Tre spazi abbandonati della vita culturale di Milano

La città del Design e della Moda nasconde un patrimonio di aree il cui abbandono ha influenzato la vita di quartiere, ne raccontiamo tre

29/04/2020

Tre spazi abbandonati della vita culturale di Milano.

Coloro che hanno un occhio attento ed indagatore non si saranno lasciati scappare gli spazi dismessi molecolarmente diffusi all’interno di Milano: spazi lasciati indietro dai progetti di riqualificazione degli ultimi anni e che forse saranno in futuro oggetto di attenzione da parte dell’amministrazione dell’assessore all’Urbanistica Maran. Abbiamo deciso di raccontare tre luoghi abbandonati della vita culturale di Milano, poco conosciuti, che hanno avuto una funzione di servizio alla collettività e centralità di quartiere per la promozione della cultura della città meneghina. Tre mostri che ormai come “gusci vuoti” aspettano di essere resuscitati da nuove attività.

 

La scuola di via Zama

Posizione dell’area: Via Zama

Superficie totale: circa 5000mq

Prioprietà: Comune di Milano

Anno di abbandono definitivo: 1980

Costruito negli anni ‘60 per servire le famiglie del nuovo progetto di edilizia popolare del quartiere Taliedo,  oltre ai binari della stazione di Rogoredo di Milano est sorge il complesso scolastico di via Zama. La struttura ha vita breve e viene abbandonata negli anni ‘80 in seguito a una diminuzione del numero di bambini residenti nella zona, diminuzione dovuta per la maggior parte alla chiusura di una decina di fabbriche e uffici presenti in zona. La scuola versa in uno stato di completo disinteresse da parte del comune, proprietario dell’immobile fino al 2004. In seguito l’amministrazione Albertini aveva previsto che la scuola venisse rinconvertita per ospitare detenute madri, nonostante una serie di richieste da parte dei nuovi residenti della zona affinché la struttura venisse riaperta nuovamente come scuola. Tuttavia il piano originale dell’amministrazione non venne mai iniziato; già nel 2005 il progetto era stato modificato in quello che era stato definito “il piano freddo” ovvero l’utilizzo della struttura come dormitorio notturno per i senza tetto, successivamente modificato in un progetto per ospitare i rifugiati politici. Pochi mesi più tardi anche questo progetto di riqualificazione venne abbandonato quando venne dichiarato che il palazzo non era a norma delle strutture antisismiche, e nel 2010 ne era stato approvato l’abbattimento, il cui costo previsto era di 550.000 euro. La mancata demolizione ha reso la struttura  tristemente famosa come fortino di spacciatori e si trova al centro di uno scandalo di racket di alloggi. Le vecchie classi scolastiche sono chiuse con lucchetti e affittate come appartamenti: immagini degli ultimi anni mostrano ruspe cariche di materassi nel cortile della scuola, confermando l’utilizzo della struttura come albergo del degrado.

Nel gennaio del 2020 il comune di Milano ha annunciato che era stato raggiunto un accordo con il gruppo BNP Paribas per il passaggio completo dell’immobile, accordo a cui mancava soltanto la formalizzazione.

Sebbene tutti i progetti di riqualifica precedenti previsti per la scuola sono falliti, il passaggio di proprietà al gruppo BNP Paribas potrebbe stimolare la riqualifica di tutta la zona di Taliedo, zona che da anni vive in uno stato di completo abbandono da parte delle istituzioni locali.

 

Ex Cinema Maestoso in Porta Romana

Posizione dell’area: Corso Lodi 39

Superficie totale: più di 2.000 mq

Proprietà: Italcine S.r.l

Anno di abbandono definitivo: 2007

Lo storia di una delle migliori sale cinematografiche milanesi comincia nel 1912 quando, in Porta Romana, apre il Cinema Roma. Circa dieci anni dopo il civico muta in Piazzale Lodi n.1 e il cinema diventa noto in tutta la città come “il più bel ritrovo di Porta Romana”. Nel 1939 viene rimodernato per diventare un vasto cineteatro con 1800 posti a sedere e viene rinominato Cinema Italia, ereditando il nome dal dismesso cinema in piazza Missori. Il nuovo civico è Corso Lodi 39 che durante il periodo fascista è chiamato Corso XXVIII Ottobre. L’edificio, una scatola di 12 metri con tetto a botte, con il suo caffè, pasticceria e bottiglieria si conferma negli anni un luogo di aggregazione all’interno del quartiere. Nel 1975, il Cinema Italia viene ristrutturato (diminuiscono i posti da 1800 a 1346 e si dota di un grande schermo) trasformandosi in Cinema Maestoso. Il Maestoso rimane attivo fino al 2007 quando, a fronte della lunga crisi delle sale cinematografiche, chiude i battenti. Adiacente al palazzo corre il canale sotterraneo Redefossi (originato dal Seveso) e dato che per legge bisogna mantenere una fascia di rispetto di 10 metri, il Comune ferma i progetti di realizzazione di appartamenti sul sito. Dal quartiere si levano le voci degli abitanti che chiedono di mantenere nel palazzo una funzione culturale e collettiva data  la sua storia e la necessità per la zona di luoghi di ritrovo e cultura. Come risposta a tali bisogni, nel 2013, il collettivo antagonista Ri Make occupa lo stabile con un flash mob, musica e balli. Il progetto del collettivo è quello di creare un’officina delle arti: l’obiettivo è ospitare nella sala dismessa proiezioni gratuite di film, un’aula studio notturna e domenicale, un laboratorio di cinema, danza e teatro, una ciclofficina autogestita e spazi per i bambini. L’iniziativa ha vita breve perché un mese dopo la Polizia sgombera lo stabile e durante una carica di alleggerimento al presidio, organizzato da alcuni ragazzi in Piazzale Lodi, una ragazza viene ferita alla testa da uno scudo. Dopo due anni dalla vicenda, nel 2015, l’edificio viene restaurato per motivi di sicurezza e ogni idea di riqualificazione lasciata in sospeso. Quello che per il comune doveva essere un recupero conservativo con aggiunta di negozi e servizi per il terziario è una previsione ormai lontana data la scadenza nel 2018 dei permessi per la riqualificazione. Intanto c’è chi, come il designer Alberto Mei Rossi, vorrebbe farne un museo d’arte moderna o un museo del cinema.

 

Residenza universitaria in Via Malipiero

Posizione dell’area: Via Malipiero, Milano

Superficie totale: più di 3500 mq

Proprietà: Malipiero Srl

Anno di abbandono definitivo: 2010

In una città come Milano, in cui i costosi affitti limitano quello che è il diritto di tutti allo studio, una soluzione parziale sono gli studentati.

Nei primi anni duemila vennero progettati diverse strutture per cinque mila alloggi per studenti, un tipo di edilizia convenzionata dall’Aler e cofinanziata dalla Regione Lombardia, ma di questi solo 800 posti vennero effettivamente realizzati.

Una delle tante e deludenti iniziative di interesse pubblico, gestita con i fondi della Regione Lombardia, nasce nel Municipio 4 di Milano, in zona Taliedo, in una via parallela alla trafficata Via Mecenate.

La società Malipiero Srl nel 2007 acquista una parte del territorio, pari a 3.500mq  tra le vie Maderna e Malipiero dalla Globus Srl e lo stesso anno la Direzione Centrale Sviluppo del territorio del comune di Milano approva il titolo edilizio con destinazione d’uso a residenza universitaria e funzioni di servizio per 20 anni a partire dalla data di ultimazione dell’intervento edilizio. La residenza, strutturata da 62 alloggi per un totale di 110 posti letto, doveva essere dotata anche di 65 posti auto interrati che dovevano essere venduti ai residenti nel territorio. Questa operazione parte da un Bando della Regione Lombardia che contribuisce, insieme all’Aler (Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale) con un contributo pubblico di 1.140.000 euro.

I lavori iniziano nel 2007 e si arrestano nel 2010 lasciando uno scheletro di cemento di un piano interrato e di un primo piano incompleto. Il blocco del cantiere è generato dalla crisi finanziaria che colpì la Malipiero Srl, coinvolta in una inchiesta della Magistratura per le condotte penalmente rilevanti di alcuni soci. La Magistratura decretò il fallimento dell’azienda e la confisca di una parte dei beni affidati all’Autorità di Gestioni dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata. L’arresto dei lavori genera una situazione di degrado insostenibile per i residenti, in parte anche per un cumulo di terra depositato sulle aree dismesse che hanno favorito il fenomeno di scarica abusiva. Ormai il fogliame e la spazzatura ricoprono quasi del tutto la struttura e i residenti sono scoraggiati per via del continuo abbandono dell’ecomostro.

Lo studentato, ormai finito sotto sequestro, era di Stefano Raccagni, un imprenditore bresciano definito come prestanome della Malipiero Srl e fuggito in Thailandia nel 2009; nel 2013 viene arrestato con diverse accuse, tra cui quella di essere a capo di un’organizzazione che facilitò l’immigrazione clandestina. Nel 2011, il tribunale di Milano confiscò a Raccagni 50 milioni di euro tra un centinaio di terreni e unità immobiliari in Lombardia e in Emilia Romagna.

È stato nominato recentemente un Curatore Fallimentare che ha considerato ormai il vincolo di destinazione d’uso a residenza universitaria da ritenersi superato, data la mancata ultimazione dell’immobile.

Si pensa ad un nuovo bando, una volta venduto il perimetro con un’asta, ma cambierà definitivamente la destinazione d’uso dell’edificio che soffre di una situazione di totale abbandono da quasi quindici anni.

Le residenze universitarie a Milano vantano di una sconfortante storia, infatti il caso di Via Malipiero non è isolato, ma solamente uno dei tanti immobili realizzati per gli universitari rimasti incompiuti o abbandonati.

L’estrema superficialità o potremmo dire la negligenza nella gestione dei fondi pubblici e nell’affidamento di lavori pubblici a imprese sedicenti hanno caratterizzato la pessima gestione di molte infrastrutture milanesi, tra cui lo studentato in Via Malipiero.

 

Articolo di Redazione Milano