Intervista a Mimmo Lucano

Il sindaco dell’accoglienza che ha spaccato l’Italia

30/09/2021

L’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato giudicato colpevole dal tribunale di Locri ed è stato condannato a 13 anni e due mesi di reclusione. E’ quasi il doppio dei 7 anni e 11 mesi chiesti dall’accusa. I reati sono favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e altri illeciti legati a progetti di accoglienza e raccolta rifiuti. Secondo l’Ansa, i difensori di Lucano hanno già annunciato che faranno ricorso in appello. Nel gennaio del 2019 Scomodo ha intervistato Mimmo Lucano, in un contesto politico radicalmente diverso e nel pieno del suo processo. Qui di seguito, l’intervista originale.

“Non sono un esperto di politica dell’immigrazione, mi sono interessato di altre cose nella vita e in ogni caso quello che dico è perché ho vissuto l’esperienza in maniera diretta, ma non mi reputo un esperto.

Anche dopo tanti anni, da quando nel 1996 ho cominciato ad interessarmi di questi argomenti, ho ancora tantissime cose da imparare e so una minima parte di quello che potrei sapere. Comunque, quando si tratta di dare anche dei riferimenti rispetto a come la penso o non la penso, sono convinto di non avere la verità in tasca. Ho tanti dubbi e tante perplessità, perciò non mi arrogo certamente la presunzione di dire la verità. Questo è soltanto il mio punto di vista.

Inizialmente non partecipavo agli aspetti legati alle politiche dell’immigrazione, ma ero unicamente interessato a capire come eliminare i luoghi comuni della realtà del Sud Italiano, nel mio caso di Riace, dove spesso è solito additare responsabilità ad altri (come allo Stato o alla Regione) o dove spesso si percepisce un clima di arrendevolezza. Viviamo in una realtà di forte rassegnazione sociale e di condizionamento da parte delle famiglie di mafia. Il mio interesse era come riuscire ad immaginare delle istanze di riscatto per non mandare via i giovani, per un futuro possibile.

Ho partecipato ad una competizione delle politiche locali per il comune di Riace nel ‘95 insieme ad una lista. Tutti eravamo della sinistra extraparlamentare e abbiamo preso pochissimi voti. Nel ‘97 sono rimasto ad avere un impegno nel mio territorio quasi in silenzio, con poche persone che mi sostenevano. Poi c’è stato uno sbarco. Quello sbarco era uno dei primi che si verificavano sulle coste calabresi. I profughi provenivano dall’area medio orientale, soprattutto dal Kurdistan. Era il 1 luglio ’98 e decisi di coinvolgere anche la mia terra.

Ho fondato insieme ad altre cinque persone un’associazione che si chiama Città Futura, ispirata a Tommaso Campanella, un frate domenicano che aveva scritto “La città del sole”, un luogo di utopie, perché vicino a Riace c’è Stilo, il paese natale di Campanella. Nel ’99 abbiamo partecipato ad una nuova competizione elettorale per il comune di Riace. Nel 2001 c’è stata in Italia, rispetto a quello che era accaduto a Riace, la prima sperimentazione sulle politiche dell’accoglienza a livello nazionale. Il PNA, programma nazionale asilo. Si trattava di un sistema nazionale dell’accoglienza coordinato a livello centrale e con tutti i piccoli comuni che facevano da seconda accoglienza.

Utilizzando le case abbandonate del centro storico per l’effetto dell’emigrazione, abbiamo costruito a Riace il nostro centro d’accoglienza e i curdi sono stati ospitati nelle case, disabitate da circa cinquant’anni, che i nostri emigrati sparsi per il mondo hanno reso disponibili senza pretendere nulla in cambio. Nel 2001 solo i tre comuni calabresi di Riace, Badolato e l’Isola di Capo Rizzuto hanno aderito al bando del ministero degli Interni.

Nel 2004, abbiamo creato un’altra lista che si chiamava “Un’altra Riace è possibile” ispirata anche al Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, nato qualche anno prima. Così sono diventato sindaco per la prima volta.

Da allora ad oggi, Riace non è stata solo legata al PNA – che con il decreto legge 189 ha cambiato nome in Sprar – e agli altri progetti della prefettura riguardo a queste attività emergenziali di accoglienza, ma è stata soprattutto una spiaggia di sbarchi, proprio perché si sapeva che le persone non sarebbero state abbandonate.

Quando qualcuno mi chiede quale sia in tutti questi anni l’opera più bella che io abbia mai potuto fare come sindaco, nonostante io mi sia occupato anche di altri temi come la riqualificazione della periferia o la battaglia alla criminalità, rispondo che è un’opera che non si vede, immateriale: avere accolto persone che fuggono dalle guerre e dai drammi dell’umanità in un periodo in cui prevalgono porti chiusi, dove prevale una dimensione disumana della società.”

Così si è presentato alla redazione di Scomodo Mimmo Lucano, sindaco con poteri sospesi di Riace, in Calabria.
Negli ultimi anni il paese calabrese è diventato un simbolo dell’accoglienza a livello internazionale, tanto che nel 2016 la rivista statunitense Fortune inserisce Mimmo Lucano tra le 50 persone più influenti del mondo. Ma nell’ottobre del 2017 cambia qualcosa. Lucano riceve un avviso di garanzia per truffa aggravata, concussione e abuso d’ufficio e nei mesi a seguire il modello Riace viene esaminato in ogni dettaglio. Le accuse più gravi a carico del sindaco, tra cui associazione a delinquere, truffa e concussione non trovano seguito e decadono.

Rimane però accusato di due reati. Il primo è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina attraverso l’organizzazione di un matrimonio “di convenienza” tra un’immigrata nigeriana e un cittadino italiano. Il secondo è affidamento fraudolento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti a due cooperative della zona. Oggi Mimmo Lucano ha l’obbligo di non entrare a Riace come misura cautelare.
Ha accettato di rispondere a qualche domanda da parte della redazione di Scomodo.

Mimmo Lucano, Riace e il modello Sprar

Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) è un programma di seconda accoglienza diffuso su tutto il territorio italiano che nasce dalla collaborazione tra il Ministero dell’Interno e gli enti locali. Nasce a cavallo tra il 2000 e il 2001 sotto il nome di Programma Nazionale Asilo, frutto di un Protocollo di Intesa tra il Ministero dell’Interno, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI). Nel 2002 con la legge Bossi-Fini queste misure di accoglienza vengono inserite e regolamentate nel nuovo sistema Sprar.

In sostanza, questo prevedeva che agli immigrati venissero assegnati gli appartamenti sfitti dei comuni italiani spopolati e che venissero poi inseriti in diversi programmi di integrazione locale, come corsi di italiano, attività utili alla comunità e tirocini per l’inserimento lavorativo. Spesso, questo comportava una ripresa dell’economia locale e per questo lo Sprar era considerato come “il fiore all’occhiello” dell’accoglienza italiana.

Il 9 ottobre dello scorso anno il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno ha disposto la chiusura dello Sprar di Riace e ha ordinato il trasferimento di tutti gli immigrati che facevano parte del programma di accoglienza nel comune calabrese. Le accuse sono tutte di carattere amministrativo, come la mancata rendicontazione delle spese rispetto ai servizi erogati.
A meno di due mesi di distanza, con il decreto sicurezza diventato legge il 29 novembre scorso, l’intero programma Sprar viene sostituito dal “Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati”. Vengono quindi esclusi i richiedenti asilo e il sistema di accoglienza diffuso viene dedicato esclusivamente ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati.

Lo Sprar era considerato come uno dei pochi esempi di integrazione ben riuscita. Il Ministro dell’Interno – appoggiato da gran parte degli italiani – ha da poco approvato un decreto che va a ridurre e limitare il ruolo di questo sistema. Come mai questo dietrofront?

Riace dimostra nella sua dimensione plastica che l’intero teorema di Salvini secondo il quale immigrazione, rapporti umani e rispetto significhino rabbia, paura e terrore, invasione ed emergenza, in realtà non esiste. L’arrivo delle persone non solo non aveva costituito un danneggiamento, ma addirittura aveva permesso di ricostruire una piccola comunità globale.
Negli ultimi due anni ho riscontrato molti problemi, come se questa esperienza dovesse essere impedita. La chiusura dello Sprar a Riace è stato un fatto quasi scientifico. Hanno voluto denigrare anche cose che per tanti anni sono state eccellenze, come i progetti d’integrazione in un territorio difficile, da cui la gente continua ad andare via. Addirittura sono state trasformate in negatività e cose da ostacolare. La chiusura a Riace non è stato che l’anticipo dell’intenzione di questo governo, che ha tra gli obiettivi quello di scardinare qualsiasi attività legata all’accoglienza dei rifugiati.

Quindi ora Riace è effettivamente fuori dal programma Sprar?

Si. Ad ottobre è stato chiuso lo Sprar di Riace, ma con il decreto sicurezza è stato comunque fortemente limitato in tutta Italia. E’ inutile che le varie organizzazioni provino ad ogni costo a tenerlo in piedi perché la volontà del governo è quella di demolirlo. Non c’è più posto per i richiedenti asilo, non c’è più posto per i titolari di protezione umanitaria, chi ci deve andare negli Sprar? Una volScomodo Gennaio 2019 19 “Riace dimostra che l’intero teorema di Salvini secondo il quale immigrazione, rapporti umani e rispetto significhino rabbia, paura e terrore, in realtà non esiste”. ta che non ci sono più nuovi arrivi, il sistema è obbligato a chiudere. Ovviamente all’interno dello Sprar c’erano anche diverse contraddizioni, tante cose discutibili, però era almeno un’idea di programmazione. La cosa drammatica è che a San Ferdinando, a 50km da Riace, c’è una tendopoli che è al limite della decenza umana con pessime condizioni abitative. Un ghetto in cui è morta bruciata una persona, e in cui un altro ragazzo è stato ammazzato mentre cercava di riparare la propria capanna con delle lamiere. E nel decreto sicurezza c’è pure la legittima difesa. Lì a San Ferdinando c’è un controllo delle famiglie mafiose della piana su tutta la filiera della raccolta degli agrumi, del caporalato. Le conseguenze sono ovviamente un grande sfruttamento e alla mancanza di diritti sindacali. Il governo non sta facendo nulla per interrompere quella situazione di degrado.

Ciò a cui si riferisce Lucano sono due episodi tragici, avvenuti entrambi a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, che hanno portato una preoccupazione generale in Italia nei confronti delle persone che vivono in una tendopoli nella zona industriale del comune di San Ferdinando, situato nella piana di Gioia Tauro. I problemi effettivi che determinano la pericolosità di quest’ambiente, occupato ormai da circa 3.000 persone, sono le pessime condizioni igieniche e le scarse risorse alimentari, ma anche la precarietà degli extracomunitari nella raccolta degli agrumi nella piana di Gioia Tauro che si svolge solitamente in un determinato arco di tempo. Nella notte tra il 2 ed il 3 dicembre dell’anno scorso, un giovane migrante proveniente dal Gambia è morto carbonizzato da una deflagrazione del fuoco acceso per poter sopportare il freddo della notte. Secondo le indagini, il diciottenne dormiva in una baracca di plastica non dotata di lamiere, che sono le uniche protezioni a disposizione contro gli incendi piuttosto frequenti. L’ultimo rogo risale al 1 gennaio e ha distrutto diversi alloggi.
Ed è proprio a causa della necessità di coprire le proprie tende con delle lamiere che il 2 giugno dello scorso anno nei pressi di San Calogero (a 20 chilometri da San Ferdinando) è stato ammazzato Soumayla Sacko, sindacalista dell’Usb. Stava cercando delle vecchie lamiere e altri materiali utili in una vecchia fabbrica sequestrata insieme ad altri due amici quando un uomo è sceso da una macchina e ha iniziato a sparargli addosso, uccidendolo. Tutti e tre i ragazzi vivevano nella tendopoli di San Ferdinando.

Ora a Riace cosa sta succedendo?

Per ora ho l’obbligo di non andare a Riace. Comunque abbiamo cercato di far ritornare l’accoglienza come allo stato iniziale, un processo spontaneo. Sono convinto che è possibile ricominciare come avevamo iniziato. E le cantine e le botteghe del borgo saranno di nuovo laboratori pieni di attività. In questi giorni è nata una fondazione. Ma la speranza più grande è quella di ritrovare gli entusiasmi di un tempo.

Politica

Le accuse nei confronti di Lucano hanno causato dure reazioni da molti esponenti politici appartenenti a diversi partiti di centro-sinistra, tra tweet e dichiarazioni alla stampa. Primi fra tutti Maurizio Martina e Nicola Zingaretti, entrambi candidati alle primarie del Partito Democratico. Numerosi giornalisti e intellettuali si sono schierati a sostegno del sindaco riacense e della sua battaglia legale. E’ diventato famoso il titolo di un articolo di Roberto Saviano su La Repubblica, “Il sindaco di Riace Domenico Lucano è stato arrestato per un peccato di umanità”. La battaglia legale di Lucano è stata una delle poche occasioni in cui un fronte di sinistra che finora era stato – e continua ad essere – altamente frammentato tra correnti politiche e conflitti interni si è dimostrato unito e compatto.

La risposta agli ultimi anni di politica di sinistra e accoglienza in Italia è stata una netta chiusura mentale e una politica fondata sull’odio. Può essere allora che la sinistra e il PD in particolare abbiano sbagliato qualcosa?

L’esperienza di governo, con Minniti come Ministro dell’Interno, non ha fatto altro che spianare un’autostrada per favorire il governo attuale. Ciò che mi posso immaginare, siccome conosco l’ex Ministro degli Interni che per tanti anni ha fatto politica in Calabria, è che prima delle elezioni del 4 Marzo i sondaggi andassero male e quindi volevano recuperare. Ma così di fatto si è creata un’industria della paura, anche attraverso un forte bombardamento mediatico. Salvini è riuscito a intercettare una necessità della popolazione video-dipendente ed è stato fatto passare il messaggio che qualsiasi problema della società è colpa degli immigrati. La Lega ha costruito odio, ha formato persone che odiano altre persone. Con il berlusconismo era successa una cosa simile: la propaganda televisiva aveva creato un grande degrado, anche 20 Scomodo Gennaio 2019 “Hanno voluto denigrare anche cose che per tanti anni sono state eccellenze, come i progetti d’integrazione in un ter- ritorio difficile.” morale, in una deriva consumistica in cui tutto sembrava un mercato.

Il governo precedente a quello attuale quindi non si può rappresentare come un’idea di sinistra. L’esperienza di Riace è stata possibile perché è rimasta coerente al sogno da cui è nata. La sinistra ha perso la capacità di sognare l’uguaglianza sociale. Che è una cosa fondamentale anche per la creazione di rapporti umani nella normalità, in cui nessuno è secondario ad un altro. Per come ho vissuto io l’esperienza di Riace, penso che i rifugiati siano i nuovi proletari, la nuova classe operaia. L’attenzione che abbiamo avuto a creare insieme a loro l’idea del riscatto sociale, intrecciando delle storie locali con qualcosa di più grande e globale, è la vera dimensione politica etica e sociale della sinistra.

Come ha affermato Lucano, l’esperienza di governo del PD si è sempre più spostata su una politica lontana dagli ideali fondamentali della sinistra che ha favorito la diffusione di odio e intolleranza. Ne è un esempio l’impresa diplomatica di Minniti nel febbraio del 2017, quando il governo italiano e quello libico firmarono un accordo per fermare le partenze dei migranti irregolari dalle coste di Tripoli. Il risultato fu un aumento vertiginoso delle “persone intrappolate nella miseria, costrette a subire torture, arresti arbitrari, estorsioni e condizioni di detenzione inimmaginabili nei centri diretti dalle autorità libiche”, come ha dichiarato il 1 febbraio 2018 Iverna McGowan, direttrice dell’ufficio di Amnesty International presso le Istituzioni europee. Il 3 febbraio del 2017, due giorni dopo l’approvazione dell’accordo Italia-Libia, i 28 leader dei paesi europei hanno adottato la “Dichiarazione di Malta” sull’immigrazione, in cui si sostiene e supporta l’attuazione dell’accordo.

Negli ultimi anni si è diffuso in Italia e in tutta Europa un sentimento di intolleranza verso l’accoglienza e gli immigrati. Da dove nasce questo sentimento?

Alcuni fenomeni sociali sembra che non abbiano alcuna spiegazione. Negli ultimi dieci-quindici anni c’è stata una perdita dei valori collettivi. Si è persa anche l’idea di un’Europa solidale che doveva venire dall’adottamento della moneta unica. Di fatto è stata solo una falsa promessa: ogni stato ha alzato barriere, scaricato responsabilità, costruito nazionalismi. Da quel sogno che doveva essere la caduta del muro di Berlino, in realtà c’è stata una regressione.

E in Italia? Com’è possibile che questo sentimento si sia diffuso anche al Sud, terra storicamente d’emigrazione?

Anche ciò che è successo in Italia è difficile da spiegare. Un movimento politico che fonda la sua ragion di essere solo sull’odio verso qualcosa. Inizialmente era un movimento separatista che voleva separare il sud dal nord. “Roma ladrona”, “Padania libera”, c’era un’avversione contro il sud Italia. Esiste una vera propria letteratura che racconta l’umiliazione che subivano i “terroni” che andavano a lavorare nel Nord Italia. Non abbiamo mai avuto una considerazione come esseri umani. Finisce quell’epoca e inizia l’avversione contro gli stranieri. “I neri che vengono per prenderci il lavoro”. Si diffonde un’ideologia razziale, “prima gli italiani”. Quando dicono “io parlo per gli italiani”, è qualcosa di orribile. Nonostante ciò che dice Salvini, ho la presunzione di dire che la Calabria la conosco meglio di lui, perché l’ho vissuta in prima linea. Ho fatto per 15 anni il sindaco in uno dei territori più depressi, più condizionati dalla criminalità organizzata. Conosco intere fasce di popolazione della mia regione. Salvini è stato eletto in Calabria, ma la cosa più preoccupante è che ha risvegliato la cultura di mafia. La stessa cultura a causa della quale molti nostri compagni hanno perso la vita. Mi riferisco a Giuseppe Valarioti, sindacalista della piana di Gioia Tauro, ucciso dalla ‘ndrangheta perchè si batteva per i diritti dei braccianti, quando ancora nessuno era straniero. Mi riferisco al mugnaio Rocco Gatto, ucciso perché tenne aperto il suo mulino in un giorno di lutto cittadino indetto dalla mafia. Mi riferisco a don Pino Puglisi, a Pio la Torre, a Peppino Impastato. C’è tutta una parte di opposizione alle mafie che appartiene alla storia della vera sinistra, quella che mirava a una società di uguaglianza. Quando ero sindaco una volta subii un’interrogazione da parte della minoranza di destra che mi incolpò di aver dato ad alcune vie nomi di protagonisti della lotta alla mafia appartenenti soltanto alla cultura politica della sinistra. Allora chiesi al prefetto di farmi dare dei nomi di uomini di destra che si sono battuti contro le mafie. Lui mi rispose “Eh, bella domanda”.

Amministrazioni locali

Negli ultimi mesi diverse vicende, pur riguardando amministrazioni locali, sono state capaci di smuovere una gran parte di mobilitazioni a livello nazionale. Ne è un esempio ciò che è successo a Lodi lo scorso settembre. La giunta leghista aveva approvato un regolamento che chiedeva alle famiglie straniere di presentare un certificato emesso dal Paese d’origine per attestare l’assenza di beni immobiliari. Senza questo documento – in molti casi quasi impossibile da ottenere se si tratta di paesi in situazioni di guerra o di crisi profonda – non era possibile accedere alle tariffe agevolate per la mensa scolastica o per il trasporto in bus. Pochi giorni dopo l’approvazione di questo regolamento nasce il “Coordinamento Uguali Doveri” e da inizio a una campagna di crowdfunding per pagare la mensa ai ragazzi stranieri. In pochi giorni vengono raggiunti più di 100.000 euro, con donazioni da tutta Italia. Mentre si conclude la campagna di Uguali Doveri, scoppia la polemica di Riace. Il 5 ottobre oltre cinquemila persone si radunano in corteo sotto la casa di Mimmo Lucano per mostrare sostegno al sindaco calabrese. Secondo La Repubblica e altre testate giornalistiche, al corteo partecipano comitati, associazioni come Articolo 21 e Arci, sindacati tra cui Usb, Cobas e Cgil, i partiti Potere al Popolo e Rifondazione Comunista, comitati e associazioni studentesche, ong locali e nazionali, i rifugiati di Riace e dei paesi vicini e l’ex presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini.

Di fatto le amministrazioni locali sono riuscite a influenzare la politica nazionale più di quanto abbiano fatto le forze di opposizione in parlamento. Può essere che quello delle realtà locali sia il fulcro da dove può nascere una nuova forma di opposizione?

Questi sono stati eventi simbolici. Ma non credo che riusciranno a sopprimere la voglia che è in ognuno di noi di rimanere indifferenti o di rassegnarci dicendo “tanto ormai…”. In realtà tutto dipende da noi. Se non nasce una nuova coscienza, una nuova capacità di leggere la storia, un nuovo senso critico, non ci può essere alcun futuro. E anche la scuola può avere un ruolo fondamentale in tutto questo.

Nel dicembre dello scorso anno il sindaco di Napoli Luigi de Magistris si scaglia contro il decreto sicurezza di Salvini, approvato qualche giorno prima. E dichiara che il decreto non sarà applicato nella sua città. Viene seguito a distanza di qualche mese anche dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando e da molti altri comuni italiani. Affianco ai comuni si schierano anche diverse regioni italiane minacciando di fare ricorso alla Corte Costituzionale per esaminare il decreto sicurezza (cosa che i sindaci non hanno il potere di fare, al contrario dei presidenti regionali). L’unica finora ad aver effettivamente fatto ricorso è la Toscana.
Ad oggi però il decreto sicurezza non ha subito alcuna modifica. Il 14 gennaio una delegazione dell’Associazione nazionale dei comuni d’Italia è stata ricevuta a Palazzo Chigi: la dichiarazione dell’Anci riportata sul sito di RaiNews è “Nessun cambiamento ma siamo soddisfatti”.

Negli ultimi giorni tanti sindaci si sono espressi contro il ddl sicurezza in una sorta di disobbedienza civile. Molte regioni hanno fatto – o minacciano di fare – ricorso alla Corte Costituzionale per opporsi al decreto sicurezza. Cosa pensa di queste vicende?

E’ un fatto positivo. E’ importante opporsi alla legalità in nome di una giustizia così evidente. Non ci può essere una legalità che giustifica l’apartheid. Non ci può essere una legalità che giustifica i campi di concentramento e il nazismo. E non ci può essere neanche una legalità che giustifica il decreto sicurezza, perché così non vengono rispettati i diritti della Costituzione e in generale i diritti umani. Questa disobbedienza è giusta, ci vuole coraggio. Certo, si poteva fare prima.

Non c’è il rischio che una battaglia umanitaria si trasformi in una battaglia politica solo per ottenere più consenso tra gli elettori di sinistra?

Guarda, stai parlando con uno che non vorrebbe nemmeno candidarsi. Tanti mi dicono che dovrei candidarmi al parlamento europeo, ma non voglio. Preferisco incontrare e ospitare i ragazzi delle scuole a giugno a Riace piuttosto che partecipare le elezioni.

È ovvio che i principi che guidano la sua amministrazione a Riace siano in netto contrasto con quelli del governo attuale. Ma le accuse nei suoi confronti sono comunque di carattere legale: è accusato di non aver seguito la legge. Col senno di poi, non pensa forse di aver commesso delle leggerezze, seppur in buonafede, durante la sua amministrazione?

La risposta a questa domanda è già contenuta nelle risposte precedenti. Persone molto più importanti di me sono state condannate per aver disobbedito alla legge, come don Lorenzo Milani. Spero che tutto si chiarisca nel più breve tempo possibile. Ovviamente sono di parte, ma non voglio dire che ho per forza ragione. Per quanto riguarda gli appalti per la raccolta dei rifiuti, si tratta di un settore ad alto rischio di infiltrazioni criminali, soprattutto in Calabria. E l’accusa nei miei confronti è che alle due cooperative sociali a cui è stato assegnato l’appalto mancava il requisito dell’iscrizione all’albo delle cooperative regionali, che non è neanche operativo. Da tutto questo non ho guadagnato nulla, ho solo cercato di favorire le cooperative del luogo. Per quanto riguarda il favoreggiamento di immigrazione clandestina, penso sia molto più contro la legge dell’umanità che chi ha avuto grandi responsabilità di governo abbia voluto contrastare i flussi migratori stringendo accordi con i capiclan della Libia per aprire dei lager. Io ho celebrato un matrimonio, che in realtà era anche giusto. Se ho sbagliato, l’ho fatto per aiutare qualcuno che proveniva dai bassifondi del mondo a non ritornarci.

Articolo di Lucrezia Agliani, Francesco Paolo Savatteri