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Cosa ho scoperto del mio vicino che prima non sapevo
Episodio 4
La quarantena muta il rapporto con ciò che accade intorno a noi ed intorno alle nostre case. Le relazioni cambiano aspetto. In questa rubrica raccoglieremo tutto ciò che abbiamo riscoperto riguardo ai nostri vicini: che sono, in fondo, gli unici esseri umani con cui ci è concesso di interagire.
Ciao, sono Arturo. Ho ventidue anni ed abito a Roma. Vi chiederei, se potete, di omettere la località esatta.
Erano le sei e mia madre stava passando l’aspirapolvere nel corridoio. Avevo appena finito lezione, ero stanco e mi sono buttato sul letto. Ho chiuso un po’ gli occhi, ma il rumore che dal corridoio si infilava nella mia stanza non mi faceva rilassare.
Mia madre stava spostando la bici da un lato all’altro del corridoio per pulire. La muoveva con la stessa grazia di come tirava avanti l’aspirapolvere: a strattoni, sbattendo contro librerie e mobilia.
Dall’inizio della quarantena, ha cominciato a pulire casa ogni due giorni. Lo fa per passare il tempo quando non ha di meglio da fare, non ha da lavorare e si è stufata di darsi allo yoga sul suo tappetino, caricatura di sé stessa venti anni prima. Soprattutto, lo fa con non con molta convinzione, con fretta e con gesti bruschi.
Quando il corpo dell’aspirapolvere ha impattato contro la mia porta, ho deciso che l’avrei lasciata sfogare nel corridoio, mentre io andavo a farlo in balcone. Ho recuperato cartine, filtri e tabacco e sono sprofondato sull’amaca in balcone.
Ho aperto Instagram. Non c’erano notifiche particolarmente interessanti, ed allora ho guardato un po’ di storie. Dopo un po’ mi sono stufato, la gente non fa cose così interessanti di questo periodo. Ho posato il cellulare e ho cominciato a girarmi un drummino.
Proprio mentre strappavo via la cartina in eccesso, dal cortile è arrivato uno strillo.
Mi sono girato a guardar di sotto, dove il portiere, dalle parti del cancello che dà sulla strada, cercava di infilarsi tra il suo cane ed un altro che sembrava il maremmano del ragazzo del terzo piano.
Tutti e due ringhiavano, e il portiere imprecava e calciava l’aria urlando al secondo cane di andarsene. I tre si avvolgevano in un girotondo sempre più veloce, mentre dal secondo ramo del cortile, fuori dalla mia vista, si sentiva scalpicciare sul brecciolino e richiamare il maremmano a voce alta.
Il ragazzo del terzo piano, M., è comparso in mezzo al cortile e guardando verso il portiere si è fermato un secondo, ha tirato giù una bestemmia e ha ripreso a correre verso il trio danzante.
-Eccheccazzo! Barnaba, Barnaba! No! Lascialo perdere! Barnaba, torna qua! Cazzo!
Il maremmano si è voltato verso il padrone nello stesso momento in cui il cane del portiere gli si lanciava contro. Trasportato dal guinzaglio, il portiere è staccato con i piedi da terra ed è caracollato sul terreno.
I due animali si sono avvolti in un paio di capriole tra le bestemmie di M. e i loro stessi guaiti, poi M. è riuscito a strappare via il suo cane trascinandolo per il collare.
Il portiere si è rialzato, e strattonando il guinzaglio ha ricoperto M. di insulti. Come gli era venuto in mente di sciogliere quel cane se si comportava in quel modo? Almeno una museruola, ci fosse stato un bambino lo avrebbe ammazzato.
Mentre M. cercava di domandare scusa, il portiere alzava la voce continuando a protestare: uno sproloquio in cui le maledizioni avevano preso il posto delle congiunzioni tra una parola e quell’altra. Quel cortile era condominiale e quel cane una bestia, per non parlare dello stato in cui era conciato il gomito dopo la caduta. Dalle finestre tutti quanti li stavano fissando, e tutto questo perché M. aveva deciso di comportarsi come un coglione. E poi ancora, doveva solo sperare che il cane del portiere non si fosse fatto niente, altrimenti sarebbero stati guai, economici e legali.
Più M. si mortificava e aggiungeva che il suo cane non si era mai comportato così prima di allora, e più assicurava che la cosa non sarebbe più successa, più il portiere alzava la voce e diventava rosso.
E con l’aumentare della gente affacciata in finestra, aumentava pure la platealità dei suoi gesti. La performance era diventata dichiaratamente teatrale: il portiere voleva affascinare i suoi spettatori, voleva ci si ricordasse di questo momento.
Così ho cominciato a filmarlo.
Una cinquantina di secondi dopo l’inizio della registrazione, ormai al quarto o quinto minuto del suo monologo, da qualche finestra hanno urlato al portiere di smetterla, che stava esagerando. Poteva essere successo quel che voleva, ma alla fine nessuno s’era fatto male, ed in più M. si era scusato. Continuare a fare questa scenata non serviva più a molto. Inoltre, adesso era il portiere a disturbare con le sue urla.
Ho visto il travaso di bile fin dal balcone. Il portiere si è girato verso il cancello e ha legato il cane. Si è voltato verso una finestra alla sua sinistra agitando l’arto sanguinante con cui prima teneva il guinzaglio, lo stesso su cui era caduto.
-Non si è fatto male nessuno un cazzo!
Quindi ha cominciato ad agitarsi nervosamente, muovendosi nel triangolo ideale tracciato dall’angolo del portone, la posizione di M. e quella dell’interlocutore in finestra.
Ha fissato prima il gomito e poi M., e gli si è avvicinato a grandi passi.
Il portiere è un ometto che non supera il metro e mezzo, un petto muscoloso che sovrasta una pancia grassa.
M., è pure lui un ragazzo abbastanza in carne, ma è alto almeno trenta centimetri più del portiere. Gli occhiali, i capelli lunghi neri e ricci ed i movimenti flemmatici (era la prima volta che lo vedevo correre da quando giocavamo in cortile da bambini più di dieci anni fa) gli donano un’aria abbastanza intellettuale. Insomma, M. è l’archetipo del tipo tranquillo.
Probabilmente il portiere, quando gli è andato incontro per spintonarlo, contava su questo. Oppure era troppo arrabbiato per pensare bene a quanto stava facendo.
Fatto sta che quando M. si è visto arrivare incontro questo ometto che vomitava insulti e provava a mettergli le mani addosso, prima ha provato a farsi indietro, ma dopo essere retrocesso di quattro o cinque passi senza che il portiere decidesse di fermarsi, anche lui ha finito per arrabbiarsi.
Mentre il portiere turbinava con le mani avanti, M. gli ha assestato una secca una manata sulla faccia. Un suono deciso, che a risentirlo dal video fa impressione, ha troncato gli schiamazzi del portiere, e gli ha fatto ritrovare la terra per la seconda volta in pochi minuti.
Dalla faccia che ha fatto M., desumo che fosse davvero sorpreso di essere riuscito a prendere il portiere.
Aveva colpito alla cieca, più per fargli capire che non aveva intenzione di prendersi le sue botte senza reagire, sperando che si fermasse. Invece lo aveva steso con un colpo solo.
Mentre questo gli si afflosciava davanti e qualcuno urlava dalla finestra, M. ha sbarrato gli occhi per lo spavento.
Io mi sono messo a ridere, questo dal video si sente. Gli stava bene al portiere.
M. si è fiondato su di lui per vedere come stava.
Il portiere, con il rimasuglio di coscienza che gli rimaneva, ha temuto che il ragazzo stesse arrivandogli addosso per finire l’opera, e mugugnando ha provato a rialzarsi per allontanarsi, rovinando di nuovo a terra.
M. ha provato a tranquillizzarlo, gli ha fermato le mani, cercando di capire come stava, ma il portiere ha preso a salmodiare qualcosa a bassa voce e a provare di spingerlo via, poi ha cominciato ad urlare che voleva un’ambulanza, di chiamare la polizia ed altre cose così.
Assieme a questo, riprendendo lentamente vita dopo la botta, ha preso a gridare ad M. di allontanarsi, che lo avrebbe rovinato.
M. lo ha fissato un secondo e ha ubbidito. Ha fatto un numero al telefono, ha detto di essersi picchiato con uno nel suo cortile, e che questo ora stava per terra. Sì, era cosciente. Con la mano che tremava vistosamente ha passato il telefono al portiere, che ha cominciato a dipingere il più violento dei pestaggi all’operatore al telefono.
Dopo essersi sfogato ha comunicato l’indirizzo e ha assicurato che non si sarebbe mosso.
Ho fermato la registrazione.
Dalle finestre del primo piano qualcuno ha richiamato M. passandogli una borsa di ghiaccio per il portiere.
Lui non ha voluto che M. gli si avvicinasse, la borsa gliela avrebbe dovuta lanciare.
Il ragazzo dal canto suo ha domandato indietro il cellulare.
Dopo uno scambio volante degli oggetti, M. ha domandato al portiere cosa dovesse fare.
Cosa voleva fare? Gli ha chiesto il portiere. Doveva rimanere lì ad aspettare che arrivassero a vedere cosa aveva combinato e poi doveva prendersi una denuncia.
M. gli ha fatto notare che era lui ad averlo aggredito, che la gente lo aveva visto. Chi avesse dovuto aspettarsi una denuncia era da vedere. La mano aveva smesso di tremare ed M. aveva ripreso colore dopo lo spavento.
Il portiere ha ricominciato per l’ennesima volta ad urlare.
M.si è girato verso la finestra da cui gli era stata passata la borsa del ghiaccio, e ha detto alla signora affacciata che saliva a casa a poggiare il cane, lasciandole il numero nel caso fosse successo qualcosa o se non fosse riuscito a tornare in tempo per l’arrivo dell’ambulanza o di chi doveva essere.
Poi ha girato i tacchi lasciando il portiere a strepitare sempre più forte poggiato con la schiena su di un vaso.
Ho inviato il video ai miei amici. Si sono messi tutti a ridere.
Articolo di Redazione