Via la Tampon Tax: adesso l’UE lo consente

20/05/2022

Dopo tanto tempo si torna a parlare di Tampon Tax, l’imposta sui prodotti igienici femminili. Ad ottobre del 2022, con la nuova legge di bilancio, abbiamo ottenuto un primo importante risultato: viene abbassata dal 22 al 10% l’aliquota gravante sui prodotti assorbenti e i tamponi per l’igiene femminile non compostabili, ricordando che quella per gli assorbenti compostabili era già stata ridotta al 5%. Sarebbe bello poter dire che è abbastanza: ma non è così.

La discriminazione è un morbo silenzioso, che sta davanti ai nostri occhi, il più delle volte senza che nessuno vi presti attenzione: la più grande battaglia per le donne e per le attiviste femministe, non è denunciare quello che agli occhi di tutti crea scandalo e polarizzazione, ma di evidenziare come le cose più banali possono rivelarsi discriminatorie e intrinsecamente escludenti. 

Non inserire i prodotti mestruali tra i prodotti esenti da IVA, è un esempio di come l’attuale sistema non sia in grado di soddisfare le necessità e i bisogni della popolazione femminile. Quello che è importante sottolineare, è che il più delle volte quando si parla di discriminazione di genere, non si tratta di un’esclusione consapevole, ma si tratta di perpetuare una dimensione di mondo che è stata portata avanti per secoli da gruppi di soli uomini.

 

Il caso Gran Bretagna

All’alba del 2021, quando la Gran Bretagna appena uscita dall’Unione Europea aveva soppresso l’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) sugli assorbenti, si è discusso molto della natura discriminatoria della tassa. Infatti la Tampon Tax risulta uno degli ennesimi casi in cui la dimensione maschile è percepita come assoluta. Si tratta di spacciare per neutra una dimensione del mondo, quando in realtà “assoluto” è sinonimo di lettura maschile delle cose: La lettura forse più efficace per comprendere questo concetto è quella di Caroline Criado Perez nel suo libro Invisible Women. 

In Europa, sono 16 i paesi che hanno ridotto la Tampon Tax, ma c’è un problema: anche quando i paesi decidevano di intervenire sulla questione, non hanno mai soppresso l’imposta. II caso inglese è un ottimo esempio del problema: perché la Gran Bretagna ha dovuto aspettare l’uscita dall’Unione Europea? 

Nelle recenti riduzioni dell’imposta sugli assorbenti nei vari stati Europei, non si andava mai oltre il cinque 5%. Già nel 2015, l’allora primo ministro David Cameron, aveva avviato una trattativa con la Commissione per poter sopprimere completamente l’imposta, non trovando però l’appoggio degli altri Stati membri.  

 

Il sistema comunitario: qualcosa è cambiato 

Il punto sta qui: Il sistema comune dell’IVA. Il sistema comune si applica ai beni e ai servizi acquistati e venduti ai fini del consumo nell’Unione europea, con la finalità di arrivare, anche se le aliquote e le esenzioni non sono ancora completamente armonizzate, ad una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza. L’Unione Europea disciplina dei margini minimi e massimi entro cui un singolo Stato può imporre l’IVA sui prodotti. Nella direttiva 112 del 2006 del Consiglio si classificano anche i prodotti a cui può essere applicata l’aliquota ridotta. L’IVA può subire delle riduzioni per i prodotti classificati essenziali, secondo l’articolo 98 della direttiva.Tuttavia, dal 2007,  la riduzione dell’IVA non poteva essere inferiore al 5%, e non vi erano eccezioni, a meno che la questione non fosse discussa caso per caso in seno al Consiglio, con l’approvazione di tutti gli Stati Membri. L’Irlanda, dove l’imposta è allo 0%, costituisce un caso unico, siccome la riduzione è avvenuta prima dell’entrata in vigore della direttiva.

Dal 2007 l ‘Unione Europea non ha previsto eccezioni ma solo una riduzione, e questo è problematico. Analizzando il problema dal punto di vista della filosofia che porta le attiviste a prendere così a cuore il tema della Tampon Tax, quel 5% rappresenta una soluzione che non risolve la visione di principio che sta alla base della critica alla Tampon Tax: tassare gli assorbenti vuol dire tassare le donne. Perché la battaglia sia vinta nei suoi principi portanti si deve premere per la completa soppressione dell’aliquota. 

Nel silenzio dei giornali e dei mezzi di informazione, ci siamo: qualcosa si è mosso e finalmente la palla può passare agli Stati. Il 5 aprile 2022 la direttiva è stata modificata, dando finalmente il margine di manovra agli Stati per poter rimuovere l’IVA sulla Tampon Tax. 

Al nuovo comma due dell’articolo 98 infatti, si specifica che: Gli Stati membri possono applicare, in aggiunta alle due aliquote ridotte di cui al paragrafo 1 del presente articolo, un’aliquota ridotta inferiore al minimo del 5% e un’esenzione con diritto a detrazione dell’IVA pagata nella fase precedente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi contemplate da un massimo di sette punti nell’allegato III. Andando poi a controllare, il punto tre dell’allegato ci si accorge che in esso sono compresi proprio i prodotti di protezione dell’igiene femminile, e i prodotti igienici assorbenti

 

Cosa aspettiamo a rimuovere la Tampon Tax?

Ci siamo, abbiamo il via libera e possiamo finalmente fare qualcosa, e dovremo cominciare a fare qualcosa di più: perchè il 10% non basta. La cosiddetta mestrual inequity è una problematica che deve essere combattuta per ottenere  la completa parità tra i generi: la società odierna non permette alle donne di fare a meno di utilizzare i prodotti mestruali o di ridurne l’utilizzo. Tassare gli assorbenti diventa una implicita tassazione per il fatto stesso di essere donna, aggiungendo anche che prodotti igienici maschili per la cura personale di equivalente importanza sono invece soggetti ad una riduzione dell’aliquota maggiore rispetto agli assorbenti. 

È inoltre importante evidenziare come l’abbattimento della Tampon Tax avrebbe come risvolto concreto quello di agevolare le donne appartenenti alle classi economiche più svantaggiate nell’acquisto dei prodotti mestruali, prodotti che, ricordiamolo, sono di essenziale importanza anche per la salute e l’igiene delle donne.

Il termine period poverty indica l’impossibilità economica di potersi garantire un’igiene adeguata durante tutto il periodo mestruale attraverso appositi dispositivi sanitari (assorbenti, tamponi o coppette) e in luoghi idonei (bagni puliti e attrezzati). Si potrebbe pensare che sia una situazione che riguarda paesi a basso reddito, ma non è affatto così: secondo un’indagine Unicef, per esempio, si stima che in tutto il mondo una scuola su tre non abbia servizi igienici adeguati (il rapporto sale a una su due nei paesi a basso reddito). La period poverty trova le sue radici anche nel costo elevato dei dispositivi sanitari e la tassazione applicata, la Tampon tax. Anche in paesi ad alto reddito come la Gran Bretagna, le fasce più povere della popolazione non hanno i soldi per acquistare gli assorbenti a causa dei prezzi elevati, e ricorrono ad abiti vecchi, stracci o altro, esponendosi così al rischio di contrarre infezioni.

In Italia, le donne rappresentano il 14,3% delle Persone Senza Dimora, secondo l’indagine ISTAT, condotta nel 2011 con un monitoraggio nel 2014, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali. Queste persone sono ovviamente uno dei principali soggetti colpiti dalla period poverty.

In aggiunta a ciò è d’obbligo tenere in considerazione anche le madri single, che hanno già molte spese a cui far fronte, e a cui si aggiunge il costo per il necessario durante il periodo delle mestruazioni. Nel 2016 l’ISTAT ha calcolato che il 63,8% delle madri single lavora, il 24,4% è inattiva, l’11,8% è disoccupata. La condizione economica delle madri single è critica: quelle in povertà assoluta sono l’11,8% del totale; a rischio di povertà o esclusione sociale sono il 42,1% e nel Mezzogiorno arrivano al 58%. 

La situazione italiana è inaccettabile: tassare gli assorbenti, anche se meno di prima, significa non riconoscere il loro ruolo essenziale e implica compromettere qualità della vita di tutte coloro che non hanno una disponibilità economica tale da sostenere una spesa che è mensile e che si protrae nel tempo per oltre trent’anni; tassare gli assorbenti può significare togliere la possibilità a una donna di essere libera di svolgere attività quali lo studio, il lavoro, lo sport ed altre mansioni quotidiane svolte per il bene comune durante un periodo così delicato come quello delle mestruazioni. 

Adesso, grazie ai recenti passi avanti in Europa si potrebbe fare: si potrebbero non tassare i prodotti igienici, ma per ora, nessuna proposta di legge in Italia ha fatto questo passo avanti, proponendo solo riduzioni ulteriori dell’IVA sugli assorbenti. La speranza è che prima o poi qualcosa si muova: che tutte le associazioni riescano a fare luce, a spingere la popolazione e premere sulle istituzioni, perché si faccia un passo avanti verso la parità, adesso ancora più di prima. 

Articolo di Lucia Ori