The Ride ep.1 – Alfredo Cospito

The Ride è l’analisi della trovata settimanale dei partiti, a caccia di consenso o di potere.

20/02/2023

Alfredo Cospito ha assunto per quasi due settimane solo acqua, zucchero e sale. La sua morte sembrava certa, un fatto di pochi giorni. E al governo Meloni tutto sommato andava bene così. Ucciderlo assumendosi la responsabilità piena dell’omicidio non era possibile, forse, ma ignorare le condizioni di Cospito di fatto rendeva l’imposizione del 41-bis una condanna morte, più che una tortura. Dal 30 gennaio, giorno del suo trasferimento nel carcere milanese di Opera, Cospito aveva deciso di dare una svolta decisa davanti a una politica che era riuscita a spettacolarizzare persino una discussione complessa come quella sviluppatasi intorno al 41-bis. Ilaria Cucchi è stata l’ultima esponente politica a vedere l’anarchico, il 3 febbraio, riferendone le volontà davanti alla stampa: «La prima cosa che il detenuto Alfredo Cospito mi ha detto vedendomi è stata che non vuole più incontrare nessun politico», ha dichiarato la sorella di Stefano Cucchi. «Io sarò l’ultima che incontrerà e mi ha incontrato solo ed esclusivamente per la mia storia e per quello che rappresento».

 

Il motivo è ben chiaro: l’ultima volta che Cospito aveva incontrato una delegazione politica era ancora un detenuto del carcere di Sassari. A visitarlo c’erano Debora Serracchiani (capogruppo PD alla Camera), Andrea Orlando (ex ministro della Giustizia), Silvio Lai (ex segretario del PD sardo) e Walter Verini (segretario della commissione Giustizia). Era il 12 gennaio. Tre settimane dopo, davanti alle accuse della destra, il PD dichiara compattamente di non aver mai voluto mai mettere in discussione il 41-bis.

 

Se dal PD è difficile aspettarsi fermezza ideologica, l’intera reputazione di Fratelli d’Italia è costruita sulla “coerenza”. Il caso Cospito è praticamente servito su un piatto d’argento. Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, giovedì 9 febbraio conferma il regime di 41-bis per l’anarchico. In un primo momento non dà motivazioni, salvo poi spiegare una settimana dopo che fuori dal 41-bis Alfredo Cospito sarebbe ancora pericoloso. Non solo perché ha “ridato coesione agli anarchici” con il suo sciopero della fame, ma perché «permane la sua capacità di orientare le iniziative di lotta della galassia anarchica insurrezionalista». Non conta il fatto che il ministro sostenga qualcosa che non ha alcun collegamento con la realtà e che dipingere un anarchico individualista come il Totò Riina degli insurrezionalisti sia anche lievemente ridicolo. Il dispositivo del 41-bis è in mano sua, e poi ha già detto tutto Giorgia Meloni: «Il 2023 sarà governo delle grandi riforme, daremo all’Italia […] una riforma della giustizia che garantisca certezza del diritto e certezza della pena. Che significa che chi è indagato o sotto processo deve avere il massimo delle garanzie, ma significa anche che quando sei condannato con sentenza passata in giudicato la pena te la devi scontare. Vale per tutti. E su questo non si tratta. Io che credo che lo Stato non debba trattare con la mafia, credo anche che lo Stato non debba trattare con chi lo minaccia».

 

Non serve andare molto lontano o scervellarsi su motivazioni squisitamente politiche per sapere perché soffermarsi su questa dicotomia “massimo delle garanzie” – “la pena te la devi scontare”. Posto che il 41-bis non è una pena da scontare, nonostante le apparenze il governo ha dovuto operare una non semplicissima inversione di rotta. Non che nessuno avesse mai dichiarato di voler abolire il 41-bis; il ministro aveva però in programma di intervenire sull’utilizzo troppo diffuso delle intercettazioni e ne aveva parlato proprio nella settimana dell’arresto di Matteo Messina Denaro venendo criticato aspramente. E la conferma del carcere duro per un detenuto anarchico è quanto meno una stonatura.

Ma per il partito che l’ha portato in Parlamento prima e in Consiglio dei ministri poi, i risultati dell’analisi dell’agenzia di sondaggi Euromedia Research di inizio febbraio parlano chiaro: il 41% degli intervistati (e il 52% degli elettori di Fratelli d’Italia) vorrebbe mantenere il carcere duro così com’è. Oltre il 26% vorrebbe inasprirlo ed estenderlo ad altri reati. Come potrebbe questo governo contraddire la volontà degli italiani?

 

Domenica 12 febbraio la procura generale della Corte di Cassazione (ovvero l’accusa) deposita una requisitoria in cui chiede la revoca del 41-bis, dispositivo “superato dagli eventi”. Sono le stesse persone che chiedono di condannare Cospito all’ergastolo ostativo per strage politica nel contesto dell’attentato del giugno 2006 a Fossano (due bombe esplose di notte davanti a una scuola allievi dei carabinieri, senza causare morti né feriti). Per l’anarchico è una doppia vittoria: ancora una volta, si dimostra che la durezza della pena e il 41-bis non coincidono, ma soprattutto c’è uno spiraglio per la revoca effettiva del carcere duro. Dopo la requisitoria Cospito ha ripreso ad assumere integratori per tentare di arrivare lucido all’udienza, prevista per il 24 febbraio.

 

La decisione di mettere Cospito al 41-bis non è del governo Meloni. Ma lo sciopero della fame comincia il 20 ottobre, una settimana prima dell’insediamento del governo. Già allora il nome favorito per il ministero di via Arenula era il “liberale” Nordio, candidato con Fratelli d’Italia, fama da fermo garantista. Il ministro con le sue uscite poco popolari ha messo più volte in difficoltà il governo, dal decreto rave (su cui è stato il primo a promettere modifiche al primo, allucinante testo presentato dal suo collega degli Interni, Matteo Piantedosi) alle già citate intercettazioni. Dal canto suo, la presidente del Consiglio ha fatto una gran confusione nel parlare di 41-bis ed ergastolo ostativo, intestandosi “il mantenimento del carcere duro”. Un po’ come se il governo Draghi si fosse intestato il “mantenimento” del reddito di cittadinanza per il semplice fatto di non averlo abolito. Il governo Meloni, invece, aveva modificato i termini dell’ergastolo ostativo, rendendo più morbide le condizioni per alleggerire la pena.

 

Ma il governo torna alla linea dura, sporcandosi le mani in Parlamento con il numero due del partito, Giovanni Donzelli, intento a rivelare documenti riservati sulle conversazioni di Cospito con altri detenuti al 41-bis (ovvero gli unici con cui può interloquire) ed equiparare mafia e anarchia. Donzelli ottiene questi documenti dal suo coinquilino, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, che ora è indagato per rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio. Lui sostiene che il documento non fosse secretato, e Nordio lo difende. L’eventuale reato è però irrilevante: l’idea stessa di rivelare in Parlamento le conversazioni di un detenuto che è al 41-bis perché non lo si vuole far comunicare con l’esterno è grottesca. E dimostra che l’unica cosa che Fratelli d’Italia cerca è un altro palcoscenico dove dimostrare al proprio elettorato che sono i più cattivi di tutti con l’anarchico.

 

Fratelli d’Italia vuole essere considerato un partito “conservatore”, non post-fascista. Voleva definirsi come faro per una destra “riformista”. Conservatori e Riformisti, come il partito europeo di cui Meloni è presidente e che punta a fare il pieno di voti alle europee del 2024. Una visione meno forcaiola della giustizia aiutava questo processo di “normalizzazione”. Ma i voti non si accaparrano da soli. E il consenso attorno al carcere durissimo del 41-bis e l’odio contro l’anarchico, il bersaglio perfetto, sono un’occasione troppo ghiotta per non coglierla. Anche a costo di fare parecchi passi indietro.

Articolo di Pietro Forti