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Il cambio d’abito dello spazio bianco
L’identità del fumetto a confronto con l’età d’oro del web e la crisi dell’editoria
Disegni e parole, un medium camaleontico
Il fumetto, fin dalla sua nascita, si è evoluto di pari passo con la società: ha seguito l’avvicendarsi delle mode, plasmando l’immaginario collettivo, è diventato il linguaggio simbolo della controcultura, intessendo rapporti con altri media e forme d’arte. Nel corso degli ultimi dieci anni due fattori in particolare hanno determinato un forte scossone nel mondo del fumetto: da un lato la crisi dell’editoria, dall’altro la nascita del webcomic.
Da metà secolo scorso fino agli anni Duemila per molti lettori la prima volta con il fumetto si è consumata in un’ edicola; un tipo di attività, ad oggi in caduta libera, scalzata dall’immediatezza con cui viaggiano le notizie sul web. Negli ultimi anni il mercato del fumetto cartaceo è migrato dalle edicole alle librerie, trainato dal successo del graphic novel, termine che originariamente designava un genere fumettistico (una storia autoconclusiva di ampio respiro) e che sempre più spesso nell’immaginario collettivo rimanda a un qualsiasi fumetto stampato in volume. La pressione esercitata dal web ha infatti costretto l’editoria a fumetti a realizzare prodotti più curati, di grande formato e su carta di pregio, in grado di soddisfare le esigenze del pubblico ristretto che compra ancora i fumetti fornendo loro un oggetto “prezioso”, da collezione e che al contempo offra un’esperienza di lettura più consistente rispetto a quella sul web.
L’imporsi della Rete come luogo di scambio principale di contenuti tra gli utenti ha permesso al fumettista di allargare il bacino dei suoi potenziali lettori senza dover necessariamente stampare e pubblicare i suoi lavori. Come cambia allora la figura del fumettista, il suo modo di raccontare storie, il suo rapporto con il pubblico e con l’editoria? Quale sarà il futuro del fumetto? Ne abbiamo parlato con Zuzu alias Giulia Spagnulo, reduce dal successo del suo graphic novel d’esordio “Cheese”, con Simone Chiolerio aka Chiole, che pubblica le sue strip umoristiche su Instagram, e con Simone Rastelli, in arte Juta che, oltre ad essere illustratore e grafico per Vice, da anni cura il suo blog personale “Spezzoni di vite drammatiche” sul quale pubblica i suoi lavori a fumetti.
Il webcomic, lo spazio infinito
Più che sostitutiva della carta, quella del webcomic è un’esperienza che si sta sviluppando parallelamente, ridefinendo le fasi che portano un fumetto dalla cameretta del suo autore a quella dei suoi lettori. In primis, la rivoluzione digitale ha inizio dal supporto su cui un fumettista lavora: a carta, pennini e matite si è affiancata la tavoletta grafica che non solo ha velocizzato i tempi di lavorazione di un fumetto ma ne ha anche ridotto sensibilmente i costi di produzione. A questa diminuzione dei tempi di realizzazione si aggiunge la possibilità di pubblicazione online del proprio lavoro che offre al fumettista una vetrina dall’ immediata accessibilità. Spiega in proposito Juta:
“Penso che il webcomic sia molto utile agli autori per iniziare ad abituarsi a condividere il proprio lavoro con un pubblico. Forse per un certo tipo di fumetto pop i fumetti online potranno anche arrivare a sostituire le uscite periodiche. A me interessa quel tipo di webcomic che serve a mettere in condivisione la ricerca più personale di autrici ed autori, materiali che difficilmente una casa editrice pubblicherebbe, ma che esplorando limiti nuovi e diversi da quelli della carta stampata, riescono a rinnovare il linguaggio e l’immaginario.”
Dal punto di vista artistico il webcomic offre la possibilità agli artisti di esplorare nuovi stili e soluzioni narrative, dando vita a esperienze di lettura che la carta non può offrire. Lo stesso spazio bianco, che conferisce il ritmo alla narrazione, non ha più la limitazione della pagina ed è estendibile all’infinito come spiegato da Scott Mcloud nella sua teoria dell’infinite canvas. Il digitale ha spinto anche le case editrici, compresi i grandi colossi dell’industria, ad adottare nuove soluzioni per rendere il fumetto un medium interattivo come nel caso della miniserie “Avengers vs X-MEN”, pubblicata dalla Marvel nel 2012, per cui è stata realizzata un’app che permetteva al lettore di utilizzare i codici QR presenti in alcune tavole per accedere a contenuti extra come bozzetti, animazioni e suoni che ampliassero l’esperienza della lettura. Oltre ai limiti dello spazio fisico, il digitale ha permesso di superare anche quelle che erano le tempistiche di una pubblicazione editoriale, il fumettista ha l’occasione di stare al passo con i tempi e di produrre velocemente materiale che narri il mondo trattando tematiche di attualità, particolare successo hanno avuto i cartoni animati di Zerocalcare e le vignette di Leo Ortolani che hanno testimoniato lo spirito della quarantena durante l’emergenza da coronavirus, accompagnando i lettori nelle loro case con i loro disegni postati sulle rispettive pagine web. La possibilità di incarnare e raccontare lo spirito del tempo è fondamentale per un artista e come spiega Zuzu:
”A volte il successo di un lavoro non è dovuto solo al fattore “novità” ma anche al fatto che in esso catturi un momento in cui tanti si sentono raccontati o che semplicemente piace.”
Se prima di internet i fumettisti erano delle figure relativamente isolate, misteriose, con cui il lettore poteva avere un confronto diretto tutt’al più in occasione di qualche fiera del fumetto, oggi questa identità storica è stata trasformata, in particolar modo dai social network, tanto da arrivare a rendere i fumettisti dei personaggi pubblici. Quella sui social è una parte di noi che scegliamo di mostrare agli altri e quella scelta racconta qualcosa, mettendo in contatto diretto il pubblico con gli artisti è sorta la possibilità per quest’ultimi di raccontare se stessi sia in ambito professionale che più liberamente e intimamente nella vita di tutti i giorni. Sono molti infatti i fumettisti che postano sui social momenti di vita privata: se da un lato il contatto più diretto con i followers espone i fumettisti alla pubblica piazza e al rischio di finire vittima di episodi di hating, esso diventa un’occasione per sdrammatizzare la figura dell’artista come sostiene ad esempio Chiole:
“Secondo me ci sta questa cosa del rapporto diretto. Toglie un po’ di mistero, ma tanto finché non ti era dato di sapere che fattezze avesse un artista, non avevi cosi tanta curiosità. Ora invece è bello dare un volto e collegarlo all’anima espressa con la sua arte.”
Vi è chi tra i fumettisti comunica maggiormente con i propri follower e chi continua a mantenere una certa riservatezza, in ogni caso, alla fine ognuno trova la distanza che gli è più congeniale. Ciononostante, per quanto un fumettista voglia mantenere le distanze, il rapporto col pubblico non si limita ad abbattere la distanza tra l’artista ed il pubblico bensì esso arriva a condizionare lo stesso processo creativo dell’autore.
La dittatura del like
La riduzione dei costi di produzione e distribuzione ha permesso agli autori di disegnare e raggiungere un pubblico vasto senza la necessaria intermediazione di una casa editrice attraverso nuove modalità di pubblicazione. Ogni autore indipendente è diventato il promoter di se stesso e ha avuto l’occasione di attuare le strategie di marketing offertegli dalla rete. L’auto distribuzione è permessa dal fatto che sui social ogni profilo è una possibile vetrina e veicolo per le opere del disegnatore; attraverso la condivisione sul proprio profilo da parte di un utente, un disegno può essere notato da altri e attraverso una sorta di passaparola 2.0 diventare in poco tempo virale, questo spinge i fumettisti a produrre dunque materiale che possa sopperire a questa necessità di condivisione, assumendo una certa sensibilità o estetica. In particolar modo, il web ha reso possibile per i fumettisti conoscere in tempo reale e in vasta quantità i giudizi dati dalla pubblica piazza digitale alle loro opere, grazie ai feedback degli utenti che commentano, mettono “mi piace”, interagiscono coi lavori di un autore decretandone il successo. Benché un autore possa guardare poco al like per il proprio percorso artistico, le case editrici sono molto attente nel monitorare i numeri: il feedback del pubblico diventa il termometro di quanto un autore possa meritarsi di pubblicare con un editore tanto che è ormai prassi che alcuni di essi, ai colloqui di lavoro, chiedano ai candidati il loro seguito online prima ancora di dare uno sguardo al portfolio. Conoscendo i gusti e le dinamiche del pubblico, sta al fumettista decidere se farsi condizionare o meno sulla scelta dei contenuti che andrà a trattare o sul suo stile di disegno e narrazione. Vi è il rischio per un autore di vedere la propria creatività ingabbiata dai gusti del pubblico, dalla necessità di mantenere un certo seguito e di doversi quindi adattare senza poter spaziare quanto si vorrebbe. È il caso di Chiole che dopo essere riuscito a promuoversi autonomamente fino a raggiungere un buon seguito su instagram, sente su di sé il peso di ciò che i suoi fan si aspettano da lui:
“Penso di essere conosciuto dai più perché faccio battute a sfondo sessuale. Perciò è quello che vogliono! A volte ho in mente una storia non porno e so già che qualcuno si lamenterà del fatto che “non c’è il cazzo” allora mi vene voglia di spaccare il cellulare dal nervoso! Quindi capita che a volte mi venga in mente una storia che poi decido di non disegnare perché è troppo insipida.” spiega Chiole che poi precisa: “se la storia mi piace e voglio comunicarla, non mi interessa troppo delle critiche. E’ sempre meglio sorprendere e se pure tocchi argomenti comuni, cercare di sorprendere anche in quel caso.”.
Le dinamiche del mondo online spingono molti autori, in particolare gli indipendenti, di fronte ad un conflitto dì interessi tra quelli che sono i loro obiettivi principali: maturare artisticamente ed accrescere il proprio seguito. Vi è infatti il rischio che, per raggiungere un maggior numero di persone e per portare le proprie opere a circolare in rete, il fumettista possa dedicare meno tempo al proprio estro e alla ricerca della sua identità artistica, perdendo di vista il proprio ruolo di creatore di contenuti: Zuzu, ad esempio, racconta di essersi preoccupata di come accrescere il suo seguito ma col tempo ha realizzato che si trattava di una fase che non racchiudeva l’essenza del proprio lavoro:
“All’inizio ragionavo in termini di algoritmo pensando “questo social ha bisogno di contenuti altrimenti scompari e il profilo non cresce”. Quindi pensavo di fare un disegno al giorno ma poi mi sono detta “che cazzo sto facendo?” Il mio lavoro non è crescere su Instagram ma creare contenuti. E’ stato un momento in cui ho sopravvalutato il potere del social perché ok, ti porta lavoro e visibilità ma prima o poi anche Instagram lascerà il posto in favore di qualcos’altro.”
Dare troppo peso al giudizio della piazza virtuale può essere controproducente: ciò che ha successo sulla rete non è detto che abbia la stessa fortuna anche sul cartaceo; questo è dovuto al fatto che l’esperienza di lettura avviene in contesti diversi e su supporti diversi. Quando leggiamo un fumetto su Instagram abbiamo un tipo di attenzione diversa rispetto a quando siamo sul divano con un libro. I meccanismi di pensiero e il ritmo di fruizione dei contenuti sui social influenza in qualche modo il nostro stesso modo di pensare e si riversa anche nel lavoro di chi fa fumetti. È il motivo per cui tra i webcomic, sui social in particolare, si è imposto principalmente un certo tipo di fumetto popolare, figlio delle “strip” pubblicate sui quotidiani, più immediate rispetto a storie lunghe che richiedono una lettura più approfondita. Risulta difficile pensare che la rete possa assumere il ruolo di unico giudice preliminare del lavoro di un creativo e a tal proposito Juta concorda:
“Non credo che la rete sia un buon giudice, cioè, è un buon giudice per se stessa, sui social funzionano cose che funzionano sui social. Credo che molte opere riuscite siano invece nate in contesti in cui qualcuno le ha sapute selezionare, per creare connessioni e farle crescere (magari anche online) ma senza dover continuamente scontrarsi con l’immediato riconoscimento del pubblico. non credo ci sia niente che bisogna fare, se non sperimentare e fare delle cose sincere”
È proprio sull’esperienza di lettura e sui supporti fisici che si vanno a stabilire dunque i diversi scenari che si prospettano nel futuro del fumetto cartaceo e digitale e di come cambierà l’identità dell’uno e dell’altra.
Il futuro del fumetto
In conclusione, è presumibile che il web in futuro diventi una risorsa di ingressi relativamente stabile per un fumettista grazie a piattaforme come Patreon o grazie alle campagne di autofinanziamento su siti di crowdfounding e serva, al contempo, da palestra a tutti gli autori emergenti che vorranno pubblicare i propri lavori online sui blog, sui social, usando siti antologici come mammaiuto.it e Wilder o su vere e proprie case editrici nate per il web, come Shockdom, che stamperanno solo i titoli maggiormente richiesti. La visione di Zuzu volge verso una sempre maggiore differenziazione tra fumetto cartaceo e digitale:
“Secondo me il fumetto sul web non rimpiazzerà mai il fumetto cartaceo, sono due esperienze diverse. Penso sia più realistico pensare ad una coesistenza. Sono due esperienze di lettura diverse che come tali hanno luoghi di accesso differenti a tipi di pubblico diversi.”
Il cartaceo insomma non sembra destinato a un’imminente dipartita, anzi; il fatto che i tre fumettisti che hanno partecipato a questo articolo siano attualmente al lavoro su un libro, testimonia l’importanza che ancora riveste la carta non solo in termini di guadagno ma anche in veste di coronamento del percorso artistico di un autore di fumetti, il cui successo, a prescindere dalla vetrina e dalla strategia di marketing adottata, sarà sempre frutto della qualità del suo lavoro e di quella delle storie che ancora devono essere raccontate.
Illustrazione di Juta
Articolo di Cristiano Bellisario e Saverio Maria Lacerenza