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Il taglio al bonus psicologo mostra come la salute mentale non sia una priorità
Nel 2022, con il bonus psicologo, vengono stanziati per la prima volta dei fondi per curare sintomi depressivi. Tuttavia, l’Inps ha accettato solo il 12% delle richieste e nel 2023 il Il bonus è stato tagliato dell’80%.
In Italia, con il Covid-19, la situazione critica dell’emergenza sanitaria per la salute mentale è ampiamente degenerata. Prima del lockdown, nel 2017, la depressione era già considerata la prima malattia medica responsabile di disabilità, eppure il problema è stato trascurato e sottofinanziato dalle istituzioni politiche. L’impatto drammatico della pandemia sulla salute mentale e i vari allarmi del sistema sanitario nazionale hanno portato nel 2022 il Governo Draghi alla creazione di un bonus psicologo per tentare di arginare il problema. Si trattava di un contributo economico per permettere alle persone con sintomi depressivi e disturbi d’ansia causati dal Covid di curarsi. Sono arrivate più di 340 mila richieste e l’Inps ne ha accettate poco più del 10%. Nel 2023 il nuovo governo ha rifinanziato il bonus, con un taglio però dell’80% dei fondi.
Nel corso degli ultimi anni si è parlato spesso della crescita delle richieste d’aiuto per l’emergere di patologie psicologiche e l’aggravamento di problematiche già esistenti. I giovani under 35 sono stati da subito la categoria più colpita e meno aiutata. I professionisti del settore hanno focalizzato la maggior parte delle loro ricerche su questa fascia di popolazione, concentrandosi in particolar modo su disturbi alimentari, ideazione suicidaria, episodi di autolesionismo e ritiro sociale, che risultano essere i sintomi più frequenti. Nello scorso anno sono stati lanciati vari allarmi sulla salute mentale. Ad esempio quello di David Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP), il quale in una intervista al Sole 24 Ore ha dichiarato che «in Italia il 31% della popolazione ha sintomi depressivi, drammatico il quadro degli under 18 con il 48% di sintomi post traumatici». Secondo dati dell’anno scorso dell’ospedale Bambin Gesù nell’ultimo anno i tentati suicidi degli adolescenti sono aumentati del 30%, arrivando a un caso al giorno.
In questa situazione di estrema gravità il sostegno del servizio pubblico continua a essere problematico e quasi inesistente. In Italia si contano 1299 strutture territoriali per la salute mentale: la media nazionale è pari a 2,6 strutture per 100 mila abitanti. E, come ricorda a Scomodo Laura Parolin, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia, «gli psicologi sono completamente insufficienti nel sistema nazionale»: sono soltanto 5 mila gli assunti dal Servizio Sanitario Nazionale. Secondo esperti di psicologia clinica, un paese dovrebbe mettere a disposizione minimo 20 psicologi ogni 100.000 abitanti, l’Italia non ne ha neanche la metà. Il problema non è solo nazionale ma anche europeo, aggravato oltre i nostri confini della carenza del numero degli psicologi. La maggior parte dei paesi dell’Unione non supera i 20 psicologi ogni 100.000 abitanti. Secondo un report dell’European Data Journalism Network (EDJNet), solo la Svizzera e la Danimarca superano i 50 ogni 100.000.
Emerge poi un problema dal punto di vista organizzativo: «Di solito le specialità mediche hanno unità dedicate, con budget e direttori di quella unità che gestiscono il personale che hanno a disposizione. Invece gli psicologi sono in unità senza portafoglio (cioè senza budget proprio, ndr) oppure vengono distribuiti nel territorio di competenza senza poter operare secondo una reale autonomia». La stasi di questi servizi spinge le persone a rivolgersi al (costoso) settore privato, dove una sessione di terapia costa circa 60 euro con la frequenza di almeno una seduta a settimana. L’Italia è il quarto paese più costoso in Europa per il prezzo orario medio di una sessione di terapia privata rispetto allo stipendio medio (in generale non perché i prezzi siano più elevati ma perché gli stipendi sono più bassi).
Il focus degli ultimi anni sui problemi della salute mentale in Italia ha portato il Governo a concedere nel 2022 dei fondi per la salute mentale attraverso un bonus. Si tratta di una misura economica simbolica, che testimonia un’attenzione da parte delle istituzioni verso le conseguenze psicologiche della pandemia. Il bonus psicologo del 2022 era previsto dal decreto di attuazione dell’ex-ministro della Salute Roberto Speranza come contributo fino a 600 euro l’anno, rivolto alle persone in stato di ansia, depressione e fragilità psicologica – conseguenza dell’emergenza della pandemia e della successiva crisi socio-economica. Sono tre le fasce individuate per l'accesso al contributo: il bonus viene erogato fino all'importo massimo di 600 euro per le persone con Isee fino a 15mila euro; 400 euro per le persone con Isee compreso tra 15mila e 30mila euro; 200 euro infine alle persone con Isee superiore a 30mila euro e non superiore a 50mila. Fondi assolutamente insufficienti se si pensa che con 200 euro non si riescono a pagare neanche tre sedute di psicoterapia. Si parla quindi di un piccolo sostegno e non di una copertura completa. Questa misura è stata presa con perplessità da parte del Coordinamento Nazionale per la Salute Mentale che sostiene che «non è con l'introduzione di un bonus che si affronta la pandemia psichica causata dal Covid, ma con misure strutturali che rafforzino la rete dei Servizi Pubblici». Il Coordinamento ha espresso «profonda delusione per la proposta del bonus, che introdurrebbe discutibili modalità di accesso a prestazioni sanitarie essenziali senza alcuna valutazione da parte del SSN».
Dopo pubblicazione del decreto e dell’attivazione delle richieste sul sito dell'Inps sono arrivate oltre 340mila richieste. Di queste, tuttavia, solo 41mila (ossia una persona su dieci) sono state approvate, attraverso un sistema che premiava in base all’Isee e all’ordine di presentazione della domanda. Il 60% delle richieste proviene da persone con meno di 30 anni. Un dato che si può spiegare tenendo conto della precarietà lavorativa che caratterizza questa fascia sociale. Secondo un report del Sole 24 Ore, dopo il lockdown, più della metà degli under-35 ha un reddito mensile medio inferiore a 1000 euro.
Il bonus è stato riproposto e rifinanziato nella nuova legge di bilancio per il 2023 e il 2024, e, secondo Parolin, «nei fatti questo rifinanziamento sembra quasi indicare una via per rendere un po’ più strutturale una misura che sembrava temporanea. Serve però la copertura finanziaria per renderla significativa». Nell’annuncio sui quotidiani è stato presentato come un ulteriore bonus psicologo con uno stanziamento maggiore, ma di fatto non è così: è stato solo aumentato il contributo da poter utilizzare singolarmente, dato che prima una persona poteva arrivare a un massimo 600 euro, mentre ora può arrivare a 1500 euro. Con questo aumento un paziente può sostenere e concludere una terapia di base. La cifra totale stanziata però non è aumentata, anzi, è stata tagliata dell’80% rispetto al finanziamento dello scorso anno. Finanziare fino a 1500 euro di sessioni di terapia con 5 milioni significa aiutare più o meno 3500 beneficiari, quasi 10 volte in meno rispetto al 2022. Per ora, il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi in collaborazione con un network di atenei e il Ministero della Salute ha ideato un progetto di monitoraggio dell'attività del bonus per capire qual è il suo livello di efficacia.
Nel 2024 i finanziamenti aumenteranno rispetto al 2023, arrivando a 8 milioni di euro. Sempre una cifra bassa se paragonata ai 20 milioni del 2022 ma l’idea del finanziamento annuale ha comunque il merito di mantenere alta l'attenzione sui bisogni psicologici dei cittadini da parte delle forze politiche. Potrebbe essere un punto di partenza verso l’obiettivo (auspicabile) di un piano nazionale per il benessere psicologico integrato alla scuola, i servizi sociali e il mondo del lavoro.
Articolo di Sara Innamorati