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La Caserma e la crisi della televisione generalista
Dopo il successo de Il Collegio la Rai cerca di bissare con La Caserma, ma i TikTokers in divisa non fanno più share.
I giovani disertano la tv generalista, un fatto confermato anche da un’indagine condotta da Studio Frasi sulla base dei dati Auditel. Lo studio parla di una media giornaliera di quattrocento minuti davanti al televisore per gli anziani contro i cento degli adolescenti. Parla anche di 2,8 milioni di italiani, dai 18 ai 40 anni, che se accendono la televisione sulle prime serate, ci rimangono per un massimo di mezz’ora, prima di trasferirsi su altre piattaforme di intrattenimento.
La crisi della Tv
La fruizione dei contenuti è decisamente cambiata e una persona giovane che va dai 15 ai 30 anni, a cui è difficile imporre un palinsesto con fasce orarie e giornaliere, ha acquisito una sua indipendenza nel scegliere i contenuti, nel decidere quando, dove e cosa vedere. Non è più l’epoca della carramba di Raffaella Carrà, del quizzone di Mike Bongiorno, come Lascia o raddoppia?, che per il giornalista Vittorio Veltroni, padre di Walter, segnava la nascita della Tv italiana e al contempo la nascita di un Paese, “carico di sogni, di speranze, di buone intenzioni”. La nostalgia che si può provare nei confronti della televisione del passato non ci può di certo appartenere per ragioni anagrafiche. Tuttavia, la recente trasmissione russa condotta da Ivan Urgant la notte di capodanno, Ciao 2020!, che omaggia la televisione italiana degli anni ’80, in particolare Drive In e Popcorn, baluardi dello stravolgimento contenutistico di Mediaset in chiave parodistica e grottesca, ci fa capire quanto in Paesi come la Russia sia forte l’affetto, seppur in questo caso in chiave canzonatoria, nei confronti della nostra televisione e del nostro panorama musicale pop. Pertanto, nonostante l’atmosfera leggera e briosa di Drive In non aleggi più sui nostri palinsesti, vogliamo mostrare il nostro affetto alla cara televisione generalista nazionale, analizzandone i contenuti, bassi o alti che siano, RAI o Mediaset, assolutamente bipartisan. Forse persino La7.
La Caserma
In Italia la televisione generalista non è più vista come approdo finale, bensì come mezzo per arrivare a diventare influencer, e quindi sbarcare in pompa magna sui social, a meno che influencer non lo si sia già. Come nel caso de La Caserma, la nuova fatica di Rai 2, sequel spirituale de Il Collegio. Un gruppo di ragazzi di età compresa tra i 18 e i 23 anni, appartenenti alla cosiddetta generazione Z, si trasformano in reclute, trasferendosi temporaneamente all’interno di una caserma militare situata a Levico Terme in provincia di Trento, costretti a rispettarne le regole e a seguire, almeno in parte, i dettami del codice di comportamento militare. I concorrenti sono TikToker, studenti, insegnanti di Yoga e attiviste LGBTQ+. Tutti con il presunto obiettivo di avere una formazione di tipo militare, o comunque un’infarinatura generale. L’atmosfera che si respira nel reality, che essendo basato molto sul montaggio risulta più fiction che reale, è quella di un campo scuola, di una scolaresca abbastanza attempata, dove tutto è spesso giocato sul contrasto tra il rigore dogmatico degli istruttori e la goliardica sfacciataggine di alcuni dei concorrenti. È un reality abbastanza anomalo, dove il senso di realtà delle vicende viene meno, si presenta come una sorta di versione teen e sentimentale di Noi uomini duri, il film di Maurizio Ponzi del ’87 con Montesano e Pozzetto. Appare come abbastanza inutile, vista soprattutto la mancanza di una finalità nel programma, che se nel Grande Fratello è rappresentata dal diventare famosi, ad Amici è quello di sfondare nella musica, la Caserma invece sembra più un connubio tra quella che è la storica funzione della Rai di veicolare contenuti culturali ed educativi (in questo caso in piccolissima parte, grazie all’intervento di Aldo Cazzullo con le sue brevi lezioni di storia) e la forma reality. Come se la trasmissione fosse un pretesto per andare a scovare nel subconscio di chi guarda quel senso di patriottismo che non c’è mai stato.
Difatti quando si tratta di cantare l’inno di Mameli, e saperlo a memoria, alcuni ragazzi increduli domandano se è lo stesso inno dei Mondiali. Il programma è basato sul format britannico Led’s Army, andato in onda dal 2002 al 2006, in un paese dove l’immaginario bellico è ben più vario e sentito rispetto al nostro. Proprio il tema della compattezza e dell’unità nazionale è riportato dal professor Cazzullo nel parlare della prima guerra mondiale, evento che sarebbe andato a creare un senso di unità nazionale che fino a quel momento non esisteva, in un’Italia, intesa come nazione solo dal punto di vista geografico, ma disgregata dal punto di vista culturale ed economico. Coincidenza forse voluta, in riferimento alla grande guerra, è un anno di nascita, il 1899, la generazione nata in quell’anno che fu mandata a morire nelle trincee. Un secolo dopo nascono alcuni dei concorrenti de La Caserma. C’è una sorta di legame spirituale tra queste due generazioni, sancito dalle parole dell’ex “collegino” George Ciupilan: “È grazie al culo che si sono fatti loro che adesso noi siamo qua”. Alla quarta puntata del programma, con un netto calo dello share dal quasi 10% della prima puntata, i dati Auditel parlano di 1.214.000 telespettatori con il 5,30% di share. Il tentativo da parte della Rai di bissare il successo de Il Collegio sembra precario, per quanto il programma venga fruito principalmente sulla piattaforma di RaiPlay e per mezzo di brevi pillole su YouTube. Questa tipologia di fruizione “smart” dei contenuti del reality svilisce l’aspetto orizzontale della trasmissione, fondamentale per valorizzare il percorso di crescita che intraprendono i concorrenti, creando un handicap sul piano dell’immedesimazione da parte del giovane spettatore a cui il programma è rivolto, non proiettandolo nella dimensione in cui vivono i ragazzi della caserma.
Tuttavia se si apre il cuore ai vari LaPresa, Santoro, Ciupilan, Paniccia è difficile non provare un leggero senso di affetto. Non osservandoli come fossero topi da laboratorio, ma quasi come personaggi di una fiction, i ragazzi della Caserma risultano molto più “umani” di quanto solitamente lo sono i concorrenti di un reality.
Articolo di Cosimo Maj