale. Per concludere il discorso non possiamo non nominare l’artista milanese DotPigeon, che con la sua Cryptoart provocatrice e rivoluzionaria, è riuscito a sbancare in America guadagnando un milione di euro in poco più di una settimana. Ora molti potranno chiedersi qual è il senso della Cryptoart? perché spendere dei soldi per un’opera che si può tranquillamente scaricare sul computer in qualsiasi momento? Per rispondere a questa domanda si può far riferimento proprio ad una citazione di DotPigeon: “ Perché puoi anche stampare una Gioconda e appenderla in salotto, ma è evidente che la tua Gioconda non abbia nessun valore”.

 

Case d’asta come evergreen

Dunque, per concludere il discorso su questi complessi attori economici e culturali, si può affermare con certezza che le case d’asta rappresentano una sorta di “evergreen” nell’ambito del mercato dell’arte. Questa convinzione è avvalorata non solo da tutte le evoluzioni a cui sono state esposte nel corso dei secoli, ma soprattutto dagli ostacoli oggettivi che esse hanno dovuto affrontare a partire dal 2020, come la crisi globale o anche le restrizioni che hanno impedito l’organizzazione di eventi. Nonostante ciò, esse hanno dato prova di una grandissima capacità di adattamento, avendo avuto l’abilità di dar vita ad una nuova organizzazione. Questo ha fatto sì che esse siano uno dei pochi attori a non aver subito una vera e propria crisi durante questo periodo storico terribile; capace di mettere alla prova anche le sfere più solide della nostra società . Quindi ci si può chiedere: è possibile che il futuro delle case d’asta sia sempre stato il mondo digitale, ma che il mercato dell’arte lo abbia capito solo “grazie” alla pandemia?

Articolo di Nicoletta Conforti e Roberta De Vargas