La seconda morte di Khashoggi

L'incontro tra Erdogan e Bin Salman è il trionfo della realpolitik

05/07/2022

La scomoda posizione nella guerra in Ucraina, le serie difficoltà economiche oltre alle mire egemoniche nella delicata regione mediorientale: sono queste alcune delle motivazioni che hanno portato Erdogan ad accogliere il principe ereditario saudita bin Salman in Turchia lo scorso 22 giugno, dimenticando così a distanza di 4 anni l’omicidio del giornalista dissidente saudita Khashoggi.

È il trionfo della realpolitik che vede la Turchia bisognosa di rimarginare ferite aperte con il paese già nel 2011 con la primavera araba. Erdogan non è l’unico ad aver “perdonato” in così poco tempo il principe saudita, tralasciando così ogni discorso sulle continue violazioni di diritti umani: Macron aveva già fatto visita a Bin Salman nel dicembre 2021. Dopo l’alleato egiziano Al Sisi, a luglio sarà la volta del presidente degli Stati Uniti Biden.

 

La vicenda di Khashoggi

A febbraio 2021, l’intelligence statuinitense aveva pubblicato la versione integrale dell’inchiesta della Cia sull’omicidio del giornalista, che attestava la chiara complicità di bin Salman nella vicenda. Un commando saudita, composto da diverse persone che facevano parte dell’entourage del principe, è volato a Istanbul con due jet privati di proprietà di una società controllata da bin Salman. Il gruppo di sicari ha sequestrato, assassinato e ucciso Khashoggi nel consolato saudita facendo a pezzi il suo corpo, che non è mai stato ritrovato. All’inizio il governo saudita ha mentito sull’omicidio, poi di fronte alle registrazioni e alle schiaccanti prove presentate, ha ammesso che Khashoggi era morto durante un arresto finito male, ma sottolineando che il principe ereditario fosse estraneo ai fatti. 

Il rapporto statunitense è seguito al lavoro di Agnès Callamard, relatrice speciale dell’Onu sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, che dopo sei mesi di indagini ha concluso che l’Arabia Saudita è stata coinvolta nell’“esecuzione intenzionale e premeditata” di Khashoggi.

 

Le tappe verso l’impunità e le motivazioni del disgelo

Nel 2018 il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan aveva più volte ribadito che la Turchia interpretasse “la coscienza internazionale” in quella vicenda, aggiungendo che l’ordine di commettere un omicidio politico sul suolo turco era arrivato “dalle più alte sfere” del potere saudita. Nonostante ciò, dopo 4 anni con una stretta di mano e accordi economici in vista Erdogan neutralizza la già allora precaria natura di quelle dichiarazioni. La stessa Turchia non è affatto paladina della tutela dei diritti umani, ancor più se si parla di libertà di stampa: è al 149esimo posto su 180 nell’ultimo rapporto di Reporter Senza Frontiere con 9 giornalisti ora in arresto; 16 posizioni sopra l’Arabia Saudita che si colloca al 166esimo posto, con 26 giornalisti attualmente in carcere.

Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan nella capitale turca, Ankara, segnando un’altra tappa verso la rimarginazione di varie ferite aperte tra le due principale forze mediorientali la cui rivalità si è manifestata attraverso questioni che vanno dalla Libia e dall’Egitto al Golfo Persico. Con la moneta turca in caduta libera, un’inflazione che tocca il 55% e un disperato bisogno di investimenti, Erdogan ha aperto la porta a migliori relazioni con l’Arabia Saudita già ad aprile –  per la prima volta dopo il 2018 – durante un viaggio nel regno del Golfo Persico. Nello stesso perido, la giustizia turca ha messo fine al processo in contumacia contro i 26 sauditi accusati dell’omicidio, approvando il trasferimento del processo Khashoggi in Arabia Saudita. 

Un così rapido riavvicinamento è anche figlio dell’attuale crisi internazionale: la Turchia si affida alla Russia per gran parte del suo gas naturale ma allo stesso tempo è molto legata anche all’Ucraina (ne avevamo parlato qui). La già grave crisi economica del paese sarebbe notevolmente acuita se dovesse tagliare definitivamente le importazioni di energia da Mosca, come hanno fatto altri alleati degli Stati Uniti. L’Arabia Saudita, dal canto suo, approfitta della guerra in Ucraina e dell’aumento dei prezzi degli idrocarburi, registrando quasi il 10 % di crescita nel primo trimestre dell’anno. È insieme alla stessa Russia uno principali produttori mondiali di petrolio, quindi la Turchia non può permettersi un rapporto in declino con entrambi. La Turchia e l’Arabia Saudita, nel recente passato, hanno a lungo gareggiato per il dominio dei paesi musulmani sunniti del Medio Oriente.

Il Partito della Giustizia e lo Sviluppo (in turco AKP) di Erdogan è nato dai Fratelli Musulmani, un movimento islamista con un vasto seguito. I sauditi considerano la Fratellanza come un’organizzazione terroristica. Le rivolte della primavera araba che si sono diffuse in tutto il Medio Oriente, a partire dal 2011, hanno contribuito a stabilire la Fratellanza come forza politica organizzata in paesi come l’Egitto. Il governo saudita ha più volte cercato di sovvertire le rivolte, individuate come una minaccia diretta al suo dominio nella regione. Il dazio da pagare per la riconciliazione di vecchi attriti è stato dunque l’insabbiamento dell’omicidio Khashoggi, che sembra essere stata la condizione minima per riportare i due paesi al dialogo.

Il disgelo delle relazioni di Erdogan con l’Arabia Saudita ha attirato critiche da parte di oppositori politici e attivisti per i diritti in casa turca, che hanno denunciato il riavvicinamento come una “svendita morale”. Hatice Cengiz, fidanzata di Khashoggi al momento della sua morte, ha dichiarato su Twitter che “la legittimità politica” che il principe Mohammed sta acquisendo, di fatto, attraverso i suoi recenti incontri con i leader mondiali non avrebbe “cambiato il fatto che è un assassino”. “Nessun crimine deve rimanere impunito” ha ribadito concludendo che la battaglia per fare giustizia continuerà anche contro ogni “impegno diplomatico”. 

Anche il leader del principale partito di opposizione turco, il Partito repubblicano del popolo, ha denunciato la visita in una dichiarazione televisiva ai membri del Parlamento: “State rovinando la reputazione della Turchia”, ha detto Kemal Kilicdaroglu, leader dell’opposizione, rivolgendosi a Erdogan. “Il leader della Repubblica di Turchia abbraccerà l’uomo che ha ordinato l’uccisione”.

 

L’effetto domino del “perdono” per bin Salman

L’incontro in Turchia è una tappa per il principe Mohammed in un tour in cui sta incontrando i leader dei paesi di tutta la regione, compresi quelli in Giordania ed Egitto, e cercando di porre fine a un periodo di isolamento internazionale. Durante una precedente tappa in Egitto, in cui il principe e il presidente Abdel Fattah el-Sisi hanno discusso di cooperazione regionale, bin Salman ha firmato 14 accordi di investimento per un valore di 7,7 miliardi di dollari in settori quali tecnologia, energia, cibo, prodotti farmaceutici e media.

La visita in Turchia avviene poco prima che il principe Mohammed si incontri nella capitale saudita, Riyadh, con il presidente Biden, che sarà per la prima volta in Medio Oriente dal 13 al 16 luglio. Anche per Biden sarà un’occasione per collocare nel dimenticatoio le dichiarazioni in merito all’omicidio Kashoggi di cui era stato protagonista in campagna elettorale, dove promise di fare dell’Arabia Saudita “un pariah”. Lo stesso Khashoggi aveva un passaporto statunitense e scriveva per il Washington Post. 

È così che una spedizione nata in origine “per riportare i diritti umani in cima all’agenda statunitense” appare ancor prima di concretizzarsi già un fallimento. Pronta la denuncia di 13 organizzazioni dei diritti umani operanti nella regione che hanno rivolto una lettera aperta al presidente degli Stati Uniti per allertarlo delle gravi violazioni in atto all’interno del paese. Biden però, che ha annunciato un divieto di petrolio e gas naturale russo in risposta all’invasione dell’Ucraina, sta compiendo numerosi sforzi per riallacciare le relazioni con l’Arabia Saudita e puntare ad un aumento della produzione di petrolio del regno così da stabilizzare l’aumento dei prezzi del gas.

Il presidente americano non è l’unico ad aver cambiato idea sulle politiche del principe saudita: Macron a dicembre 2021 è stato il primo capo di stato occidentale a fargli visita dando il via al processo di reintegro nel circuito politico internazionale di bin Salman, che in Italia invece vanta l’ormai nota relazione con l’ex premier e leader di Italia Viva Matteo Renzi.

Articolo di Andrea Carcuro