Distanziamento sociale: cosa ne sarà della nostra sessualità?

Intervista alla sessuologa Chiara Simonelli

03/05/2020

Distanziamento sociale: cosa ne sarà della nostra sessualità? A quasi due mesi dallo stravolgimento della nostra quotidianità, ci troviamo a fare i conti con una nuova realtà, fatta di attese, di studio e di desideri nel silenzio di giornate solitarie. I più hanno preso coscienza di questa situazione, i romantici conservano ancora la speranza di un rapido ritorno alla normalità che, ormai è chiaro, si farà attendere. Cominciamo a fare dei bilanci, ci interroghiamo sul nostro avvenire, e su come le nostre vite siano state irrimediabilmente segnate da questa esperienza. Dovremmo abituarci a nuove consuetudini, a prassi fatte di mascherina-guanti-disinfettante e di distanziamento sociale che avvertiremo come insuperabili soprattutto nella nostra sessualità.

Prima di scrollarci di dosso il senso di diffidenza che fisiologicamente ha fatto breccia nei nostri animi, passerà ancora molto, e sarà proprio il sospetto verso il prossimo il grande ostacolo che dovremo imparare a superare nelle settimane e nei mesi che verranno. Saremo costretti a ripensare le nostre relazioni interpersonali, riformulando il concetto stesso di socializzazione, cercando di educarci attraverso un processo anestetizzato dai giorni di lockdown.

Esiste tuttavia una sfera delle nostre relazioni che sarà maggiormente colpita da questa pandemia: quella della sessualità. Se infatti si è prestato (giustamente) grande interesse ai risvolti psicologici ed economici comportati dall’emergenza, ancora poco si è detto di questa parte così fondamentale della vita di un individuo. Le difficoltà sono innumerevoli sia per chi ha una certa stabilità, con un partner sentimentale (e soprattutto sessuale) fisso, sia per coloro che non rientrano in questa categoria.

A fare un po’ di chiarezza interviene a proposito la professoressa Chiara Simonelli, da quarant’anni nel campo della sessuologia clinica. Durante la sua lunga carriera ha sempre trattato di materie sessuologiche soprattutto da un punto di vista psicologico, è considerata una delle pioniere in Italia dell’approccio integrato alla sessualità, dove corpo e mente si sposano in un unicum inscindibile. Ha ricoperto ruoli di vertice nelle principali organizzazioni internazionali del settore, prima presidente donna della European Federation of Sexology e membro per dodici anni dell’Associazione mondiale per la salute sessuale (WAS).

Professoressa uno dei più grandi ostacoli che ci troveremo ad affrontare nelle prossime settimane sarà la diffidenza verso l’altro, che impatto avrà sulle relazioni sociali e soprattutto sessuali?

Partiamo da un dato empirico: Tinder. Fino a qualche settimana fa era una delle app più utilizzate al mondo, la quale permetteva –senza la benché minima diffidenza a cui ci stiamo abituando in questi giorni- di consumare un rapporto sessuale non progettuale. Sta conoscendo una conversione, iniziando a valorizzare l’aspetto della conoscenza tra gli utenti, e non limitandosi all’aspetto meramente visivo finalizzata al consumo del sesso ‘mordi e fuggi’. Un cambiamento in senso femminile se vogliamo, le donne per partecipare in maniera più coinvolgente all’amplesso, preferiscono una certa gradualità della conoscenza dell’altro. Se riflettiamo sulla sfera del desiderio – la sfera più umana della risposta sessuale- capiamo che il sesso sta tra le orecchie e non tra le gambe.

D’altronde è ormai appurato da diversi studi -come quello condotto dall’ ISC di Roma (Istituto di Sessuologia Clinica n.d.r) – che le donne in un rapporto stabile e con un forte coinvolgimento emotivo, raggiungono l’orgasmo più facilmente

Esattamente! Anche se in realtà molti colleghi hanno definito gli uomini come esseri più semplici dal punto di vista sessuale, io lo trovo un po’ ingiusto. Infatti, anche per un uomo, qualora abbia un’esperienza sessuale più ricca e meno ‘veloce’, l’esperienza sessuale è più potente.

Quindi mi sembra di capire che secondo lei il sesso mordi e fuggi, come lo ha definito, è da considerare un capitolo archiviato per il momento?

Io direi di sì, almeno per le persone che conservano un po’ di razionalità. In ogni scelta si valutano costi e benefici, e in un contesto sanitario come quello in cui ci troviamo, mi appare come la conclusione più saggia. Ad ogni modo da studi inerenti al mondo della prostituzione, è emerso che molti individui arrivano a pagare cifre molto alte per consumare rapporti sessuali senza profilattico, poiché il rischio al quale si espongono, agisce positivamente sulla loro sfera del desiderio. Questo per dire che gli stessi individui, potrebbero trarre eccitazione in un contesto del genere.

Il digiuno sessuale a cui la maggior parte delle persone è stato costretto, almeno se facciamo riferimento alla dimensione del coito, che ripercussioni può aver causato tra gli individui?

Sicuramente in questo contesto un ruolo da protagonista lo ricopre la masturbazione, la quale dagli anni ’70 è stata molto rivalutata. Pensiamo ad esempio al suo utilizzo nelle donne anorgasmiche a livello coitale (soggetti che non riescono a raggiungere l’orgasmo attraverso il coito n.d.r) – donne normalissime – le quali vengono invitate ad utilizzare l’autoerotismo come strumento per ricercare il loro piacere, per poi trasferirlo all’interno della coppia. Questo rimane però valido per tutti gli individui, infatti nonostante la società pornografica nella quale viviamo, le coppie – anche quelle che funzionano – hanno una scarsa comunicazione riguardo a cosa piace di più sessualmente. Si stanno dimostrando in controtendenza, a riguardo, le nuove generazioni, le quali hanno una maggiore comunicazione e libertà di espressione. Differente è la situazione però di quei soggetti che hanno una certa predisposizione alle dipendenze (di ogni tipo), che preferiscono isolarsi, spesso introversi e che hanno difficoltà nei rapporti con gli altri. In questo caso si preferisce saltare la fase della “contrattazione” con l’altro, preferendo rapportarsi con un oggetto fatto per soddisfarci. Tra questi individui, l’isolamento può aver effettivamente aumentato fenomeni di parafilia (un intenso e persistente interesse sessuale, diverso da quello per la stimolazione genitale o di altro genere, con partner umani fenotipicamente normali n.d.r).

Intende che questa “astinenza forzata” possa aver rappresentato, in alcuni, un’opportunità per conoscersi meglio sessualmente parlando?

Si, soprattutto nei giovani e nelle nuove coppie, ma anche negli individui che non hanno dei rapporti stabili.

Tuttavia, arriverà il momento in cui due partner, avranno la possibilità di ricongiungersi. È possibile che si verifichino fenomeni di ipersessualità, o che vengano consumati rapporti per “dovere” sentendosi obbligati a recuperare il tempo perduto, e così facendo trascurare la cura del piacere reciproco?

Più che per dovere, io direi per “rimettere la bandierina”, mi spiego: c’è stata un’esperta americana che ha redatto un elenco delle motivazioni per le quali si fa sesso, arrivandone a contare 137, non poche. Una di queste è il verificare che il rapporto tenga, una sorta di “marcaggio del territorio” che impedisca all’altro di cercare piacere altrove. L’obbiettivo potrebbe diventare dimostrare, attraverso il sesso, che la coppia funzioni. Un altro pericolo potrebbe essere il ricorso ad un tipo di sessualità “dopata”, poiché magari timorosi di non farcela. Questa pratica diviene ancor più nociva e pericolosa, se adottata in età evolutiva, un esordio nella sessualità di questo tipo, può causare oltre che problemi fisici, disagi psicologici con la possibilità di sviluppare una dipendenza.

Altro grande tema credo sia quello della privacy, anche dopo la quarantena non ci potremo spostare liberamente e passare molto tempo fuori casa. Questo si traduce in una mancanza di intimità per i molti che non abitano in un appartamento proprio, e convivono con la loro famiglia. Questo significa che dovremo abituarci ad un nuovo tipo di sessualità più fugace?

Non credo ci sia una risposta univoca, dipende molto da come la pensano i genitori. Molti preferiscono che i figli portino il proprio partner a casa, anziché correre rischi, mobilitandosi per far sì che questo avvenga. Chi è stato abituato a questo tipo di “legittimazione” da parte dei genitori, se la caverà come sempre ha fatto. Il problema sorge per i genitori che possiamo definire, forse impropriamente, tradizionali. Devo dire però, che quando si parla di questo, le persone sanno essere molto creative.

Ad ogni modo la sessualità può presentarsi sotto molteplici forme, e limitarla alla dimensione coitale sarebbe riduttivo. È proprio in momenti come questo che lo si può comprendere con maggiore efficacia: la distanza dal proprio partner può essere vissuta come un momento per meglio approfondire aspetti ai quali, nella quotidianità, non si prestava attenzione. L’eros non conosce distanze e limiti, al contrario, da essi può trarre vigore per rinnovarsi e assumere nuove forme.

 

Articolo di Lorenzo Sagnimeni