Progresso

05/10/2020

 

“L’umanità deve riflettere sul significato e i limiti stessi del progresso”.

Sin da quando fu definito  nel corso dell’illuminismo, molti furono gli intellettuali che si scontrarono sul giudizio etico e morale da attribuire a questa forza motrice che fa avanzare l’umanità. Uno scontro che durò per tutto il ‘900 e che vide prevalere l’idea positiva del progresso come necessaria per il miglioramento delle condizioni di vita. Tuttavia,  è già a partire dal mondo greco si creò il confronto con questo concetto. Quando Sofocle realizzò l’opera tragica dell’Antigone, mise in scena un dramma di carattere familiare e politico.
Il conflitto tra leggi scritte e leggi non scritte.
Sofocle, nel primo stasimo, esalta la civiltà umana, il progresso scientifico e le potenzialità che l’uomo ha di potere raggiungere “il divino”. Ma se nessun obiettivo sembra irraggiungibile, l’individuo scopre la sua fallacità, il suo limite, nella morte, a cui egli non ha ancora trovato rimedio. L’uomo sa di essere sottomesso alla volontà degli dei immortali, segnato da un limite invalicabile che lo rende un essere finito, pieno di debolezze. Questa concezione di progresso si lega indissolubilmente a una visione dualistica bene e male, che rappresentano sia l’approvazione dell’entità divina, sia l’osservanza delle leggi cittadine. Una divisione che nell’antica Grecia spesso non rifletteva confini specifici, influenzandosi vicendevolmente.

“E possedendo l’ingegnosità e l’arte come forma di sapienza, si volge ora al bene, ora al male. Se rispetterà le leggi della terra e la giustizia degli dei, sarà alto nella città; bandito dalla città invece colui al quale è connaturato il male per sua tracotanza.”

Dall’800 in poi l’accezione positivistica del progresso, di ragione che governa l’irrazionale attraverso le innovazioni scientifiche su cui questa visione si basa, è riuscita ad imporsi. Tutto ciò è stato integrato a un modello industriale che il passare del tempo, anche grazie allo sviluppo del postmodernismo, ne ha reso più facile osservare i limiti. Dal momento in cui sono stati definiti i concetti di progresso e di limite è stato necessario capire come vengano declinati nei vari ambiti. Da questo momento, al posto del Dio è stato messo l’essere umano, con tutti i suoi difetti e con i suoi peccati. L’impossibile è diventato in poco tempo possibile, portando le prime trasformazioni della società. Con l’abbattimento delle distanze e con l’industrializzazione, le città iniziano ad essere il sogno di tutti. Si spacciano come luoghi delle meraviglie in cui tecnica e benessere si incontrano, rendendo ogni cosa possibile. In poco tempo, il progresso concede all’uomo un potere enorme, compreso quello di distruggere delle nazioni premendo un bottone e la capacità di esplorare il primo grande feticcio della storia umana: lo spazio.

Tutto questo inizia ad esser visto come imprescindibile, come un traguardo quasi naturale che l’essere umano ha raggiunto e che adesso non può più essergli tolto.  L’umanità ha sviluppato una dipendenza patologica per il benessere. Non c’è più limite a nulla. La disuguaglianza inizia ad assumere proporzioni che mai nella storia aveva raggiunto e le ricchezze vengono ammassate.  Le persone iniziano a provare invidia per il prossimo. Di conseguenza il potere politico inizia a seguire la scia dei soldi e la rappresentanza a erodersi. Nello stesso momento giunge la crisi climatica. Senza attirare l’attenzione pubblica l’aria inizia a essere irrespirabile e i mari a sommergere le città. 
Capire come il limite sia stato gradualmente superato è l’obbiettivo dell’analisi di questa sezione e si tenterà di perseguirlo riflettendo su quattro micro-sezioni che andranno a caratterizzare le tavole del segmento: ambiente, città, consumo, accesso al welfare, mobilità e limite etico. Per ognuno di questi contesti quindi il concetto di limite sarà centrale in un’ottica finale tesa a valutare se il progresso umano è giunto o giungerà in poco tempo ad una “morte”. Il limite supremo, una barriera invalicabile che decreterà la fine dello sviluppo ed eventualmente ad una fine della conoscenza. Un’eventualità che a molti pare sempre più possibile.

Articolo di Luca Pagani

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