Sanremo sommerso

Il festival della canzone italiana raccontato da dietro le quinte

11/02/2022

Abbiamo incontrato, a pochi giorni dalla fine del festival di Sanremo, una professionista che ha lavorato a stretto contatto con uno dei concorrenti del festival. Le abbiamo proposto un’intervista per conoscere i retroscena di quel mondo misterioso e lei ha sorprendentemente accettato, a patto che la sua identità rimanesse anonima e che alcuni dettagli del suo racconto venissero modificati. Ci siamo incontrati in un bar di VIlla Borghese, dopo un caffè, un paio di chiamate e un mezzo pacchetto di sigarette la nostra conversazione è iniziata, parlando prima di tutto di come sia iniziata la sua esperienza a Sanremo.

“Le prime serate le ho viste in TV, sono stata chiamata solo per l’ultima. Era un venerdì sera tranquillo, quello della quarta serata. Tisanina, televisione accesa e cena a casa con qualche amico. Avevo lavorato nell’ufficio stampa di uno dei concorrenti presenti, e nelle giornate precedenti al festival avevamo deciso che il team di avanscoperta che l’avrebbe seguito non mi avrebbe compreso. Poco male, avevo sentito storie incredibili sui turni e i tempi di quelle giornate, sicuramente divertenti ma incredibilmente stressanti. Poi la chiamata nel mezzo della puntata: “ci serve qualcun altro, in così pochi non riusciamo”. Qualche spiegazione concitata mista a scazzi e lamentele mi convince che non basta seguire da casa, ma che serve davvero un altro paio di mani lì in presenza per il momento più importante, ossia la finale. Cerco sul telefono i primi treni disponibili (rigorosamente in business, paga la ditta) per la mattina dopo e li prenoto. Giusto il tempo di una call finale dopo l’uscita della classifica per la serata delle cover e si fanno le 3. Sveglia alle 5, treno alle 6 e si va, direzione Sanremo. La situazione quando sono arrivata non era drammatica ma sicuramente concitata. Arrivata in città sono subito andata in albergo per fare riunione operativa: c’erano delle voci che giravano sul nostro artista che andavano discusse. Vanno smentite, vanno confermate, oppure le ignoriamo? Può sembrare un discorso superfluo visto da fuori ma quando il 65% di chi tiene accesa la TV sta guardando proprio te una delle cose più importanti che devi fare è creare il racconto migliore possibile sul tuo conto. Sei un personaggio irriverente o classico? Ribelle o gentile? Sei un Divo o il ragazzo della porta accanto? La verità è che la coperta di cosa può rappresentare un artista è corta, e tenderla in più direzioni possibili, anche opposte, è un lavoro di precisione. Finite le ultime interviste della giornata il nostro concorrente era tornato in camera per trucco, parrucco, vestiti e riscaldamento per l’ultimo grande momento del festival. È difficile strappare qualche minuto per parlare della strategia comunicativa al diretto interessato quando si compete con stilisti, truccatori, manager e discografici. Scrivevamo didascalie di post instagram, parlavamo con gli sponsor, ansiosi di ricevere la visibilità sulla quale hanno puntato, e soprattutto controllavamo i fan, dall’influencer che condivideva il brano su instagram ai commenti pungenti di qualche thread su twitter. In queste situazioni è importante leggere anche il commento più insignificante, non si sa mai quale effetto farfalla diventerà virale, favorendoci o sfavorendoci a seconda della nostra prontezza a reagire nel modo migliore.” 

Cambiando un po’ discorso si finisce per parlare del mondo a parte che era la Città dei fiori durante quelle giornate.

“A 2 ore all’esibizione io e il mio team siamo stati letteralmente cacciati dalla stanza d’albergo, anche giustamente, direi. Ci siamo fatti un giro per Sanremo a quel punto. L’aria che si respirava era di perenne sospensione, come se tutti si aspettassero di incontrare all’improvviso Gianni Morandi che passeggia sul lungomare, Mahmood che beve uno spritz nel centro storico o Irama che compra cartoline. Sotto l’albergo di Mahmood e Blanco c’era una folla perenne che, a tutte le ore del giorno, cantava e urlava ai suoi paladini di uscire per concedergli qualche attimo del loro tempo: autografi e strette di mano erano evidentemente una ragione abbastanza grande per motivare il pellegrinaggio sotto la scalinata bianca della loro residenza.”

La nostra chiacchierata andava avanti da un po’, ma io premevo per arrivare alla portata centrale: i retroscena della finale del festival.

“Al momento della finale noi dell’ufficio stampa non siamo potuti entrare nell’Ariston, solo il discografico era ammesso nel camerino, quindi noi comuni mortali avevamo prenotato una stanzetta privata in un ristorante lì vicino, da dove seguire la diretta. A tavola ogni sotto-team parlava del suo ambito di specializzazione. “Hai visto come si è vestita Yuman?” “Trucco divino su Elisa” “Ma che regia è questa??” “Lo sapevo, il fonico ha fatto un casino”. Noi della comunicazione stavamo dietro a tutti i social per tracciare le impressioni in tempo reale, tra un boccone e l’altro. Le esibizioni si alternavano a pubblicità e camei di personaggi più o meno illustri della storia recente dello spettacolo italiano, per noi esempi importantissimi per capire come e cosa e soprattutto a chi ispirarci, una specie di masterclass velocizzata su cos’è fare comunicazione a questi livelli. L’esibizione è andata molto bene, e finito il programma eravamo lì, aspettando trepidanti l’arrivo del nostro artista al party privato. Ovviamente appena è arrivato sono partiti i festeggiamenti, gli applausi, gli spumanti stappati e discorsi accorati. È stato il momento più leggero e catartico per tutto il team. Per una sera ci siamo potuti illudere che il grosso del lavoro fosse finito. In realtà c’era anche chi aveva iniziato a sussurrare un nome, dai posti più lontani della lunga tavolata: Mara Venier. Perché nonostante tutti o quasi i cantanti coinvolti facciano nottata la sera dopo la finale il giorno successivo c’è comunque Domenica In, l’istituzione targata Rai alla quale, di contratto, tutti i concorrenti di Sanremo sono obbligati a partecipare. Ce ne siamo dimenticati finché abbiamo potuto. Finita la festa, tornando in albergo, abbiamo anche incontrato su una scalinata Giovanni Truppi e Vinicio Capossela. Era quasi l’alba, la città era deserta. Stesi assieme a quattro amici e altrettante bottiglie di vino ci hanno guardato passare e ci hanno sorriso. Io li ho salutati per nome, come se davvero ci conoscessimo, anche se non li avevo mai visti di persona. I personaggi dello showbusiness sono tutti come dei vecchi amici ritrovati per noi, il grande pubblico, che è abituato ad una relazione unidirezionale con loro. Mi ringraziano e salutano, rimanendo sdraiati lì ancora un po’. Truppi è una persona deliziosa, ma era ed è totalmente un outsider per noi, non solo per la sua scelta del brano. Lasciato il nostro cantate in camera l’atmosfera che aleggiava, mentre ci dirigevamo nelle rispettive stanze, era sempre più tesa; c’era chi stava già facendo il conto alla rovescia per le ore di sonno, per il pranzo, le riunioni con l’ufficio stampa e la preparazione prima della trasmissione. Eravamo già virtualmente in ritardo. La mattina dopo era un campo di battaglia. In mezzo a sbornie, testate giornalistiche che ci tampinavano e attacchi di panico, ci eravamo diretti verso la stanza dell’artista, che ovviamente non rispondeva al telefono. Dopo 10 minuti di bussate alla porta l’antro si apre, rivelando su cosa avremmo dovuto lavorare quella domenica. Dopo mesi di preparazione, registrazione, attesa e poi di nuovo preparazione forsennata, culminati in 120 ore di pura follia, mancava ancora un’ultima imbellettata, un ultimo ostacolo da superare prima di poter dire di aver fatto Sanremo. Gli unici veramente preoccupati eravamo noi, l’artista aveva ormai esaurito tutte le energie nervose e ci guardava divertito correre avanti e indietro dalla sua camera. È stato portato da un van sul retro dell’Ariston, ad aspettare la sua esibizione e la sua chiacchierata amabile con la zia di tutta la televisione italiana. Una trasmissione che è sembrata infinita, con una platea che sembrava composta più da squali che da commentatori. Per fortuna, finita la nostra comparsata senza troppi danni, abbiamo potuto lasciare l’Ariston. Eravamo davvero tutti completamente esausti e ultimati. Io stessa, l’ultima arrivata in questa specie di balletto satanico, avvertivo il peso delle mie 48 ore intensissime.”

Sembrava che la sua storia stesse arrivando ad un epilogo in cui finalmente arrivasse una sorta di meritato riposo, invece mi sono dovuto ricredere.

“La corsa frenetica che è Sanremo ti lascia con la speranza che, una volta arrivati al traguardo, non rimanga che celebrare e raccogliere, ma invece non è altro che un inizio. Il susseguirsi di interviste, comparsate televisive e radiofoniche non ha fatto altro che aumentare in questi giorni di dopofestival. Anche per un artista conosciuto e abituato come quello con cui il mio team ha lavorato il livello d’attenzione che Sanremo riversa su di te, sia dal pubblico che dalla comunità larga dell’intrattenimento italiano, è un qualcosa di sovrastante. Si tratta di opportunità uniche ed eccezionali, richiede per forza di cose un lavoro di squadra costante, che permetta all’artista di sfruttare queste opportunità con successo e di raggiungere il massimo della visibilità possibile col minimo della fatica da parte sua. Noi però ci divertiamo un mondo. La macchina dello showbusiness è chiamata macchina proprio perché molte delle persone che ci lavorano sono considerate alla stregua di ingranaggi, ma credo che non sia un termine totalmente corretto: ognuno di questi ingranaggi è un qualcuno che lavora, in un modo o nell’altro, a una qualche forma d’arte. Che sia il trucco, la moda, la musica o la comunicazione ognuno cerca di contribuire nel suo piccolo a creare un’opera d’arte che sia completa, coerente e funzionante. Si tratta inevitabilmente di un ibrido tra un modello economico e uno artistico, in cui gli interessi economici si mischiano in maniera quasi indistinguibile da quelli artistici ed estetici. È però sempre possibile, tuffandosi in questo turbinio di intenzioni contrastanti e confuse, riuscire ad arrivare sul fondale e trovare una perla, in mezzo a tante ostriche. Sembrerà strano, ma tutto il subbuglio e tutte le onde che impazzano e causano bufere, sono lì solamente per quell’unica perla, che è la ragione di tutte le nostre soddisfazioni. Il nostro obiettivo, alla fine, è solo quello di mostrarla al mondo nella maniera migliore.”

Articolo di Redazione