Nuda proprietà
Ep.6

di Edoardo Bucci

20/09/2020

Un incidente mi ha fatto oltrepassare la porta.
Ora è chiaro che dentro puzzava di marcio.
Prima sembrava un odore naturale.
Quelle cose come il concime di mucca che ti ricorda le gite in campagna.
Il concime rimane merda e la merda puzza.
Un’associazione di pensieri non cambia la forma delle cose.
Si fa un passo fuori e si è diversi.
Dopo un po’ si vuole tornare indietro, è una storia già vista.
L’aria pulita non è buona quanto quella che sa di marcio.
Quella vecchia che alla fine ha lo stesso odore della tua pelle e della pelle di tutti quelli che hai conosciuto.
Sono uscito di casa con i miei che si urlavano a vicenda.
Sembravano usciti da qualche banlieue.
Il marito licenziato dalla fabbrica tenta il suicidio mentre la moglie si percuote il ventre per abortire l’ennesimo figlio.
La discussione dei miei riguardava un camper.
Uno di quelli con il tetto che si accavalla sul davanti come se dovesse crollare da un momento all’altro.
Lo dovevano comprare per fare un fantomatico viaggio in Europa.
Sarebbero finiti in qualche area di sosta del Sud Italia.
Un posto dove l’unico servizio presente è un bocchettone della fogna.
Chili di liquame che attraverso un tubo nero giungono tortuosamente in un pozzetto abusivo.
Un filippino con delle grandi cuffie rosse mi supera da dietro.
Il piano della seconda casa era defunto.
Il filippino ha già attraversato le strisce.
Non me lo hanno detto.
I sogni di una nuova età dell’oro si erano incentrati solo sul camper.
Mia madre lo rifiuta perché dice che non se lo possono più permettere.
Papà a quanto pare ha mancato una promozione.
Rinfacciarglielo non ha giovato alla discussione.
Colpa principale è della ristrutturazione del salone, dice lei.
Della televisione.
Evidentemente troppo grande.
Non c’è lo spazio necessario per apprezzarla.
Lo ha detto anche il tipo al negozio.
Si aspettavano di vendere la casa di nonno al primo cliente.
La Crisi del mercato immobiliare è un concetto mistico.
Si ma che c’entra?
Codardo.
Trovare il modo di fargli comprare un camper non è una soluzione.
Ripeti di nuovo.
Trovare il modo di fargli comprare un camper, non è na soluzione.
Quelle frasi che dicono nei film riguardo allo smettere di essere figli.
Troppo spesso sono stato solo figlio.
Figlio più di altre cose.
Figlio unico.
Figlio e basta.
Un divorzio mi sembra chissà cosa neanche fossi nato negli anni ’30.
Un autobus mi passa davanti.
Potrei anche prenderlo.
Non posso.
Ha la scritta deposito stampata su un foglio A4.
Si infila in un cavalcavia e schizza ai bordi l’acqua rimasta in una pozzanghera.
Il luglio più piovoso degli ultimi diecimila anni.
Mia madre continua a chiamarmi.
“Stai tranquilla, sto un po’ per conto mio, ci sentiamo domani”.
Invio.
Spero la smetta così.
Vagheggio nella notte come se avessi qualcosa di profondo a cui pensare.
Un dramma interiore di quelli belli.
Il filippino è sparito.
Una di quelle vite fatte per essere lette in una biografia.
Non la mia.
Speriamo non mi rapini nessuno.
Nella fermata bianca ci sono delle panchine, quelle scomode che servono per non far credere ai barboni di aver il diritto di godersi qualcosa.
Mi ci siedo.
Poi mi rialzo.
Una volta ci stavano le puttane ad aspettare i clienti.
Improbabile ci abbiano fatto sesso sopra.
Mi risiedo.
Chissà che fine hanno fatto le puttane.
Non ha senso che prendo l’autobus.
Mi sa neanche passa.
Più poetico andare a piedi.
Ma dove poi?
Vado a Termini e prendo un treno.
Mi faccio una giornata fuori e poi ritorno.
Mi fa bene per pensare.
Dormo un po’ sul treno dell’alba.
Magari un posto a due o tre ore.
Quando arrivo decido.
Un taxi fa degli abbaglianti ad una clio grigia.
Poi gli suona.
Perché un taxi così lontano dal centro.
Forse torna dall’aeroporto.
Una frase mi ha fatto rimanere male.
Non solo una.
Più di una.
Ma quella mi è dispiaciuta.
Mio padre e mio nonno si vogliono bene.
Sono cose che si dicono.
Non penso voglia che muoia davvero.
Anche se farebbe davvero comodo a tutti.
Più che altro penso a Luisa.
Ha le stesse scarpe da dieci anni.
Lo fa apposta perché è un po’ fricchettona.
Che storia quella del cane.
Un ritorno terribile.
Era meglio andare a piedi.
Lui che fissava il quadro in continuazione.
Il cane che ha abbaiato per quattro ore di fila.
Sembrava stesse morendo.
Suoni assurdi.
Poi ha smesso.
Zia ha fatto un discorso strano.
Lo ha capito solo mamma.
Il cane per sancire che non sta più cercando un figlio.
I danni che fanno i libri di merda.
Spesso dice di pensare di essere incinta.
Io non gliel’ho sentito dire.
Lo ha detto mamma.
Non vuole illudersi.
Per quello il cane.
Enrico è d’accordo.
Una lucertola si affaccia sul ciglio del marciapiede.
È già sparita tra le erbacce.
Un tempo doveva essere un aiuola.
C’è odore di erba bagnata.
Zia con il cane mi è sembrata strana.
Strana almeno il trenta percento più del solito.
Forse il quaranta.
Un paio di gocce mi arrivano in testa.
È solo il vaso di un balcone.
Non ho motivi per tornare a casa.
Il sonno non è un motivo.
La morte di un vecchio per la vita della famiglia.
Vado lì e gli pianto un pugnale d’argento nel cuore.
E poi camper a volontà.
Vostro onore servivano i soldi per un camper.
Capisco figliolo non ti preoccupare. Tuo nonno non si ricordava il nome di tuo cugino, hai fatto bene ad ammazzarlo.
Che non si dica che salutava sempre.
Non salutava mai.
Tranne il figlio dell’ambasciatore.
Quel maledetto.
Lui e la sua casa senza terrazzo.
Rinuncio all’incarico.
Vado un anno a Londra a fare il lavapiatti.
Che senso avrebbe?
Casa va venduta.
Ci guadagnamo tutti.
Lo faccio per mamma.
Poi vado a vivere da solo.
E magari con papà si aggiusta.
Chissà se scopano ancora.
Nonno non sta bene.
Tossisce sempre.
È fastidioso.
Ci vado a piedi a Termini.
Deve avere qualche forma di patologie psichica.
A un certo punto ha preso un quadro in mano.
Come fosse un bimbo.
Domattina lo devo accompagnare da un restauratore a Via dei sediari.
Dice che era amico di nonna.
Ci andrà da solo.
Io torno domani sera.
Con le stesse idee.
Magari un aneddoto in più.
Domani devo richiamare l’agenzia.
Spero non un’altra vecchia.
Per essere così bella suscita poco interesse.
Una macchina spuntata dal nulla.
Ha inchiodato.
Continua a suonare.
Mascella serrata e mi fissa.
Sarà fatto di cocaina.
Cenno di scuse con la mano.
Se ne va.
Scusa un cazzo ero sulle strisce.
Il liberatore della famiglia chiede scusa anche quando ha ragione.
Codardo.

Codardo.

Non voglio truffare nonno.
Dovrei conoscerlo meglio per odiarlo.
Ma non ora.
I vecchi fanno tenerezza.
Dovevo conoscerlo tempo prima.
Quando era uno stronzo di mezza età.
Ai tempi della sua grande colpa.
Ha perso tutto
La colpa definitiva.
Manco avesse giocato d’azzardo.
E i tre scemi non l’hanno mai digerito.
Costretti a vivere come plebei.
Poverini.
Derisi dalla vita.
Loro nobili dentro.
Una lunga tradizione di niente.
Solo nonno come eccellenza.
Il Taj Mahal al centro di Pescara.
Quando ho fatto sesso la prima volta era in quella casa.
Nonno era ricoverato per una febbre alta.
Ho fatto bella figura per la casa.
Saró durato tre minuti.
Ad essere generoso.
Lei adesso è fidanzata.
Uno con un soprannome folcloristico.
Sarà legato alla dimensione del suo pene.
Il lampione rotto fa una luce effetto strobo.
Due anni che è così.
Il Comitato morte agli epilettici ha pagato il sofisticato sistema.

Continuo a perdere tempo per dei quadri.
Ne avessi capito il senso.
Una donna con un mantello rosso con degli inserti in oro.
Un organo in miniatura.
Sullo sfondo c’è un uomo in tunica rossa che legge.
Forse è una donna.
Quel cazzo di cane non ha mai smesso di abbaiare.
Glielo avrei spaccato in testa.
Degli alberi ovunque.
Dietro sembra una città.
Forse una rocca.
Lo squarcio separa le ali da un angelo.
Le ali a sinistra.
L’angelo a destra.
Un bambino guarda la donna.
L’ho osservato due ore.
Non è bello.
È strano.
Ci sono degli angioletti sopra.
Nonno l’ha fissato più di me.
L’altro lo ha ignorato.
È rimasto dietro vicino al cane.
Un cristo con la faccia più piccola del corpo.
Degli angeli.
Una foresta.
A due ore da Roma?
Troppi posti per decidere.
Una goccia, forse pioverà.
Oppure è una città piena di vasi.
Vasi fluttuanti…
Dov’è Termini?
Dritto dritto dritto.
Piazza dei cinquecento.
In tempo giusto per la buonanotte agli eroinomani.
I pendolari disperati.
Fanno colazione camminando,
Turisti cinesi che visitano tutta Italia in tre giorni.
Non ci voglio andare.
Il Pantheon è più bello
Molto più bello.
Praticamente privo di eroinomani.
Ma non di Cinesi.
Meglio i cinesi degli eroinomani.
Almeno della maggior parte.

Se vado da nonno?
Non l’ho mai fatta tutta a piedi.
Sinistra, sinistra, destra ed entro nei vicoli?
Forse una volta.
Ero in bici.
Non faccio rumore.
Magari dormo qualche ora.
Fra poco è mattina.
Mi sa che ho sbagliato strada.
Lascio un messaggio sulla porta.
Così non si spaventa.
Non ho le chiavi.
Non è vero le ho.
Insieme al mazzo di casa.
Doppio portachiavi per un mazzo.
Troppo incerto per scegliere.
Linguetta di cuoio.
Pallina di metallo.
La pallina è più scomoda.
Ma ci sono affezionato.
Incredibile, un notturno senza la scritta DEPOSITO.
Se corro lo prendo.
Completamente vuoto.
Mi porta davanti casa sua.
Quasi.
Io e l’autista con le cuffie.
il rumore del plexiglass è assordante.
Maledetto plexiglass.
Il vetro degli scemi.
Si toglie le cuffie.
Sbuffa.
Se provasse a evitare le buche.
Allungo i piedi sul sedile davanti.
La macchina per obliterare è rotta.
Perché farla gialla.
Nello schermino si vedono linee verticali.
Una grossa nera orizzontale.
Numeri senza senso.
L’autista urla.
Prenota quanno devi scenne.
Va bene, grazie.
Premi forte che tante vorte non vanno.
Ok.
Guarda che guidà con le cuffie è legale.
Fraintendere due lettere è un talento da pochi.
Ci sorpassa un’autoambulanza.
Mancava quella a fare rumore.
Non è una vera.
Una di quelle mini.
Mio padre dice che trasportano il sangue.
Forse è una stronzata.
Gli lascio il beneficio del dubbio.
Premo con forza.
Fermata!
Inchioda con forza.
È più tardi del previsto.
Praticamente arrivato.
Mi giro per un rumore assordante.
Una serranda.
È il giornalaio.
Aprire alle cinque.
Romantico.
La gente corre la mattina in edicola per sapere a quale nazione si è dichiarato guerra.
Un lavoro faticoso.
Vecchi come nonno e bambini con i Gormiti.
La Repubblica allegata ai Gormiti.
Gli compro i giornali.
Lo faccio felice.
Magari mi allunga cinquanta euro.
Buongiorno, mi può dare i soliti giornali di nonno?
Certo, non viene lui stamattina?
Gli faccio un favore.
Faticoso sorridere di mattina.
Eccoli.
Buona giornata.
Non mi risponde e riprende a scaricare.
I sanpietrini dritti sembrano finti.
Sembrano di un parco giochi.
Romaland.
Quelli storti e accavallati sono più belli.
Consumati da zoccoli di cavalli morti da chissà quanti anni.
Oppure da macchine.
Finite dallo sfasciacarrozze.
E i Sanpietrini sono qui.
Storti ma ci sono.
Meglio l’asfalto dei Sanpietrini nuovi.
Il progresso va affrontato fino in fondo.
Alzo la testa.
E come ti sbagli.
Un uomo impossibile da sorprendere.
«Perché sei già qui?»

 

Articolo di Edoardo Bucci