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Quanto è stato difficile per i Democratici vincere la Georgia?
La storia e il peso della voter suppression nello stato di Martin Luther King
A gennaio la Georgia si è riscoperta uno Stato il cui elettorato è dinamico e molto mutevole. Fin dall’era della ricostruzione (1865-1960 circa), infatti, il Paese ha preferito il Partito Democratico, la cui base erano i sudisti, i secessionisti e gli schiavisti. Questa preferenza si è esaurita nel 1964 con l’adozione del Civil Rights Act dall’amministrazione Democratica Johnson. Il Partito Repubblicano iniziò allora a farsi strada in Georgia con Barry Goldwater, che per la prima volta rese lo stato Repubblicano in un’elezione presidenziale, guadagnando voti soprattutto nei sobborghi di Atlanta. Ciononostante i Democratici hanno continuato a detenere la maggior parte degli uffici a livello locale fino agli anni ’90.
Vita, morte e miracoli della Georgia
Ė dal 1964, invece, che il Partito Repubblicano della Georgia ha iniziato a schierare candidati competitivi e vinto gare anche al Senato e alla Camera. Il Grand Old Party capeggiato da Nixon avviò infatti un’ambiziosa strategia elettorale il cui scopo era attingere da un bacino elettorale storicamente al di là del Partito Repubblicano. I risultati di questa strategia arrivarono però in ritardo: nel 1968 l’ex governatore Democratico dell’Alabama George Wallace si candidò come indipendente, e vinse i voti del Collegio Elettorale del Sud con un messaggio ai conservatori bianchi: «Segregation now, segregation tomorrow, and segregation forever.»
Nixon, già ex vicepresidente di Eisenhower, diventò Presidente, anche se con un risicatissimo voto popolare e una campagna elettorale turbolenta, per l’assassinio a Los Angeles del Sen. Robert F. Kennedy. Nel 1972, come presidente uscente, Nixon si appropriò della Georgia con il 75,04%, contro il candidato democratico, universalmente considerato un estremista di sinistra, che non vinse neanche una contea. Fu l’ultima volta in cui le contee di Calhoun, Clay, Fulton (dove c’è la città più grande dello Stato, ovvero Atlanta), Macon, Stewart, Talbot, Taliaferro e Warren votarono Repubblicano.
Anche a causa dello scandalo Watergate, nel 1976, l’ex governatore Democratico Jimmy Carter battè Gerald Ford e vinse – similmente a Nixon – ogni contea della Georgia. Fu un completo ribaltamento rispetto a quattro anni prima, ma nel voto popolare il risultato di Carter fu inferiore a quella di precedenti vincitori democratici come Roosevelt.
Quando Reagan si affacciò alle elezioni presidenziali del 1980 il risultato in Georgia fu favorevole al presidente uscente Carter, nonostante la sconfitta nettissima dei Dem a livello nazionale. Fu l’ultima volta in cui un candidato Democratico vinse con un margine di due cifre. Ma nel 1984 invece Reagan conquistò 525 dei 538 voti del Collegio Elettorale. La Georgia non venne meno e, con una grande affluenza, la maggioranza delle contee votò Repubblicano.
Sebbene nel 1988 i democratici avessero scelto Atlanta come sede della Convention Nazionale Democratica, il vicepresidente ed ex direttore della CIA George W. Bush ebbe la meglio in un’elezione in cui i Democratici presero nuovamente vigore nelle aree molto popolate come Atlanta e Savannah. Nel 1992, il governatore dell’Arkansas Bill Clinton vinse con un margine risicatissimo di 0,59% sul presidente in carica Bush.
Il 1996 è l’anno in cui il sostegno ai Democratici viene meno. L’erosione di voti favorisce il candidato repubblicano Bob Dole, il quale tuttavia è sconfitto alle Elezioni Nazionali. Il nuovo millennio è inaugurato dal dominio dei Repubblicani in Georgia, soprattutto grazie alla riorganizzazione distrettuale, in un contesto in cui i legislatori in carica lavorano per proteggere i propri seggi a scapito di una competitività elettorale e in elezioni dove spesso non ci sono sfidanti ai candidati. Al 2004 il biglietto Democratico, di John Kerry e John Edwards, non ottenne nessun voto elettorale dal Sud, e in Georgia la polarizzazione razziale fu determinante nella sconfitta del partito dell’asinello.
Nel 2008, grazie a una grande affluenza afroamericana in supporto di Barack Obama, il margine iniziò ad assottigliarsi, ciononostante John McCain riuscì a non perdere la Georgia.
Nel 2012 Mitt Romney migliorò il risultato di quattro anni prima. In questo caso, la contea di Early County passò dal sostenere il candidato repubblicano a quello democratico, contrariamente a quanto avvenne nella contea di Chattahoochee.
Nel 2016, la Georgia ha votato per Trump, complici anche le pratiche note come gerrymandering e voter suppression, che sempre di più rendono difficile per i democratici, specialmente quelli afroamericani, di votare. Tuttavia i Democratici, grazie anche all’attivismo della dep. Stacey Abrams sono riusciti a portare ai seggi moltissimi nuovi elettori, diminuendo lievemente il risultato dai 7,8% di Mitt Romney.
Risultati elezioni presidenziali 2016 in Georgia – Trump 50,44%, Clinton 45,35%
Le elezioni del 2020
Analogamente al 1964, è stato il 2020 l’anno della svolta: il Partito Democratico, dopo un lungo periodo di magra, è riuscito a vincere di nuovo in Georgia, grazie alla rapida espansione delle periferie di Atlanta e la sensibilizzazione delle minoranze al voto.
Come in altri stati, inizialmente il Partito Repubblicano ha avuto un vantaggio anticipato nella notte, poiché i voti di persona sono stati contati prima. Ma Biden ha colmato il margine e sorpassato il tycoon venerdì mattina. Per lo stretto margine dello 0,23%, il segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger ha annunciato che sarebbe stato condotto un riconteggio, che ha confermato la vittoria di Biden. Parallelamente all’elezione presidenziale, si è svolta un’elezione regolare di classe II per il Senato degli Stati Uniti e un’elezione speciale. Il 28 agosto 2019 Johnny Isakson aveva annunciato il suo ritiro dalla carica di Senatore visto il deterioramento della sua salute e il governatore Brian Kemp aveva nominato la repubblicana Kelly Loeffler in sostituzione. Ciò ha reso necessaria l’elezione speciale. Intanto, il Partito Democratico si era consolidato attorno a Raphael Warnock, pastore della stessa chiesa di Martin Luther King. Il Partito Repubblicano invece si era inizialmente diviso, dato che Trump avrebbe voluto Doug Collins in sostituzione di Isakson, ma poi ha finito con l’acconsentire l’endorsement a Kelly Loeffler.
Risultati elezioni presidenziali 2020 in Georgia – Biden 49,50%, Trump 49,26%
Poiché nessun candidato il 3 novembre ha ottenuto la maggioranza dei voti, Loeffler e Warnock – i primi due classificati – si sono sfidati il 5 gennaio 2021 in un ballottaggio che ha portato Warnock alla vittoria come il primo Senatore afroamericano della Georgia. Lo stesso è successo con l’elezione regolare: David Perdue, il senatore repubblicano in carica, a novembre era finito davanti al giovane democratico Jon Ossoff per un vantaggio minimo. Il runoff del 5 gennaio ha invece portato Ossoff alla vittoria grazie anche alla mobilitazione degli elettori afroamericani, determinanti all’interno dell’area di Atlanta. Con questa vittoria, non solo l’Amministrazione Biden si è aggiudicata la maggioranza in Senato, ma la Georgia è tornata al Partito Democratico dopo più di vent’anni.
È inevitabile che questo stato, dove convivono a pochi passi un monumento eretto agli Eroi Confederati e la tomba del pastore Martin Luther King, sia teatro del conflitto fra due parti dell’America che sembrano ormai inconciliabili. Ma l’esito di questo conflitto è spesso fuorviato da norme che hanno lo scopo di ostacolare il voto delle minoranze.
Perché il risultato di queste elezioni è così importante?
Questa vittoria dei Democratici in Georgia è un evento di importanza storica non solo perché testimonia un possibile cambiamento di rotta, ma anche per la difficoltà che hanno le persone, specialmente afroamericane, a votare negli Stati Uniti. Questo fenomeno, da sempre spiccatamente presente nello stato di Martin Luther King, viene definito voter suppression. Con questo termine si indica la strategia usata per influenzare il risultato di un’elezione focalizzandosi sullo scoraggiare o rendere più difficile per una specifica fetta della popolazione esercitare il diritto di voto. Questo fenomeno in Italia non esiste, ma negli Stati Uniti niente potrebbe essere più diverso, specialmente dal 2013, quando la Corte Suprema, nel caso Shelby v. Holder, ha eliminato la legge che prevedeva che ogni cambiamento delle regole elettorali passasse attraverso i funzionari federali.
Sistema elettorale e gerrymandering
A livello nazionale, il sistema elettorale basato sui Grandi Elettori e il first-past-the-post rende ormai più difficile per i Democratici vincere le elezioni presidenziali. Infatti, sia G. W. Bush che Donald Trump sono diventati presidenti perdendo il voto popolare, quest’ultimo, con circa tre milioni di voti in meno della sua sfidante. Ciò avviene poiché i voti democratici sono spesso concentrati negli stati più popolosi e dove la maggioranza democratica non è in discussione, o nelle capitali degli stati repubblicani, dove quindi sono insufficienti per “ribaltare” lo stato. Questa situazione è aggravata dal cosiddetto gerrymandering, una pratica nata nel 1810 e usata maggiormente dai governatori repubblicani che consiste nel ridisegnare i confini dei collegi elettorali per ottenere la maggioranza dei seggi senza necessariamente aver preso la maggioranza dei voti. Dopo le elezioni del 2016, la Corte Federale condannò il governatore repubblicano del North Carolina (che è uno swing state) con l’accusa di racial gerrymandering, ossia di aver ridisegnato i propri distretti con l’intento annullare il potere di voto degli afroamericani.
L’eredità delle leggi Jim Crow in Georgia
Il ballottaggio per il Senato avvenuto in Georgia il 5 gennaio è il lascito di una lunga storia di oppressione della comunità nera. Negli anni Sessanta, il Civil Rights Movement lottò perché fossero eliminate le leggi Jim Crow, create dopo la Guerra Civile per continuare a segregare gli afroamericani. Fra le varie battaglie c’era anche quella per eliminare la tassa elettorale e i test di alfabetizzazione per i cittadini neri, che impedivano a molti di votare. In questo contesto, il politico georgiano Denmark Groover ritenne opportuno creare un runoff fra i primi due candidati, se nessuno aveva raggiunto il 50% dei voti, per evitare quello che lui definiva “Negro bloc voting”. Egli infatti sosteneva che, spesso, l’unico candidato afroamericano aveva più possibilità di vincere, dato che tutta la popolazione nera votava per lui, mentre il voto bianco era diviso fra gli altri candidati. Creare un ballottaggio avrebbe quindi avvantaggiato sproporzionatamente il candidato bianco, in quanto su di lui si sarebbero concentrati tutti i voti precedentemente divisi. Questa legge, a causa della quale è stato provato che i candidati afroamericani siano stati svantaggiati in Georgia, non è mai stata eliminata.
La difficoltà di registrarsi per votare e la pratica del purging
A livello pratico, arrivare a poter esercitare il proprio diritto di voto non è affatto facile: per ogni elezione, ogni cittadino deve registrarsi sul sito del proprio stato fino a un mese prima della data del voto (ad esempio, per il ballottaggio del Senato in Georgia del 5 gennaio, l’ultima data per registrarsi era il 7 dicembre). Il metodo per registrarsi è diverso in ogni stato e non è automatico che, una volta compiuta la registrazione, il cittadino possa votare. Infatti, è possibile che la sua registrazione venga scartata “per errore” dalle liste degli elettori, e la Georgia è nota per il cosiddetto purging of voter rolls: nelle elezioni del 2018 per la carica di Governatore, l’allora Segretario di Stato e ora Governatore Brian Kemp (che concorreva contro la famosa attivista Stacey Abrams) supervisionò una campagna di purging che temporaneamente escluse più un milione di persone registrate al voto per le motivazioni più disparate. Per la “exact-match” law, furono cancellate dalle liste 53mila persone per piccoli errori come doppi spazi, mancanza di apostrofi o di trattini, e il 70% di loro erano cittadini afroamericani; in 107mila furono esclusi perché erano anni che non si registravano per votare, per l’idea del “use it or lose it” ; molti altri furono esclusi perché il loro nome somigliava a quello di qualcuno che al momento si trovava in carcere, e ciò ha chiaramente pesato sulla comunità afroamericana, che rappresenta il 32% della popolazione della Georgia, ma il 60% di quella carceraria; ad altri ancora è stato invece negato il diritto di voto perché in Georgia – ma non solo – non puoi votare se hai preso una multa e non l’hai ancora pagata. È condivisa l’opinione che la sconfitta di Stacey Abrams sia in gran parte dipesa da questa aggressiva campagna di purging delle liste di registrazione, poiché questo step porta molti ad accorgersi di esser stati cancellati, anche se per errore, solo una volta arrivati al seggio, e scoraggia quelli che se ne sono accorti in tempo dal portare a termine l’operazione per la difficoltà del processo.
In Georgia, una gran parte del lavoro di Stacey Abrams e degli altri attivisti e attiviste per il diritto di voto è stato quello di sensibilizzare le persone a registrarsi e di seguire le loro registrazioni per evitare che esse fossero scartate ingiustamente.
La difficoltà di votare
Se il cittadino è riuscito a registrarsi, non è scontato che riesca a votare. Infatti, negli Stati Uniti non si vota nei giorni festivi, ma il primo martedì di novembre, e nonostante in queste elezioni sia stato potenziato il voto anticipato, non è scontato che una persona riesca ad ottenere un giorno di ferie dal lavoro per stare in coda per votare. In questa fase, la voter suppression prende la forma di lunghe code, che possono durare anche più di sette ore e che sono semplicemente impossibili da fare per chi ha un lavoro o una situazione famigliare che non glielo permettono. Tutto ciò viene aggravato dal fatto che, specialmente in stati repubblicani, molti seggi elettorali e specialmente i seggi elettorali delle comunità più povere e/o a maggioranza afroamericana sono stati eliminati. In seguito a Shelby v. Holder, in Georgia sono stati eliminati 214 seggi elettorali, prevalentemente in questo tipo di quartieri, arrivando nel 2020 ad avere sette contee che condividono un solo seggio. È stato infatti provato che, nelle elezioni del 2016, gli elettori nei quartieri a maggioranza afroamericana hanno aspettato in media il 29% in più rispetto a quelli dei quartieri bianchi.
Infine, nel 2020, grande è stato il dibattito sul voto per posta, poiché elettori e membri del Partito Repubblicano si sono battuti affinché i voti spediti in tempo, ma arrivati in ritardo per colpa del Servizio Postale (a cui Trump aveva appositamente tagliato dei fondi) non venissero contati. Al di là di questa principale discussione, numerosi sono stati i voti per posta giudicati invalidi poiché la firma su di essi era considerata non corrispondente a quelle già nel sistema, e solo 18 dei 50 stati americani hanno una legge che li obbliga ad informare il cittadino se il suo voto è stato rifiutato.
Quando si guardano i risultati elettorali degli Stati Uniti, non bisogna mai dimenticare che essi sono il prodotto di un apparato molto più complesso, che ancora si oppone all’idea che tutti i cittadini hanno uguale diritto di voto. In Georgia, questo storico risultato non si sarebbe mai potuto concretizzare senza gli enormi sforzi degli attivisti di Fair Fight e di altre organizzazioni che hanno lottato per far valere un diritto che a noi sembra ormai scontato.
Articolo di Ginevra Falciani e Thomas Massimo Vicentini