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La lunga battaglia degli studenti francesi contro le riforme di Macron
Reportage dalle università parigine occupate
Il campus Pierre Mendès France dell’Università parigina Panthéon-Sorbonne è un grattacielo sgraziato che per la sua pesantezza anni ‘80 stona tra i palazzi appena costruiti nel XIII arrondissement. Si trova a sud-est della città sulla rive gauche, nella municipalità conosciuta per ospitare il quartiere asiatico, noto anche come Triangle de Choisy o Petite Asie, è la più grande zona commerciale e culturale della comunità asiatica di Parigi.
Alle 10 di mercoledì 15 febbraio, gruppi di studenti incappucciati costruiscono delle barricate con tavoli e sedie per impedire l’accesso agli ascensori dell’università. «Perché bloccate? Lo sciopero non è domani?» chiedono alcuni studenti venuti in facoltà per seguire le lezioni. La risposta è che sì, lo sciopero e il corteo nazionale chiamati dall’intersindacale saranno il giorno dopo «ma a mezzogiorno e mezza è prevista un’assemblea generale», come avviene ogni settimana da un mese a questa parte, «e bisogna ottenere una partecipazione massiccia, devono venire tutti. La facoltà è bloccata, non si può accedere ai corsi.» Effettivamente, all’assemblea hanno poi partecipato 400 studenti, che hanno discusso e votato a favore dell’occupazione del campus. La presidenza dell’università ha subito annunciato la sospensione di tutti i corsi previsti nel sito e la chiusura dell’edificio: gli studenti avevano preso il controllo del palazzo. Chiusi dentro, durante il pomeriggio gli occupanti danno appuntamento per le otto di sera a chiunque voglia mostrarsi solidale con la lotta degli universitari per un’assemblea di gestione.
Il giorno dopo non era solo la quinta data della mobilitazione sindacale contro la riforma delle pensioni, ma era previsto anche un presidio a Place de la Sorbonne, nel quartiere latino, chiamato dalla sigla studentesca CAIU (Coordination Antifasciste Inter-Universitaire) punto di riferimento dell’autonomia studentesca parigina. Infatti non tutti gli studenti che si oppongono a Macron e al mondo che rappresenta rientrano nel quadro del sindacalismo ufficiale. La frangia più radicale del movimento studentesco, i cosiddetti «totos», gli autonomi, rifiutano il perimetro del confronto istituzionale, che ai loro occhi rischia di essere stagnante, insufficiente e regressivo in un momento di tensione sociale e politica così acuta dovuto alla proposta macronista di riformare il sistema pensionistico francese.
Durante l’assemblea serale degli occupanti, raggiunti da altri studenti, militanti e lavoratori, si discute di come e quanto a lungo tenere l’occupazione, e delle risorse umane necessarie per farlo.
Poche settimane prima infatti, il 23 gennaio, in un’altra università parigina, l’EHESS (École des Hautes Etudes en Sciences Sociales) 28 studenti avevano passato 24 ore in cella e subito gravissime violenze da parte della polizia per aver tentato di occupare un’aula vuota del loro campus. Il responsabile del sito, Pierre-Paul Zalio, aveva chiamato immediatamente la gendarmerie, facendo arrestare i suoi studenti e procurandogli pestaggi, minacce di stupro, negazione di visite mediche e di medicinali per i feriti, torture psicologiche e insulti razzisti e omofobi.
All’assemblea di gestione, quindi, molti – tra i quali alcuni arrestati del 23 gennaio – esprimono la necessità di un numero consistente di presenti a presidiare l’occupazione, che restino a dormire e che ci siano la mattina successiva, così da evitare di replicare sgomberi violenti e eventuali arresti con un numero nutrito di occupanti. Viene chiesto a un membro del CAIU di spostare il luogo del presidio all’università per sostenere l’occupazione, ma il militante risponde che «ci sono ragioni tattiche fondamentali per cui non possiamo cambiare il punto dove si terrà il presidio, ma possiamo raggiungervi in corteo per difendere l’occupazione.» Un centinaio di persone resta a dormire e ci si dà appuntamento per il giorno dopo col CAIU.
L’indomani, giovedì 16, nulla va come previsto: il corteo selvaggio non autorizzato partito dal quartiere latino viene violentemente represso dalla polizia quando arriva nei pressi della facoltà occupata, con 25 arrestati, tra cui alcuni giornalisti e fotoreporter di media militanti. La polizia, una volta disperse le circa 200 persone del corteo solidale e effettuati gli arresti, si reca all’occupazione senza essere chiamata dalla presidenza, che intima agli studenti che se non escono entro mezz’ora di loro spontanea volontà (la presidenza garantisce che non ci saranno ripercussioni) li sgombereranno con le cattive. La facoltà, che nel 2018 era stata occupata per tre settimane, disoccupa dopo una sola notte. Giovedì, con una manifestazione pomeridiana con 300 mila partecipanti a Parigi e 2,5 milioni in tutta la Francia secondo gli organizzatori, era l’ultima giornata di sciopero prima di una pausa delle mobilitazioni fino al 7 marzo, quando scatterà lo sciopero a oltranza, la «grève reconductible».
La prima grande manifestazione contro la Riforma delle pensioni è stata giovedì 19 gennaio: per la prima volta dopo almeno un decennio tutti i principali sindacati d’oltralpe sono uniti nell’Intersyndicale. A Parigi 400 mila persone si sono stipate tra Place de la République e Place de la Bastille, mentre in tutta la Francia scendevano in piazza 4 milioni di persone. Durante il corteo parigino (una folla compressa in un boulevard di un chilometro e mezzo impediva qualsiasi movimento in molti tratti di manifestazione) ci sono state, come da consuetudine, numerosissime violenze da parte delle forze dell’ordine. Alcune di queste assolutamente gratuite, come quelle che, per esempio, hanno portato all’amputazione di un testicolo di un fotografo amatoriale spagnolo che seguiva le dinamiche di piazza. La polizia ha spezzato il corteo a più riprese, lanciando lacrimogeni sulla folla, in punti in cui erano presenti molte famiglie con bambini. Nel mondo studentesco, in particolare per quanto riguarda le università e nello specifico quelle parigine, l’assemblea interuniversitaria delle organizzazioni e dei sindacati studenteschi si è accordata con l’assemblea interprofessionale di docenti e personale per muoversi insieme nel percorso politico per contestare la Riforma. Questo sistema di assemblee generali, che ha costruito la mobilitazione, è quanto denunciato dai totos come una ritualità macchinosa che sfocia nell’immobilismo, e cercano di spezzarla attraverso l’azione diretta.
I giovani si mobilitano contro il taglio alle pensioni non solo perché è un attacco al diritto al riposo, ma perché l’idea che si faccia retromarcia sulle conquiste sociali del secondo dopoguerra tornando all’età pensionabile del 1945 è il simbolo di un paradigma di società antitetica rispetto a quella auspicabile, è una regressione chiara del progresso sociale. Il fatto che si possa pensare di avvicinare il momento della morte a quello del lavoro è assurdo agli occhi dei francesi, quando il 25% dei lavoratori più poveri dell’Esagono muore prima di raggiungere la pensione.
L’opposizione del mondo universitario e liceale a Macron ha una storia lunga fatta di lotte durissime che non sono riuscite a fare indietreggiare su tutta la linea lo scorso governo e il suo ministro dell’Éducation Nationale Blanquer. L’ultimo capitolo della politica macronista nell’istruzione è rappresentata dalla riforma dei licei professionali e dall’inserimento della piattaforma di selezione Parcoursup Master per accedere ai corsi di laurea magistrale. Il 9 gennaio la proposta delle sinistre (NUPES) di calmierare il prezzo dei pasti delle mense universitarie di Francia a 1 euro non è passata solo per un voto, rivendicazioni centrali in qualsiasi azione organizzata dagli studenti.
Emmanuel Macron parla dell’urgenza di una riforma del sistema pensionistico francese almeno da prima della campagna elettorale per le elezioni presidenziali, che ha vinto questa primavera. La Francia ha l’età pensionabile tra le più basse dell’Unione europea: 62 anni. Eredità delle lotte sociali degli anni ’70, la pensione a 60 anni è diventata legge nel 1983 sotto la presidenza del socialista François Mitterand, e ha iniziato a crescere di 4 mesi per generazione dal 2011. l’Unione europea e il MEDEF (l’equivalente della Confindustria italiana) spingono da anni per aumentarlo, rappresentati dal partito presidenziale Renaissance, appoggiato dal centrodestra ex gaullista, sostenendo che sia una spesa insostenibile per le casse dello Stato. Il paladino di questi settori della società francese, rieletto Presidente della Repubblica nonostante l’odio esplicito che gli rivolge la maggioranza del paese, ha deciso di imporre questo taglio alle pensioni ad ogni prezzo, in virtù di voci più nobili del bilancio della Repubblica. L’ex banchiere di Amiens ha incaricato Elisabeth Borne, sua prima ministra, di alzare l’età pensionabile a 65 anni: la proposta di legge è scesa a 64 e nonostante la maggioranza parlamentare teoricamente assicurata, il paese è paralizzato dagli scioperi da quando si è iniziato a discutere della Riforma all’Assemblée Nationale. La risposta degli studenti francesi non si è fatta aspettare.
Foto di José María Rodríguez
Articolo di Ismaele Calaciura